Da Auschwitz a Milano: la Giornata della Memoria più difficile. Si temono strumentalizzazioni
Anche la comunità ebraica italiana s'interroga su come ricordare l'Olocausto. Pesano i bombardamenti a Gaza e le guerre in corso.
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La Giornata della Memoria del 2025 sarà una delle più importanti degli ultimi anni, ma anche una delle più difficili da affrontare, specialmente per il popolo ebraico. Importante perché il 27 gennaio prossimo sarà l’anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz numero 80, probabilmente l’ultimo a cifra tonda con la partecipazione dei sopravvissuti. Difficile perché il contesto in cui viviamo, segnato dall’indignazione per le decine di migliaia di morti a Gaza per mano dell’esercito israeliano e dal conseguente e crescente clima di discriminazione e antisemitismo, spinge a interrogarsi su come commemorare la Shoah riconoscendone la specificità senza sminuire tutte le altre sofferenze e tragedie del nostro tempo, questione palestinese compresa.
Le criticità del presente hanno spinto la stessa Ucei (Unione delle comunità ebraiche in Italia) a domandarsi se fosse opportuno continuare a prendere parte alle commemorazioni pubbliche, rischiando così trovarsi a condividere lo spazio con altri soggetti che potrebbero cercare di strumentalizzarlo, o se non fosse meglio lasciare il campo e limitarsi a una commemorazione più intima nei giorni che ricordano le violenze contro ciascuna comunità e nel Yom HaShoah, il “Giorno di ricordo dell’Olocausto” che si celebra in Israele il ventisettesimo giorno del mese di Nisan (nel 2025 cadrà il 24 aprile). Un dibattito interno che è sintomo delle difficoltà che sta vivendo la comunità ebraica in Italia e la cui posizione finale “è che bisogna esserci”, come ha sottolineato in un incontro con la stampa la presidente dell’Ucei Noemi Di Segni. “La sfida è capire il come”.
La prossima, infatti, sarà già la seconda Giornata della Memoria dal 7 ottobre 2023, ma l’esaurimento dell’onda lunga della solidarietà rispetto all’attentato subito e l’imponenza della distruzione perpetrata dall’Idf a Gaza rendono più delicata la scelta delle parole e il posizionamento nello spazio pubblico del ricordo di quello che è avvenuto durante la Seconda guerra mondiale. “Dobbiamo spiegare l’unicità della Shoah, è fondamentale che questo messaggio sia sottolineato”, ha aggiunto Di Segni. “Non è per sottovalutare i massacri e gli stermini di altri popoli”, anzi “per rispetto tragedie degli altri bisogna dedicare loro altri spazi e non mischiare le cose”.
La facilità con cui, in relativamente poco tempo dal 7 ottobre, la coscienza di ciò che è stato lo sterminio degli ebrei impone, secondo il rav Roberto Della Rocca, già direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Ucei, un cambio di approccio. “La pure e semplice commozione non ha saputo sensibilizzare l’altro, non abbiamo saputo mettere la Shoah in un contesto presente”. Il risultato è o “un gelatinoso conformismo”, un’“omologazione banalizzante delle memorie” per cui si finisce per essere tutti vittime, “il che significa che nessuno è vittima”. Oppure è la strumentalizzazione della memoria per colpire Israele accusandolo a sua volta di genocidio. “Ci troviamo in una situazione imbarazzantissima. Non possiamo condividere il ricordo della Shoah con chi non condanna attacchi a popolo ebraico”, ha concluso Della Rocca.
A testimonianza delle difficoltà che ruotano oggi attorno alla Giornata della Memoria, il direttore del Museo di Auschwitz ha annunciato che nel corso della commemorazione ufficiale non ci saranno interventi di politici. Ufficialmente, la decisione è dovuta alla volontà di dare spazio alla memoria dei sopravvissuti, per questioni anagrafiche sempre meno (in Italia sono solo cinque). Tuttavia, è facile pensare che abbia avuto un peso non indifferente la volontà di non prestare il fianco a strumentalizzazioni di sorta, in un senso e nell’altro, e alle conseguenti critiche che ci sono state, pur per altri motivi, già in passato.
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