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Fmi conferma le previsioni di crescita per l’Italia e nel 2026 il deficit di bilancio sarà al 2,8%

Alzata la crescita globale 2025 (+3,2%) ma rileva “crescenti segni” degli “effetti avversi” dei dazi.

Fmi conferma le previsioni di crescita per l’Italia e nel 2026 il deficit di bilancio sarà al 2,8%

Il Fondo monetario internazionale ha confermato le previsioni di crescita economica per l’Italia, indicando più 0,5% del Pil su quest’anno cui dovrebbe seguire un più 0,8% nel 2026. I dati sono contenuti in un aggiornamento del Word Economic Outlook, pubblicato in occasione delle assemblee autunnali, risultano in linea con le stime fornite lo scorso luglio.

Il Fmi ha ritoccato al rialzo di 0,2 punti percentuali la crescita economica globale prevista per quest’anno, al più 3,2%, e confermato quella sul 2026, al più 3,1%. “Ad oggi le accresciute misure protezionistiche sul commercio hanno avuto un impatto limitato su attività economica e prezzi. La crescita ha retto nella prima metà dell’anno”, il sommario dello studio.

Inevitabilmente l’analisi non tiene conto degli ultimi sviluppi sui dazi commerciali annunciati venerdì scorso dall’amministrazione Usa, un maxi rincaro del 100% sulle importazioni dalla Cina in rappresaglia alle limitazioni imposte da Pechino sulle sue esportazioni di terre rare.

Al tempo stesso il Fmi rileva “crescenti segni che gli effetti avversi delle misure protezionistiche stanno iniziando a mostrarsi”. Mentre “con l’economia globale che scivola verso un panorama più frammentato, i rischi sulle prospettive aumentano”.

Tornando alle cifre, per l’area euro il Fmi ha alzato di 0,2 punti percentuali la previsione di crescita di quest’anno al più 1,2%, mentre ha limato di 0,1 punti quella sul 2026 al più 1,1%. Per la Germania ha alzato di 0,1 punti la crescita 2025 al più 0,2% e confermato quella sul 2026 al più 0,9%. Per la Francia ha alzato di 0,1 punti la crescita 2025 al più 0,7% e limato di 0,1 punti quella sul 2026 al più 0,9%.

Per gli Stati Uniti, il Fmi ora pronostica una crescita 2025 al più 2%, mentre sul 2026 stima un più 2,1%: in entrambi i casi si tratta di revisioni al rialzo di 0,1 punti rispetto a luglio. Il Fmi ha poi alzato di 0,4 punti la previsione di crescita sul Giappone, al più 1,1% quest’anno e di 0,1 punti sul prossimo al più 0,3%. Per il Regno Unito prevede più 1,3% di crescita sia quest’anno che il prossimo.

Passando ai nuovi giganti dell’economia globale, per la Cina il Fmi conferma un più 4,8% di crescita prevista quest’anno e più 4,2% il prossimo, per l’India ha alzato di 0,2 punti la previsione sul 2025, al più 6,6% e ridotto di 0,2 punti quella sul 2026, al più 6,2%. Per la Russia ha tagliato di 0,3 punti la previsione di crescita di quest’anno, al più 0,6% e confermato quella sul 2026 al più 1%.

In generale, secondo l’istituzione di Washington, il quadro, visto finora di resilienza sembra mutare verso uno scenario in cui si registrano “segnali allarmanti” sull’indebolimento dell’attività.

L’Italia riuscirà a riportare il suo deficit di bilancio sotto la soglia del patto di stabilità e di crescita (3% del Pil) solo il prossimo anno: secondo le previsioni del Fmi quest’anno il disavanzo di bilancio dovrebbe attestarsi al 3,3%, a fronte del 3,4% del 2024.

Secondo l’ultimo Word economic Outlook, il deficit italiano nel 2026 dovrebbe calare al 2,8% del Pil. Il debito pubblico è previsto salire al 136,8% del Pil quest’anno, dal 135,3% del 2024 e al 138,3% nel 2026.

“Molti Stati, incluse alcune grandi economie avanzate, stanno fronteggiando crescenti pressioni sui conti pubblici e sono riusciti a ottenere progressi solo limitati nel ripristinare margini di bilancio. Senza interventi immediati, la crescita economica più a rilento e gli aumenti dei tassi di interesse, combinati con gli elevati livello di debito e le nuove necessità di spesa per difesa, sicurezze economica e clima, eroderanno ulteriormente i margini di bilancio”. Lo rileva il Fondo monetario internazionale, in un articolo che accompagna la pubblicazione della parte centrale del Word Economic Outlook.

