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I nodi della politica italiana tra sfiducia e speranza

In un libro di Daniele Capezzone

I nodi della politica italiana tra sfiducia e speranza

Pubblico delle grandi occasioni al romano Circolo delle Vittorie, in via di Santa Chiara, per la presentazione del libro di Daniele Capezzone “Bomba a orologeria – l’autunno rovente della politica italiana” (Piemme, Milano, 2022, pp. 263, € 17,90). Introdotto da Antonio Fugazzotto, Presidente del Circolo, sono intervenuti il Professore Cesare Imbriani, economista, docente alla LUISS, chi scrive, e Silvia Vaccarezza, giornalista RAI, volto noto del TG2. Dunque l’economia e la finanza, il diritto e la storia, la comunicazione, perché “queste pagine”, come Capezzone definisce, con compiaciuta modestia, il suo libro, costituiscono un vero e proprio trattato di politica in forma di racconto degli eventi interni ed internazionali che negli ultimi decenni hanno interessato il nostro Paese. Annotati con riferimento al ruolo dei partiti, del Governo e del Parlamento, segnalandone le azioni e, più spesso, le omissioni, per meglio disegnare, con fiducia, mi auguro ben riposta, un’Italia degli “obiettivi realizzabili e desiderabili sia in politica estera sia in economia”, come si legge nel risvolto della prima di copertina. Perché “provarci è difficile, ma il costo del non provarci rischia di essere devastante”.

La narrazione parte dalla crisi del governo Draghi nella prospettiva delle elezioni che avrebbero portato ad un cambio di passo restituendo il primato della politica alla scelta dei cittadini-elettori dopo un periodo in cui i governi sono stati designati nelle stanze segrete del potere sulla base di accordi spesso necessitati dalle condizioni economiche e finanziarie, a cominciare da quel 2011 quando il governo Berlusconi dovette cedere al governo dei tecnici di Mario Monti uscito dal cilindro del Capo dello Stato, nominato senatore a vita e immediatamente dopo incaricato di formare il governo.

È una lettura affascinante ma molto impegnativa per la varietà dei temi trattati con dovizia di riferimenti alle relazioni internazionali che mai come in questo momento condizionano anche le vicende dell’economia delle nazioni, con annotazioni puntuali a studi tratti dalla dottrina, soprattutto anglo-americana più significativa. Capezzone è atlantista e riconosce il ruolo che rivestono gli Stati Uniti nella politica internazionale. Ma questo non gli impedisce di essere critico, ad esempio, nei confronti del poco dignitoso abbandono dell’Afghanistan, che ha certamente incrinato il rapporto di fiducia che la potenza economica e militare USA non ha saputo mantenere con gli alleati nell’area tumultuosa del Medio Oriente. Una grande potenza economica e militare, un riferimento politico per l’Occidente, un impero si direbbe, che, a volte, non riesce ad interpretare quel ruolo, certamente non facile. Edward Luttwak, economista, politologo di razza, ricorda spesso Roma e il suo Impero, la straordinaria capacità di assicurare ovunque condizioni di pace in un contesto di sviluppo economico e civile dei popoli dell’area del Mediterraneo. Ricordo, nel corso di un viaggio in Turchia, come, giunto a Ierapolis la guida, dopo aver ricordato momenti salienti della storia dell’Anatolia e la stagione degli Ittiti, spiegò che quando giunsero in quelle terre i romani costruirono acquedotti, fognature, strade, terme ed i gabinetti pubblici. Per questo Roma è presente nella cultura dei popoli, conquistati con le armi ma tenuti con saggia gestione della pace, con rispetto delle istituzioni locali e dei credi religiosi. Lo sintetizza, in modo a tutti noto, Virgilio nell’Eneide (VI libro) quando fa dire ad Anchise, che si rivolge ad Enea, quale doveva essere il ruolo dell’Impero romano: Tu regere imperio populos, Romane, memento hae tibi erunt artes, pacisque imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos. Che molti conoscono nella traduzione poetica di Annibal Caro.

