Bonus Pos nel decreto di agosto per le spese fino a fine anno con carta e bancomat
Una spinta ai consumi da almeno 2 miliardi con un bonus legato ad alcune tipologie di spese con carte e bancomat fatte da qui alla fine dell’anno
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È questo il progetto del governo da lanciare con il decreto di agosto, che sarà varato in settimana. Oltre ai consumi in bar e ristoranti si starebbe valutando di incentivare con uno sconto a carico dello Stato gli acquisti di abbigliamento o elettrodomestici, tra i settori più in sofferenza. Ancora da stabilire anche il meccanismo di sconto, se attraverso una card o con rimborsi direttamente ai contribuenti. D’altronde le transazioni elettroniche si stanno tramutando da mercato di offerta a mercato di domanda. La rivoluzione copernicana innescata dalla pandemia ha rovesciato i comportamenti di acquisto degli italiani. Provocando un’accelerazione nelle transazioni elettroniche senza precedenti. Avremmo avuto bisogno di dieci anni per questo salto culturale/tecnologico. Una trasformazione che porta criticità e opportunità. La lotta al contante ne gioverà assolutamente e con essa la battaglia all’evasione. Dal 1 luglio è entrato in vigore il tetto di 2mila euro per le transazioni fisiche. Misura spesso osteggiata dalle associazioni degli esercenti per le commissioni troppe alte. Nella grande distribuzione i movimenti digitali sono cresciuti del 20%, toccando due milioni di clienti. E il canale ecommerce è cresciuto del 170% mettendo sotto pressione la logistica. Peccato che il settore dei pagamenti elettronici presenti nel Paese ancora una fotografia in chiaroscuro. L’Italia è ancora lontana dall’ambizioso obiettivo della cashless society. Quello di dire addio al contante, tracciare tutto anche in chiave anti-evasione fiscale stimolando l’uso di carte e bancomat. Nonostante l’Italia sia uno tra i Paesi con il maggior numero di dispositivi Pos, che alimentano un ginepraio di difficile lettura, stentano ancora a decollare i pagamenti elettronici. E’ l’ultimo rapporto della Community del Forum Ambrosetti che racchiude tra gli aderenti alcuni tra i principali attori della filiera dei pagamenti. «Dovremmo forse dirlo una volta per tutte. In Italia abbiamo due prezzi: uno con l’Iva e uno senza», aveva scandito Antonio Patuelli nella sala stampa all’ultima assemblea dell’Abi a novembre. Silenzio. Nessuno aveva contestato l’affermazione. Perché risuona difficilmente “smentibile”. Per stimolare i pagamenti elettronici conviene allora ribaltare il ragionamento. Spostando a valle il potere della filiera. Cioè al consumatore che con i suoi comportamenti di acquisto può favorire i cambiamenti sociali. «Bisogna mettere in concorrenza tra loro gli esercenti. Comprare solo da quelli dotati di Pos adibiti al pagamento delle carte. Non li hai? Vai altrove. Semplice». A supporto Patuelli aveva portato l’ultima audizione di Luigi Federico Signorini, vicedirettore generale della Banca d’Italia, che aveva parlato di «una commissione media intorno all’1 per cento del valore della transazione». A conti fatti meno della media Ue, registrata all’1,2%. Signorini per la verità riscontra «livelli molto minori per la grande distribuzione che, grazie al peso contrattuale, riesce a ottenere condizioni più favorevoli». Mentre le «commissioni relativamente maggiori sono quelle applicate ai piccoli esercizi commerciali e ai bar», proprio la categoria che li ostacola. Come «i professionisti e gli artigiani che pagano commissioni in linea con questa media», ha spiegato Signorini. L’Italia resta terzultima in Europa per numero di transazioni pro-capite con carta (era 20ma nel 2008). Rimane alla stessa velocità modesta nella direzione di una cashless society, con solo Romania e Bulgaria più lente.
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