L’istituzione sembra riferirsi in particolare alla Francia, che comunque non viene citata esplicitamente.D’altra parte, secondo il Fmi “i paesi a basso reddito sono particolarmente vulnerabili nonostante gli sforzi per migliorare i loro avanzi primari, dato che si trovano di fronte alla prospettiva di consistenti riduzioni negli aiuti. Molti paesi più poveri risultano ancora danneggiati dagli shock degli ultimi cinque anni e le opportunità limitate potrebbero alimentare le tensioni sociali – si legge – specialmente tra i giovani disoccupati”. Il Fondo monetario internazionale lancia un richiamo sulla credibilità delle istituzioni economiche, in particolare sulle Banche centrali. “Le pressioni per allentare la politica monetaria sono sempre controproducenti, che siano fatte per sostenere l’economia, alle spese della stabilità dei prezzi, o per abbassare i costi di servizio del debito”. Lo si legge in un articolo che accompagna il capitolo centrale del World Economic Outlook.

Sebbene questo possa abbassare i tassi di interesse su breve termine, “alla fine l’inflazione e le aspettative di inflazione aumentano più di quanto si vorrebbe. La fiducia nelle banche centrali aiuta ad ancorare le aspettative di inflazione, specialmente nelle situazioni di shock come si è visto durante la recente crisi sui costi della vita”.

Invece, “quando si erode l’indipendenza, la credibilità che (le Banche centrali) hanno faticosamente guadagnato nel corso dei decenni svanirà, mettendo in pericolo la stabilità macroeconomica e finanziaria”.

Il richiamo sembra riferirsi in particolare alla situazione negli Stati Uniti, che pure non vengono menzionati in maniera esplicita in questo articolo.

Infine, sui dazi commerciali “la buona notizia è che la perdita di crescita economica è stata sui minimi previsti e la spiegazione è chiara: gli Stati Uniti hanno negoziato accordi con vari Paesi e previsto diverse esenzioni. Mentre la maggior parte dei paesi hanno contenuto le rappresaglie, mantenendo invece il sistema commerciale ampiamente aperto. Anche il settore privato si è dimostrato agile, anticipando le importazioni e dirottando rapidamente le catene di approvvigionamenti”, rileva il Fondo monetario internazionale in un articolo che accompagna la pubblicazione della parte centrale del World Economic Outlook.

Secondo il Fmi, tuttavia, sarebbe “prematuro e sbagliato concludere che lo shock innescato dall’aumento dei dazi non ha effetto sulla crescita globale”.

“Prematuro perché i livelli dei dazi Usa restano elevati e le tensioni commerciali continuano a riaccendersi, senza garanzie sulla tenuta nel tempo degli accordi commerciali. Le esperienze del passato suggeriscono che potrebbe volerci molto prima che il quadro intero sia definito”.

Secondo l’istituzione di Washington “finora l’incidenza delle tariffe sembra pesare prevalentemente sugli importatori Usa, ma potrebbero esserci ancora costi che verranno trasferiti ai consumatori e alcuni hanno iniziato a farlo, così come potrebbero essere dirottate in maniera permanente le catene di forniture, portando perdite sull’efficienza”.

Inoltre vi sono diversi altri fattori in gioco, tra cui il blocco dell’immigrazione clandestina negli Usa che ha ridotto l’afflusso di lavoratori stranieri, che si aggiunge alla questione dei dazi. Le condizioni finanziarie restano abbastanza espansive, il dollaro si è deprezzato nella prima metà dell’anno e intanto gli investimenti sull’intelligenza artificiale stanno crescendo con vigore.

Inoltre, nelle economie colpite dai dazi sono stati presi provvedimenti per attutire il colpo. Secondo il Fmi la Cina sta facendo leva sui tassi di cambio e su un dirottamento delle esportazioni verso Asia ed Europa, assieme a interventi di aiuto. La Germania sta effettuando espansioni di bilancio.

Il Fmi sostiene che lo shock dei dazi “sta ulteriormente abbassando le già tenui prospettive di crescita. Ci attendiamo un rallentamento nella seconda metà di quest’anno e una ripresa solo parziale nel 2026. Mentre ci si attende che l’inflazione resti persistentemente elevata”.

Askanews

 

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