Torniamo al libro. “Bomba a orologeria”, ma forse sarebbe stato meglio volgere al plurale la previsione non proprio tranquillizzante delle molteplici bombe pronte ad esplodere tra le gambe degli italiani e sotto il tavolo del Governo di Giorgia Meloni. Innanzitutto, la guerra in Ucraina, con le sue conseguenze sull’economia dei paesi che hanno deciso sanzioni nei confronti della Russia e che, pertanto, subiscono gli effetti di alcuni aumenti di costi, soprattutto nel settore energetico, così determinando anche problemi di carattere interno, perché c’è una parte degli italiani, che francamente non capisco, indifferente alle sorti della libertà degli ucraini, trascurando che la libertà va difesa ovunque è in pericolo e dimenticando che per la nostra libertà nell’ottocento, durante il Risorgimento, molti provenendo dall’Ungheria, dalla Polonia combatterono in Italia per l’indipendenza e l’unità della nostra Patria. Seconda bomba ad orologeria, per la verità trascurata dal dibattito politico, è la questione della cosiddetta “autonomia differenziata” delle regioni a statuto ordinario sulla quale il governo si è impegnato per le pressioni provenienti soprattutto dalla Lega e che è effettivamente un tema grandemente divisivo, che può creare problemi alla stabilità del Governo e alla compattezza della sua maggioranza.

 

Come ho detto durante il dibattito, l’autonomia differenziata presuppone che le regioni partano da una medesima condizione quanto allo sviluppo dell’economia e delle condizioni sociali. Invece, noi sappiamo che l’Italia meridionale è stata in gran parte abbandonata quanto alle grandi infrastrutture viarie e ferroviarie, necessarie allo sviluppo dell’economia di quelle regioni. Ed ho ricordato, a tale proposito, un articolo di Camillo Benso di Cavour del 1846, scritto quando ancora non era entrato in politica, nel quale sosteneva che le ferrovie avrebbero unificato l’Italia partendo dalla considerazione che lo sviluppo dell’economia meridionale, la grande agricoltura del Sud, avrebbe alimentato il Nord Italia e l’Europa con i suoi straordinari prodotti. Invece, dobbiamo constatare che se “Cristo si è fermato ad Eboli”, come titola il noto libro di Carlo Levi, l’alta velocità si è fermata a Salerno impedendo a zone ricche di prodotti agricoli con un turismo di grande importanza di contribuire all’economia del Paese e delle singole regioni.

La terza bomba ad orologeria è, a mio giudizio, ma ho compreso che Daniele Capezzone non è d’accordo, l’ipotesi di Repubblica presidenziale sulla quale da sempre si è spesa la destra che ritiene che sia la strada necessaria per raggiungere l’efficienza e la capacità di gestione del Governo del Paese. Io credo che sia una illusione. Lo dimostra la Francia che in questo momento vede una crisi profonda per la diversa maggioranza che ha eletto il presidente della Repubblica e il Parlamento. Quindi la Repubblica presidenziale funziona soltanto quando c’è un’omogeneità fra Parlamento e Presidente della Repubblica. E poi io credo che sia una illusione quella dell’“uomo forte” ricorrente in certi ambienti della destra italiana un po’ nostalgici, i quali trascurano che, al fondo, il tema è quello del rinnovamento della classe politica che si ottiene in un modo soltanto, attraverso una legge elettorale che consenta al cittadino di scegliere e alla classe politica di individuare i migliori candidati possibili per ottenere il consenso degli elettori. Daniele Capezzone che si è dimostrato critico nei confronti delle mie riserve sulla Repubblica presidenziale ha detto poi, nel suo intervento finale, una cosa che, tutto sommato, è quella che io condivido, facendo riferimento al Regno Unito dove i gruppi parlamentari, con il sistema elettorale inglese a collegio uninominale, hanno veramente la responsabilità politica del governo.

Non possiamo, d’altra parte, dimenticare come ha detto anche Fugazzotto ricordando che il libro fa riferimento alla Magna Carta Libertatum che in Inghilterra è nata la democrazia parlamentare e la divisione dei poteri, poi teorizzata da Montesquieu che, infatti, ne ha scritto dopo essere stato a lungo in Inghilterra osservando come si svolgono i rapporti fra cittadino il governo il Parlamento e il Sovrano.

Credo che da queste parole brevi con le quali presento il libro di Daniele Capezzone sia evidente l’importanza di questo volume destinata a rimanere nel tempo anche al di là dei riferimenti ai fatti di oggi che poi sono quelli che potrebbero subire gli effetti delle bombe quando scoppiassero. Ne consiglio obiettivamente la lettura a quanti vogliono essere informati e soprattutto vogliono avere strumenti per riflettere, da cittadini responsabili, sul nostro Paese e sulle sue prospettive di sviluppo.

 

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