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Carenza di medici e «deserti sanitari»

Nove le Regioni più colpite Sono 39 le province più in sofferenza, e si concentrano in Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Lazio

Carenza di medici e «deserti sanitari»

Nella provincia di Asti in media un pediatra segue 1.813 bambini e adolescenti fino a 15 anni, rispetto alla media nazionale di un pediatra ogni 1.061 ragazzi, mentre la normativa in vigore prevede circa un pediatra per 800 bambini. In provincia di Caltanissetta c’è un solo ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne, rispetto alla media italiana di un professionista ogni 4132 persone; nella provincia di Roma, invece, si registra il migliore rapporto: un ginecologo per 2292 pazienti. In provincia di Bolzano c’è soltanto un cardiologo ospedaliero ogni 224.706 abitanti (rispetto alla media italiana di un professionista ogni 6741 cittadini): un rapporto 71 volte peggiore rispetto a quello che si registra in provincia di Pisa, dove c’è un cardiologo ospedaliero ogni 3147 abitanti. Ancora: nella provincia di Reggio Emilia c’è solo un farmacista ospedaliero ogni 264.805 abitanti (la media italiana è di un professionista ogni 26.182 cittadini), mentre nella provincia di Forlì-Cesena si registra un farmacista ospedaliero ogni 9982 abitanti. Sono solo alcuni esempi della carenza di operatori sanitari, dal Nord al Sud, rilevata dal rapporto «Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e PNRR – Provincia che vai, carenza di personale sanitario che trovi» curato da Cittadinanzattiva nell’ambito del progetto europeo AHEAD «Action for Health and Equity: Addressing Medical Deserts».

Il rapporto

Mancano medici sia di famiglia che ospedalieri, pediatri di libera scelta, ma anche infermieri.In particolare, nelle zone periferiche e ultra-periferiche delle aree interne del Paese c’è una «desertificazione sanitaria», segnala il rapporto finanziato da EU4Health (quarto programma dell’Unione europea dedicato alla salute in vigore per il periodo 2021-2027), che ha l’obiettivo di analizzare il fenomeno dei “deserti sanitari” a livello europeo. In pratica, ci sono territori dove le persone hanno grosse difficoltà ad accedere alle cure, per esempio a causa dei lunghi tempi di attesa, della carenza di personale sanitario o delle ampie distanze dalla struttura dove poter ricevere assistenza. Un problema – segnala Cittadinanzattiva – che rischia di non essere colmato dai fondi messi a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), anche perché solo il 16-17% delle Case e degli Ospedali di Comunità sarà realizzato in queste zone. Il sovraffollamento negli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri è evidente soprattutto nel Nord del Paese, mentre la carenza di ginecologici ospedalieri colpisce, oltre Caltanissetta, anche Macerata, Viterbo, La Spezia e tre province della Calabria (Reggio Calabria, Vibo Valentia e Cosenza).

Regioni dove ci sono maggiori squilibri

Considerando le 39 province dove gli squilibri tra numero professionisti e cittadini sono più marcati, rileva il rapporto, ai primi posti ci sono le regioni Lombardia (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi, Milano) e Piemonte (Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli) con sei province, seguite dal Friuli Venezia Giulia (Gorizia, Pordenone, Udine, Trieste) e dalla Calabria (Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia) con quattro province. Seguono poi Veneto (Treviso, Venezia, Verona), Liguria (Imperia, La Spezia, Savona) ed Emilia Romagna (Parma, Piacenza, Reggio Emilia), con tre province a testa, Trentino Alto Adige (entrambe le province autonome di Bolzano e Trento) e Lazio (Latina e Viterbo).

Aree interne più sguarnite

I fondi e i progetti previsti dal PNRR avrebbero la potenzialità di ridurre alcuni divari storici, come quello dell’assistenza territoriale in alcune aree del Paese. Per questo, nel Rapporto si analizza anche quante Case e Ospedali di Comunità si prevede di realizzare nelle aree interne delle 39 province dove la carenza di personale sanitario è più marcata. Ebbene, secondo Cittadinanzattiva, i risultati non sono incoraggianti: su 1431 Case della Comunità e 434 Ospedali di Comunità previsti da PNRR, solo poco più di un terzo – cioè 508 Case, pari al 35,5%, e 163 Ospedali, pari al 37,6% – saranno realizzati nelle aree interne. A restare quasi sguarniti saranno soprattutto gli oltre 5 milioni di cittadini che vivono nelle zone periferiche e ultra-periferiche di questi territori, dove sono previsti appena il 17% dei 434 Ospedali di comunità e il 16% delle 1431 Case di comunità. Addirittura nessuna delle due nuove tipologie di servizi territoriali previsti dal PNRR sarà a disposizione dei residenti nei 13 comuni periferici ed ultra-periferici della Valle d’Aosta e nei 36 comuni periferici e ultra-periferici della Liguria. Ancora, prosegue il Rapporto, non è previsto alcun Ospedale di Comunità per ben 654.883 italiani che vivono in aree interne periferiche ed ultra periferiche di 7 Regioni, cioè Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Marche. Di contro, le Regioni maggiormente beneficiate dal PNRR per numero di Case e Ospedali di Comunità sono, nell’ordine, Lombardia (199 Case e 66 Ospedali), Campania (172 e 48) e Sicilia (156 e 43).

Urge investimento sul personale

Commenta Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva: «Mancano dati certi, aggiornati e facilmente reperibili sulla carenza di personale sanitario, il che non agevola la programmazione degli interventi e la destinazione delle risorse. Le riforme previste anche dal PNRR potranno avere gli effetti sperati, infatti, se all’investimento sulle strutture – case e ospedali di comunità in primis – si affiancherà un adeguato investimento sul personale. Allo stesso modo – prosegue Mandorino – occorre dislocare gli spazi di salute rafforzando le aree deboli del Paese e tenendo conto della natura dei territori, e non soltanto di una logica aritmetica che guarda esclusivamente al numero di abitanti».

Fonte Corriere della Sera

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