Ribolle il mondo forense
Chiede alcuni interventi strutturali di sostanza.
In evidenza
Leggo che gli avvocati si stanno organizzando per mezzo delle chat Telegram per una manifestazione di protesta massiva contro Cassa Forense, da tenersi in primavera.
MGA, sin dalla sua nascita, si batte per l’abolizione dei minimi obbligatori con l’introduzione del contributo soggettivo, con il carattere della progressività, per scaglioni di reddito.
Com’è noto, lo scrivo da molte lune, inascoltato, l’avvocatura italiana è pletorica e divisa in due categorie: l’élite in bonis, che rappresenta però solo l’8% del totale su circa 240mila avvocati ma che detiene il 50% del PIL dell’intera avvocatura italiana, tutto il resto che si dibatte da redditi negativi a € 50.000,00 l’anno o poco più.
Il Comitato dei Delegati di Cassa Forense è espressione della élite, perché solo l’élite, con pochi altri, va a votare, diciamo al massimo 40mila su 240mila.
L’avvocatura italiana da valore sociale, siccome usata per decenni come ammortizzatore sociale, oggi è diventata un problema sociale.
La riforma della previdenza forense è allo studio del Comitato dei Delegati da tre / quattro anni ma è tornata ai box per lavori di manutenzione.
Pensare che il Comitato dei Delegati affronti interventi strutturali tali da rendere la previdenza inclusiva e non esclusiva è un fuor d’opera, anche per il conflitto di interessi che hanno nel modificare le regole.
Ritengo quindi che le manifestazioni di massa sotto Cassa Forense servano a poco.
Servirebbero invece manifestazioni di massa sotto Palazzo Chigi per far nominare un commissario ad acta che si occupi della Avvocatura, di come sostenerla e della riforma della previdenza forense tenuto conto della complicata situazione, demografica e reddituale, dell’avvocatura italiana.
Una riforma parametrica non serve a nulla.
Serve invece fantasia lungimirante per uscire dagli schemi attuali, per intercettare la previdenza forense del futuro.
Saranno allora indispensabili alcuni interventi strutturali di sostanza e che, a mio giudizio, sono:
– l’opzione al contributivo per tutti, in pro rata;
– la previsione di aliquote di contribuzione soggettiva progressive, secondo scaglioni di reddito, abolendo del tutto la contribuzione minima;
– la riformulazione dei coefficienti di trasformazione del montante in pensione non solo in base all’età ma anche al genere e secondo fasce di reddito, così da garantire a tutti almeno un importo pari alla pensione minima INPS che dal 01.01.2024 è pari a € 598,61 al mese per € 7.781,93 all’anno (https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/previdenza/Documents/Nota-tecnica-Decreto-direttoriale-01122022-coefficienti-trasformazione-montante-contributivo.pdf)
– il sostegno alla previdenza complementare.
Servono proiezioni attuariali molto attente e veritiere.
In buona sostanza un cambio di rotta strutturale molto intenso, attraverso l’introduzione della progressività per scaglioni di reddito della contribuzione previdenziale e l’abolizione della contribuzione minima.
Ridurre i contributi minimi e abbassare la pensione minima come si è fatto sin qui nella riforma ai box, significa solo negare la previdenza a molte generazioni.
Ne consegue che quella intrapresa è un’opzione sbagliata ma risponde alla stessa logica che ha condotto il Comitato dei Delegati a riformare il regolamento dell’assistenza, sostanzialmente garantendola solo agli iscritti in regola, sia con l’invio del Modello 5, che con il versamento dei contributi.
Come diceva Gino Bartali “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.
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