La riforma della previdenza
Una sfida importante per il governo italiano.
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Ci attende un autunno molto complicato per via del nostro ingente debito pubblico
Il Documento di economia e finanza prevede che la spesa previdenziale in Italia supererà i 337 miliardi di euro entro la fine del 2024, con un aumento del 5,8% rispetto al 2023. Nei prossimi tre anni, fino al 2027, si prevede un tasso di crescita medio annuo del 2,9%: una sfida importante per il governo italiano.
Ci attende un autunno molto complicato per via del nostro ingente debito pubblico, della modesta entità delle risorse e della incapacità, perché’ non porta voti, di una revisione seria della spesa pubblica, senza tagli lineari cosi da garantire i servizi essenziali.
Unica consolazione il fatto che il debito pubblico italiano è oggi in mano estere soltanto per il 27,6%, il valore piu’ basso nell’Eurozona (fonte Marco Fortis del sole 240re del 17 giugno 2024).
Al Cnel , a febbraio, si è insediato un gruppo di lavoro che dovrebbe presentare al Governo un elaborato di riforma della previdenza italiana.
Da ciò che filtra ogni tanto si apprende che una delle principali ipotesi in esame sarebbe il ritorno al modello della legge Dini, che prevede un’uscita flessibile dal lavoro tra i 64 e i 72 anni, superando il sistema delle Quote sostenuto dalla Lega. In questo schema, l’età per la pensione salirebbe a 67 anni con 25 anni di contributi, o con una pensione pari a 1,5 volte l’assegno sociale. Attualmente, il requisito è di 67 anni con 20 anni di contributi. La proposta del Cnel include 9 scaglioni di età per il pensionamento, con assegni più alti per chi posticipa l’uscita dal lavoro.
A mio giudizio va nella giusta direzione per provare a risolvere ii problemi conseguenti ai dati demografici e reddituali della popolazione italiana.
Il Documento di economia e finanza 2024 approvato dal Consiglio dei ministri il 9 aprile u.s. su proposta del ministro Giorgetti è un documento che contiene solo le stime tendenziali; un Def semplificato proprio per la natura di transizione delle nuove regole europee che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025. Infatti, la riforma della governance economica europea (ancora in via di approvazione) si baserà su un nuovo documento, il Piano fiscale strutturale di medio periodo che indicherà gli obiettivi programmatici di legislatura. La tempistica stabilita nelle norme transitorie prevede che il Piano sia approvato entro il 20 settembre prossimo. In attesa di queste tempistiche e della definizione della traiettoria di riferimento per la spesa primaria netta (nuovo indicatore univoco alla base della nuova governance) il Def non riporta il profilo programmatico. (fonte Aran ).
A proposito delle pensioni si legge:
Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano L’analisi delle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano è operata dal Documento in esame in base alla legislazione vigente, e quindi tenendo conto degli istituti transitori solo per l’orizzonte di applicazione vigente (ivi compresi gli istituti che non sono stati più oggetto di proroga, ma che possono ancora trovare applicazione in alcuni casi e determinare effetti finanziari). Tale impostazione è connessa anche alla circostanza che il Documento in esame non reca indicazioni specifiche sui contenuti delle misure che potrebbero essere adottate nel settore pensionistico (anche in relazione alle scadenze, a legislazione vigente, di alcuni istituti). Si ricorda, tuttavia, che nell’elenco di disegni di legge da qualificare come collegati alle leggi di bilancio rientra un disegno di legge recante interventi in materia di disciplina pensionistica. Il Documento fa riferimento, per lo scenario macroeconomico e demografico di medio e lungo periodo, al Rapporto sull’Invecchiamento del 2024 (Ageing Report 2024) della Commissione europea – redatto insieme con il Working Group on Ageing Populations and Sustainability (WGA) del Comitato di Politica Economica del Consiglio dell’Unione europea –, assumendo che nel periodo 2028-2070 la crescita media annua del PIL reale sia pari allo 0,7 per cento; per il precedente periodo, costituito dagli anni 2024-2027, la previsione sulla crescita è mutuata dalla relativa previsione del Documento di economia e finanza in esame. In tale quadro, il rapporto tra spesa per pensioni e PIL, previsto in crescita fino ad un valore del 15,6 per cento alla fine dell’anno in corso, si mantiene stabile nel quadriennio successivo e riprende a crescere nel 2029, fino a raggiungere un picco nel 2040, con un valore pari al 17,0 per cento. Tale andamento crescente, rileva il Documento, è in via principale la conseguenza dell’incremento del rapporto tra il numero di pensioni e il numero degli occupati; tale incremento è dovuto all’ingresso in quiescenza delle generazioni del baby boom e al carattere solo parziale della compensazione mediante l’adeguamento dei requisiti per il trattamento in relazione all’evoluzione della speranza di vita e mediante il contenimento degli importi pensionistici (derivante dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa). A decorrere dal 2044, il suddetto rapporto percentuale decresce prima gradualmente e poi rapidamente, in ragione della scomparsa delle generazioni del baby boom (oltre che sulla base dell’applicazione in via generale del sistema di calcolo contributivo e dell’adeguamento dei requisiti per il trattamento in relazione all’evoluzione della speranza di vita); il rapporto risulta pari al 16,0 per cento nel 2050 ed al 13,9 per cento nel 2070. (fonte pag. 65 del DEF 2024).
