Conte e Grillo se le danno.
La Costituente slitta a novembre.
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Nell’ora della guerra, provano a spiccare il volo le colombe Cinque Stelle. “Fate la pace”, è il messaggio che alcuni parlamentari recapitano sottovoce a Giuseppe Conte e Beppe Grillo, che invece sono tutti presi da uno scambio di missive dai toni ultimativi. Ma nonostante il rotear di penne, l’Assemblea costituente prevista ad ottobre – a quanto apprende l’Huffpost – slitterà almeno alla prima settimana di novembre. Si apre lo spazio di una tregua?
“Presto per dirlo, ma prima o poi i due si dovranno parlare”, spiegano i volenterosi del Movimento, quelli che non si capacitano della piega che hanno preso le cose. E cioè una faida di messaggi da fare concorrenza al carteggio tra Ivan il terribile e il principe Andrej Kurbskij. Si scrivono Conte e Grillo, ma soprattutto ci tengono a far sapere le cose “indicibili” che si mandano a dire. Da ultimo è il garante a lamentare “i toni ricattatori” di una lettera inviatagli nei giorni scorsi da Conte. “Ora pubblicala se hai il coraggio”, gli intima Grillo via agenzie. Conte non lo fa, ma ci pensa il comitato di garanzia a renderla nota. Il presidente del M5s minaccia Grillo di revocargli il contratto di consulenza da 300mila euro e la dispensa sulle spese legali. Replica alla diffida che Grillo gli ha inviato il 5 settembre, quella in cui il garante si appellava all’articolo 12, lettera a, punto 2 dello Statuto, sulla “insindacabilità del suo potere di interpretazione delle norme”. Non toccate nome, simbolo e regola dei due mandati o vi porto in tribunale, scriveva Grillo. “Caro Beppe – gli risponde Conte – devo purtroppo rilevare che la tua nota del giorno 5 u.s. presenta gravi inesattezze ed evidenti distorsioni sul ruolo e sui poteri del Garante”. E per fargli capire di essere determinato, lo tocca su quello che il comico genovese ha particolarmente a cuore: le palanche, i soldi. In contiano stretto: “Nessuna preclusione può essere imposta al potere deliberativo dell’assemblea. Queste esternazioni sono del tutto incompatibili con gli obblighi da te specificamente assunti nei confronti del Movimento con riferimento sia alla malleveria sia ai contratti di pubblicità e comunicazione: ciò mi obbliga a valutare possibili iniziative dirette a sospendere l’esecuzione delle prestazioni a carico del Movimento derivanti dalla malleveria, e il recesso dai contratti di pubblicità e comunicazione”.
In realtà la contesa a colpi di posta elettronica e commenti anonimi va avanti da un po’. Fin da quando – a fine luglio – Grillo propose a Conte di concordare insieme l’andamento dell’assemblea costituente che dovrebbe rifondare il Movimento. “Ma come, tu sei il fautore della democrazia diretta e mi proponi un accordo a tu per tu nel chiuso di una stanza?”, gli mandò a dire Conte, pubblicando la missiva. Al di là delle lettere, il nodo, chiaro a tutti, è chi comanda nel Movimento. “Io non posso accettare di stare in una monarchia”, dice Conte. “Non puoi tradire i valori fondativi”, gli replica il garante. Il primo propone di dare voce agli iscritti, di fare del M5s un soggetto dove davvero decide la base e gli eletti definiscono la linea politica, l’altro pretende la golden share, e si sente tagliato fuori se non viene interpellato sulle alleanze e sull’agenda.
Più dei contenuti delle missive, sono i toni a dire che l’esito questa volta potrebbe anche sfociare in una scissione. A differenza che in passato, sono saltati i canali di comunicazione. E i due si scrivono in “legalese”. Comprensibile per Conte, che è avvocato. Singolare per Grillo, abituato nelle sue esternazioni a un lessico ben più colorito, ma evidentemente non adatto a un’aula di tribunale. Grillo, per dire, contesta la formazione della platea congressuale, chiede di conoscere l’anagrafe degli iscritti M5s, pretende una risposta “con cortese sollecitudine” e mette in copia il Comitato di garanzia “con cui condivido la responsabilità di verificare la correttezza di quanto sopra”. Insomma, a dar fede alle lettere i Movimenti sono già due e sono già in tribunale a contendersi l’eredità.
