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Personale sanitario Ssn, i numeri aggiornati della Ragioneria dello Stato

Dal 2012 al 2019 il Servizio sanitario ha perso addetti. Dal 2019 ad oggi ha iniziato a riprenderne, ma molti professionisti sanitari assunti sono precari.

Personale sanitario Ssn, i numeri aggiornati della Ragioneria dello Stato

Lo dice il documento della Ragioneria generale dello Stato sullo status degli addetti del Servizio sanitario nazionale. Tra il 2012 e il 2018 siamo crollati da 673.416 dipendenti a 648.502

Dal 2012 al 2019 il Servizio sanitario ha perso addetti. Dal 2019 ad oggi ha iniziato a riprenderne, ma molti professionisti sanitari assunti – in primis infermieri e medici – sono precari. Lo dice il documento della Ragioneria generale dello Stato sullo status degli addetti del Servizio sanitario nazionale. Tra il 2012 e il 2018 siamo crollati da 673.416 dipendenti a 648.502 con una perdita di quasi 25 mila unità, nel 2019 siamo stati stabili con una breve inversione di tendenza. Poi nel 2020 ecco 15 mila addetti in più, causa Covid-19, e nel 2021 altri 6 mila in più. Grazie all’allentamento dei vincoli di spesa sul personale, si è tornati ad assumere ed ora siamo vicini ai 673 mila addetti del 2012. Ma attenzione: nella macrocategoria “medici” (medici, odontoiatri e veterinari), che dal 2020 confluiscono nella più ampia categoria dei “dirigenti sanitari”, si registra una diminuzione di 1.317 unità con una riduzione dell’1,15%: le unità passano dalle 114.640 del 2012 alle 113.323 del 2021. Nel comparto (“personale non dirigente”) il personale è tornato quello ante-2012, diminuendo in 9 anni di 262 unità (0,05%) da 537.712 del 2012 a 537.450 del 2021. Infine, tra i dirigenti non medici (biologi, chimici, farmacisti fisici e psicologi e dirigenti delle professioni sanitarie) e tra i direttori generali e personale contrattista si registrano decrementi maggiori e rispettivamente del 28,61% e del 66,48%, in pratica si è snellita la macchina amministrativa, specie negli ultimi anni. I tagli dal 2012 hanno colpito di più in regioni del Sud come Calabria, Basilicata, Molise; l’Emilia-Romagna ha conseguito un aumento, stabili in calo tendenziale Lombardia e Lazio.

«La riduzione di personale –spiega la Ragioneria dello Stato – è particolarmente significativa soprattutto nelle regioni che attuano percorsi di risanamento della spesa sanitaria. Pertanto, il dato medio complessivo di riduzione del personale dell’intero comparto sconta al suo interno una significativa varianza tra le regioni soggette a piani di rientro e regioni, invece, in equilibrio finanziario. Se andiamo a vedere i valori di partenza, quanto a dipendenti ogni 10 mila abitanti, nel 2021 a registrare i valori più alti sono Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Bolzano e Friuli-Venezia Giulia. La Campania registra il valore più basso.

Sul calo complessivo di 25 mila unità fino al 2018 hanno chiaramente pesato le misure di contenimento della spesa. La Ragioneria ricorda che gli enti del SSN, a differenza di altri settori del pubblico impiego, non sono sottoposti ad un limite assunzionale da turn over ma ad un vincolo di spesa (tetto pari alla spesa 2004 diminuita dell’1,4% ex legge 296/2006); e dal 2011 le regioni che non raggiungono gli obiettivi di spesa possono evitare il commissariamento solo attestando percorsi di graduale riduzione della spesa del personale, ovvero di aumenti prestazionali (livelli essenziali di assistenza) a sostanziale parità di addetti; dal 2019 poi il tetto si è lievemente rialzato, ma solo per alcune regioni, restando vincolato alla spesa per il personale 2018 aumentabile di una fetta pari al 10% dell’assegnazione alla regione del Fondo sanitario annuale. Dal 2022 le cose sono cambiate ancora, e gli aumenti di spesa sono subordinati all’adozione di una metodologia per determinare il fabbisogno di personale degli enti del SSN.

Il calcolo della Ragioneria fa quindi un confronto tra ingressi ed esodi di personale anno per anno, suddivisi per macrocategoria. Ebbene: fino al 2018 ci sono stati più cessati che assunti, e siccome a raggiungere l’età pensionistica erano meno medici di adesso, fanno riflettere le percentuali del 2012 (74 assunti ogni 100 cessati), del 2015 (76/100); nel 2016-17 il rapporto è stato di sostanziale rispetto del turn-over (magari con qualche precario in più del dovuto, siamo a 97-98 assunti ogni 100 cessati), per arrivare ai 122 assunti su 100 cessati del 2020 ed ai 111 del 2021. Ma attenzione, con le regole vigenti a tutto il 2021, regioni ed enti SSN per avere nuovi addetti dove ne servivano tanti hanno di fatto dovuto affidarsi a forme d’ingaggio diverse dai contratti, ad esempio ad acquisti di servizi dalle cooperative (alla voce “beni e servizi”) che vuol dire lavoro professionale precario. Infine, la Ragioneria introduce come variabile l’andamento delle retribuzioni falcidiato tra 2010 e 2015 dal blocco della contrattazione collettiva che ha lasciato invariati gli stipendi: le variazioni nella retribuzione media dopo il 2012 si devono dunque alla diversa composizione del personale a seguito delle cessazioni dal servizio, solo in parte ricoperte da nuove assunzioni. Nel 2019 spicca l’aumento della retribuzione media per dirigenti medici e non medici (farmacisti, biologi, chimici ma anche avvocati ed amministrativi) dovuto al rinnovo contrattuale triennio 2016-18; dal 1° gennaio 2019 tuttavia in quella cifra rientra anche l’indennità di esclusività. 

Fonte: Sanità 33

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