Anno: XXV - Numero 86    
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L’impervio percorso delle riforme costituzionali, tra autonomia differenziata e premierato

Intanto la Commissione Cassese sta studiando la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, che dovrebbero assicurare a tutti i cittadini della Repubblica, in qualunque regione vivano, le medesime condizioni, ciò che è evidentemente possibile solamente in presenza di un’uguale disponibilità di risorse finanziarie cosa che, al momento, non c’è.

L’impervio percorso delle riforme costituzionali, tra autonomia differenziata e premierato

Giorgia Meloni è avvertita: l’intenzione della Lega è quella di realizzare una redistribuzione dei poteri a livello nazionale. Infatti, secondo Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, intervistato da Paolo Festuccia per La Stampa, a fianco del premierato, “di pari passo a livello territoriale la via maestra è dare al Paese sempre più un’ossatura federalista, quella che pensavano i padri costituenti, ed è quello che stiamo facendo. L’autonomia è centripeta, unisce i paesi mentre i brutti i centralismi come quello di questo Paese, invece, rischiano di disgregarci”. È la prospettiva dell’autonomia differenziata, di cui al disegno di legge Calderoli (n. 615 del Senato), che, si legge nella relazione, prevede la possibilità di attribuire “alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta forme e condizioni particolari di autonomia nelle 23 materie richiamate” dall’art. 116, terzo comma, della Costituzione con riferimento al terzo comma dell’art. 117. Il risultato è un maggiore potere alle regioni a fronte del “premierato” che dovrebbe risolvere il nodo della governabilità. Tema affrontato in modo molto fumoso: “coinvolgere nelle scelte i cittadini significa anche riportare l’affluenza alle urne: sono loro che scelgono e non la politica. Questo si traduce in campagne elettorali più partecipate investendo molto di più sulle persone”. Che vor dì? direbbe un romano. Perché affermare che scelgono i cittadini e non la politica è espressione priva di senso se non si indica sulla base di quali regole s’immagina una nuova legge elettorale, considerato che i partiti, meglio le segreterie dei partiti, sono stati sempre gelosi custodi del loro potere di scelta dei candidati. È evidente che, a fronte di un aumento delle attribuzioni alle regioni e nell’ottica di una concezione federale, che pur non appartiene alla storia d’Italia, i poteri del premier, ancorché aumentati, sarebbero esercitati in un numero limitato di materie spostando il potere dal centro alle regioni ed ai loro Presidenti che ampollosamente si autodefiniscono “Governatori” per compensare a parole l’attuale scarso potere fotografato da bilanci che, per oltre l’80%, si riferiscono alla spesa sanitaria, cioè a fondi trasferiti dallo Stato.

Con 23 materie, oggi di legislazione concorrente, che vanno dai rapporti internazionali e con l’Unione europea al commercio con l’estero, alla tutela della sicurezza del lavoro, all’istruzione, alla ricerca scientifica e tecnologica, al sostegno all’innovazione, all’alimentazione e all’ordinamento sportivo, alla protezione civile e al governo del territorio, ai porti e agli aeroporti, alle grandi reti di trasporto e di navigazione, alle casse rurali e alle aziende di credito a carattere regionale, pur nell’ambito dei princìpi fondamentali dello Stato, il potere delle regioni svuota quello dello Stato e del premier eletto dal popolo. Per di più il potere dei governanti regionali Zaia vorrebbe ampliarlo con l’abolizione del limite dei mandati, riforma per la quale non vede nessun inconveniente: “se cambia il limite dei mandati per i presidenti di Regione non si crea nessuna cupola”. E Gianfranco Pasquino, politologo, professore emerito di Scienza della politica, si chiede “chi sa cos’è la cupola di Zaia?”. Ed aggiunge: “il problema, più che la concentrazione di potere, è l’incrostazione dei poteri. I democristiani, ex e post, dovrebbero averlo imparato. Si creano aggregazioni senza limiti e le innovazioni diventano rarissime, persino impossibili e i potenti senza limiti rischiano di essere oggetto di pratiche corruttive”.

Il tema è politico, di cultura politica. Com’è possibile la convivenza tra partiti che hanno una storia che appare inconciliabile, quella della visione nazionale di Fratelli d’Italia e quella federalista, meglio localista, della Lega? Perché regioni forti sono destinate inevitabilmente ad entrare in contrasto con un primo ministro rafforzato dall’elezione popolare. Per cui si ipotizza uno “scambio” tra le riforme che pure sembra escludere il titolo de La Stampa che riassume l’intervista a Zaia: “niente scambi premierato-autonomia – prima i cittadini poi le forme di governo”. Annota Pasquino, “Zaia, dunque, contrariamente a Meloni, sembra pensare che le forme di governo non concernano i cittadini, non influiscano sulle loro condizioni di vita. Strano, davvero, molto bizzarro visto che, invece, Meloni sostiene che l’elezione popolare diretta darà grande potere ai cittadini e che molti ritengono che le autonomie differenziate daranno potere ai governanti regionali non ai cittadini, comunque in forma molto indiretta”.  “I più ottimisti – scrive Pasquino -, difficile dire quanto tecnicamente attrezzati, sostengono che lo scambio può essere evitato procedendo ad un coordinamento. Nessuno, però, è intervenuto in maniera concreta e precisa a chiarire termini e modalità del coordinamento”.

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