Sul piano politico le distanze non sembrano così incolmabili. Ne sono convinti in molti nei gruppi parlamentari. Conte ancora oggi, in un’intervista alla Stampa, attacca Draghi e il suo piano di rilancio dell’economia europea. Ma il M5s faceva parte della maggioranza dell’ex presidente Bce. E anche se c’era entrato sospinto da Grillo – “Draghi è un grillino”, ebbe a dire – non era uscito da quel governo neanche quando il premier aveva definito il superbonus la più grande truffa ai danni dello Stato della storia repubblicana.
Grillo dal canto suo contesta a Conte la “foto della birra”, in cui l’avvocato del popolo brinda con Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Riccardo Magi. “Sulle alleanze deve decidere la costituente”, dice Grillo. Ma lui per primo sa che il Pd di Schlein non è il Pd-menoelle del passato. E difficilmente riuscirebbe a convincere il M5s di oggi ad essere equidistante tra Schlein e Giorgia Meloni, tra Fratoianni e Salvini.
Queste considerazioni muovono una parte della truppa M5s, quella che vuole provare un’ultima mediazione. “Prima di rassegnarci alla scissione e alle carte bollate, dobbiamo fare un tentativo per farli ragionare”, spiegano. Lo scenario da incubo che vedono davanti a sé è quello di Grillo che tratta il M5s di Conte coma la Parmalat di Callisto Tanzi o la Tim di Tronchetti Provera, con il fondatore che fa un intervento in assemblea costituente, come allora faceva nell’assemblea dei soci delle due aziende, e demolisce la sua creatura.
È prevedibile che la scissione nuoccia a entrambi. Forse per questo si sta ragionando su uno slittamento dell’assemblea inizialmente prevista per il 19 e 20 ottobre. La data del congresso rifondativo sarà posticipata almeno alla prima settimana di novembre. Dal quartier generale M5s negano che questo sia dovuto a ragioni politiche. Avventura urbana, la società che gestisce la raccolta delle proposte e la modalità con cui saranno discusse, ha chiesto più tempo per organizzare la pubblicità dei lavori e il dibattito. “Sono arrivati oltre 22mila contributi, è una notizia positiva”, si limitano a dire.
I tempi supplementari potranno servire a una ricomposizione della frattura. I gruppi parlamentari sono in gran parte con il presidente M5s. E al di là delle motivazioni politiche, pur importanti, la ragione è intuibile. I deputati al primo mandato li ha scelti Conte, e sanno che con Grillo non verrebbero riconfermati. Quelli al secondo mandato, sperano che Conte gli conceda il terzo, mentre sanno che Grillo non lo farà. Ma anche se in Parlamento il fondatore non ha un corrente riconducibile a lui, la prospettiva di un altro Movimento Cinque stelle, guidato da Grillo e con Di Battista e Raggi, a competere con quello contiano, alimenta paure anche nelle file dei contiani di stretto rito.
Per questo si affaccia l’ipotesi di una mediazione con Grillo. Ai tempi della prima lite, nel 2021, si assunsero l’onere Luigi Di Maio e Roberto Fico. Ora l’ex presidente della Camera potrebbe essere reinvestito del ruolo di pontiere, anche se Conte vedrebbe in lui il futuro garante, nell’era post-Grillo.
La missione impossibile di ricondurre i due contendenti a più miti propositi farebbe il bene della coalizione, oltre che del partito. Nel Pd osservano con qualche apprensione la deriva che muove verso la scissione e la competizione nel campo grillino. E anche se qualcuno ipotizza che un nuovo M5s targato Conte Di Battista toglierebbe voti anche al centrodestra, è più facile che entrambi gli spezzoni del movimento radicalizzino le proprie posizioni – sulla guerra e sulle alleanze in primis – rendendo ancora più difficoltosa la creazione di un’alternativa di centrosinistra.
Di Alfonso Raimo per Huffpost
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