I LIBERI PROFESSIONISTI MOTORI DEL LAVORO
Aumentano gli studi strutturati. Il presidente Natali: «Donne in marcata crescita».

Negli ultimi quindici anni, il settore delle libere professioni in Italia ha conosciuto una fase di crescita, interrotta soltanto dall’emergenza sanitaria del 2020. Nonostante l’impatto della pandemia, il bilancio tra il 2009 e il 2024 resta positivo: si contano circa 230mila professionisti in più, pari a una crescita del 20%. Un’espansione dovuta principalmente alla componente femminile, cresciuta del 58,4% con circa 188mila nuove professioniste, a fronte di un incremento più modesto tra gli uomini (+5%).
Tuttavia, il periodo tra il 2019 e il 2024 ha registrato una battuta d’arresto: il numero complessivo dei professionisti è diminuito del 3,4%, passando da 1,427 a 1,378 milioni. A subire maggior mente questa flessione è stata la componente maschile, con una contrazione in tutte le macro-aree, ad eccezione del Sud.
Le donne hanno invece registrato un lieve incremento complessivo (+0,4%), grazie soprattutto alla crescita nel Mezzogiorno (+11,4%). Lo rileva l’ultimo report dell’Osservatorio delle Libere Professioni realizzato dalle ricercatrici Ludovica Zichichi e Alessia Negrini.
Nel 2024, le professioniste attive nel settore raggiungono quota 510mila, superando i livelli pre-pandemia. Tuttavia, continuano a rappresentare una minoranza, pari al 37% del totale.
L’incidenza femminile varia a seconda dell’area geografica: il Nord Ovest si attesta al 40,2%, mentre il Mezzogiorno resta il fanalino di coda con una quota del 33,0%.
Un fenomeno emergente riguarda la crescente strutturazione degli studi.
La percentuale di liberi professionisti con dipendenti è salita al 17,6% nel 2024, rispetto al 14,2% del 2019. L’aumento coinvolge sia la componente maschile (dal 17,0% al 19,7%) sia quella femminile (dall’11,3% al 13,9%).
In particolare, il Centro e il Mezzogiorno mostrano le dinamiche più viva ci. Il Sud – che nel 2019 registra-
va la percentuale più bassa di datori di lavoro – oggi si colloca al primo posto.
Questa trasformazione può essere attribuita a due fattori: da un lato, alcuni professionisti hanno avviato assunzioni, passando da autonomi senza dipendenti a titolari di studi con personale; dall’altro, nei momenti di crisi, chi dispone di strutture consolidate si dimostra più resiliente.
Anche le donne partecipano a questo cambiamento, soprattutto nel Centro Italia.
Tuttavia, l’incremento delle donne tra i professionisti con dipendenti non deve trarre in inganno: persistono forti disuguaglianze.
Le donne restano sottorappresentate tra i professionisti e ancor più tra i datori di lavoro.
Inoltre, le differenze retributive e le disparità territoriali continuano a limitare un’effettiva parità di opportunità. «Il dinamismo delle professioniste italiane rappresenta un segnale incoraggiante per il futuro della categoria», ha dichiarato Marco Natali, presidente nazionale di Confprofessioni. «Ma non possiamo ignorare che le differenze di accesso, retribuzione e visibilità tra uomini e donne restano ancora molto profonde».
Secondo Natali, è essenziale introdurre politiche nazionali che promuovano l’empowerment femminile. «Servono incentivi specifici per rafforzare le capacità organizzative degli studi professionali guidati da donne e per sostenere l’innovazione in tutto il comparto», ha affermato. «È positivo osservare una maggiore diffusione della cultura d’impresa tra i professionisti, soprattutto nel Mezzogiorno.
Tuttavia – ha aggiunto il presidente di Confprofessioni -, occorre consolidare queste tendenze con strumenti di supporto adeguati e strutturati, che tengano conto delle peculiarità territoriali e settoriali”.
«Le libere professioni – ha concluso Natali – possono essere un motore fondamentale per uno sviluppo equo e sostenibile, ma è necessario puntare con decisione su innovazione, competenze e parità di genere se vogliamo garantire una crescita equilibrata in tutto il Paese».
Da Il Giornale
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