"C'è un gruppo di toghe brune che guidano il governo allo scontro con il Parlamento"
Intervista al leader di Italia Viva: "Fanno capo a Mantovano e vogliono la rivincita sulle toghe rosse. Il caso Almasri? Chi è il vero ministro: Nordio, Bartolozzi o il sottosegretario di Palazzo Chigi? In ogni caso il ministro e il suo braccio destro dovrebbero dimettersi"
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Matteo Renzi, leader di Italia Viva ed ex premier, da mesi pungola quasi quotidianamente il governo sul caso del generale libico Osama Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale, arrestato in Italia e rimandato in Libia. In questa intervista spiega perché ritiene che in questa vicenda il governo abbia fatto una quantità notevole di errori. Di cui dovrebbe rendere conto.
Senatore, ora che sono emerse ulteriori novità sul caso Almasri, cosa dovrebbe fare il governo?
Chiedere scusa. E far dimettere o Nordio o la sua capo di gabinetto Bartolozzi. Nel dubbio meglio tutti e due, insieme.
I ministri dicono di aver agito “ai fini dell’interesse pubblico”. Da ex premier ci può dare una risposta con piena cognizione di causa: rimandare a casa un ricercato dalla Coi, proveniente da un Paese con cui, però, l’Italia deve avere necessariamente dei rapporti, può rispondere all’interesse pubblico?
L’interesse pubblico può coprire tutto. A condizione che venga spiegato all’opinione pubblica. Un interesse pubblico non può per definizione essere nascosto al Parlamento e all’opinione pubblica. Invece questi dicono tutto e il contrario di tutto, contraddicendosi sulle date e sulle spiegazioni. Salvo poi scoprire che erano ben coscienti del caos al punto che la capo di gabinetto chiede di non lasciare documenti scritti ma di comunicare solo via Signal.
Come avrebbe agito lei, se fosse stato al posto di Meloni?
Avrei lasciato il criminale libico nelle italiche carceri, così da dimostrare che lo slogan: combattiamo la mafia dei trafficanti di uomini non era – appunto – uno slogan. Se invece c’era un elemento di pubblico interesse nel rimandarlo a casa avrei parlato in Parlamento spiegandolo. Se è qualcosa di “indicibile” avrei messo il segreto di Stato. I premier seri fanno così. Ma la Meloni è una influencer.
Dopo la pubblicazione delle ultime novità sulle ore precedenti il rilascio di Almasri, Giulia Bongiorno minaccia una denuncia per la divulgazione di atti coperti da segreto. La tesi è che le toghe abbiano passato ai giornali carte di cui i ministri indagati non erano a conoscenza. Se cosìfosse, non trova che il gesto delle toghe sia grave?
Condivido l’iniziativa di Giulia Bongiorno. Vediamo se lo fa. Divulgare atti coperti da segreto è molto grave come ben sanno i parlamentari Andrea Delmastro delle Vedove e Giovanni Donzelli, no? Oppure quelli di Fratelli d’Italia pensano di poter far come vogliono sulla base del loro interesse. Il loro garantismo lo misuriamo in queste ore a Bibbiano, del resto.
Si chiedono le dimissioni di Nordio. Il titolare di via Arenula sta diventando il capro espiatorio di una vicenda che riguarda tutto il governo?
Nordio deve spiegare perché ha detto che la domenica (il giorno dell’arresto del generale, ndr) la faccenda Almasri non era chiara. Invece risulta che la sua Capo di gabinetto fosse già informata di tutto e si fosse raccomandata di non parlare con documenti ufficiali ma solo via Signal. Chi l’aveva informata se Nordio era all’oscuro? Chi è il vero Ministro? Nordio o Bartolozzi? O forse Alfredo Mantovano?
Ben prima che lo facessero i giornali, lei aveva anticipato che sarebbero emerse novità sul ruolo della capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, nella vicenda Almasri. Ha elementi che non conosciamo?
Il buon senso. Ero in aula e ho sentito Nordio dire frasi imbarazzanti per chi come me lo stima e gli vuol bene. È evidente che la sua struttura gli stesse nascondendo qualcosa. Poi ci sono state le dimissioni di Luigi Birritteri (il capo del dipartimento affari di giustizia, che ha gestito per primo il caso Almasri, ndr) dopo che mesi prima si era dimesso Giovanni Russo (capo del Dap, ndr). E tutta Roma sa che la magistrata Bartolozzi si atteggia a zarina del ministero. Siccome me la ricordo come leader politica di Azione in Sicilia, perché ha fatto anche questo quando si è candidato il compagno alla presidenza della Regione, ho unito i puntini. E ho come la sensazione che ancora ci siano molte cose da chiarire, dall’edilizia carceraria alla gestione del ministero.
In via Arenula, in ogni caso, c’è un problema: tra dirigenti che scappano, gaffe del ministro, dossier sfilati al ministero e appaltati a Palazzo Chigi. Meloni e i suoi fedelissimi non si fidano di Nordio?
Non credo sia Meloni il tema. Qui c’è un gruppo di toghe, io le chiamo le toghe brune che fanno capo a Alfredo Mantovano, che stanno guidando il governo a uno scontro senza precedenti con il Parlamento, e che vogliono la rivincita contro le toghe rosse in magistratura. Io ho combattuto le toghe rosse ma certo non per sostituirle con le toghe brune. Tutti si preoccupano di garantire l’indipendenza della magistratura dalla politica ma la vera partita è garantire l’indipendenza della politica da magistrati come Mantovano e Bartolozzi.
C’è chi insinua che questo accanimento sul Guardasigilli sia una sorta di vendetta per la separazione delle carriere, che è in dirittura d’arrivo al Senato. Un’accusa fondata?
Ma per favore. Qualsiasi cosa accada ora è vista come un problema legato alla separazione delle carriere. Se Nordio vuol fare una cosa davvero seria inizi a separare la sua carriera da quella della Bartolozzi: il Paese non potrà che giovarsene.
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