Per vedere l’evoluzione del sistema pensionistico italiano si apra il seguente link
“DEF è l’acronimo di Documento di economia e finanza. Esso costituisce il principale strumento di programmazione della politica economica e di bilancio nell’ambito del processo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE.
Sul portale della Camera dei deputati troviamo una definizione più ampia del documento:
“costituisce il principale documento di programmazione della politica economica nazionale, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020.”
In sostanza, il DEF definisce tempi e modi che il nostro Paese adotterà per gestire e risanare i conti pubblici e, al contempo, per raggiungere obiettivi legati a specifici macro ambiti, quali occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale, definiti, come detto, nell’ambito dell’Unione Europea.
Il DEF deve indicare anche i risultati e le previsioni dei conti dei principali settori di spesa dello Stato; tra questi la spesa previdenziale rappresenta una componente molto rilevante.
Dunque, il DEF non può prescindere da un’analisi sul presente e il futuro del sistema pensionistico.
DEF 2024: si riduce lo spazio per le pensioni anticipate
Il DEF 2024, curato dalla Direzione Analisi e Ricerca Economico – Finanziaria del Dipartimento del Tesoro, è stato approvato il 9 Aprile 2024 dal Consiglio dei Ministri.
Le notizie sul fronte delle pensioni, in particolare su quelle anticipate, non sembrano affatto rosee.
A fine 2024 la spesa pubblica per le pensioni si avvia a toccare i 337,4 miliardi, con una crescita del 5,8% rispetto al 2023, mentre per il periodo 2025-2027 la stima è quella di una crescita continua al tasso medio annuo del 2,9%. Inoltre, in un focus inserito nel documento a cura della Ragioneria Generale dello Stato, si valuta che dal 2029 in avanti il rapporto tra spesa pensionistica e PIL riprenderà ad aumentare, fino a raggiungere il 17% nel 2040.
Le cause di questa inesorabile crescita sono molteplici e il DEF ne individua due in particolare:
l’elevata inflazione degli ultimi anni, che ha portato a una consistente rivalutazione degli assegni, aumentandone gli importi;
l’accesso alla previdenza pubblica attraverso le diverse previsioni di anticipo pensionistico, che vanno a ingrossare, prima del raggiungimento dei requisiti “ordinari”, le file dei percettori di reddito da pensione.
Ed è in questo quadro di spesa crescente che gli spazi per aprire alle varie forme di pensionamento anticipato si riducono considerevolmente.
DEF 2024: i possibili scenari futuri per le pensioni
Alla luce di quanto finora illustrato, ci sono alcuni anticipi pensionistici che, se non rinnovati,andranno a esaurimento al termine del 2024.
Ci riferiamo, in particolare, a tre forme di accesso anticipato alla pensione che già nell’anno in corso hanno subito una forte contrazione delle platea interessata, in base a quanto previsto dall’ultima Legge di Bilancio, ovvero:
Quota 103, il pensionamento per chi ha almeno 62 anni di età e ha maturato 41 di contributi;
Ape Sociale, che riguarda disoccupati, caregiver di familiari con disabilità, soggetti con invalidità almeno al 74% e persone che svolgono lavori gravosi, con la possibilità di anticipare la pensione a 65 anni e 5 mesi di età e 30 anni di contributi (a eccezione dei lavoratori con occupazioni gravose, per i quali il requisito sale a 36 anni);
Opzione Donna, dedicata alle disoccupate, invalide almeno al 74% o caregiver di familiari disabili, che possono anticipare la pensione a 59, 60 o 61 anni (a seconda della presenza o meno di figli) con almeno 35 anni di contributi.
Per questi ultimi due casi, si sta valutando una “soluzione-ponte”, magari con un prolungamento per tutto il 2025 in attesa di tempi migliori per una riforma organica delle pensioni, mentre Quota 103 potrebbe diventare Quota 104, con l’innalzamento del requisito anagrafico da 62 a 63 anni e il mantenimento di quello contributivo a 41 anni.
Pare tramontare definitivamente, invece, il progetto di Quota 41, con la possibilità di andare in pensione anticipata una volta raggiunto il solo requisito contributivo, indipendentemente dall’età anagrafica.
Infine, per il 2025 il Governo prevede altre due importanti novità per le pensioni:
la reintroduzione dell’adeguamento automatico dell’età di pensionamento alla speranza di vita, dato che, ricordiamo, quest’ultima è in continua crescita;
il taglio alle rivalutazioni per le pensioni più alte.
Tutti provvedimenti, insomma, che confermano ancora una volta come l’obiettivo sia quello di contenere la spesa pensionistica e ritardare il momento dell’uscita dal mercato del lavoro.
Tuttavia, per avere maggiori certezze per il 2025 occorrerà attendere l’autunno e la nuova Legge di Bilancio, che metterà nero su bianco e voce per voce le intenzioni di spesa o di contrazione della stessa espresse nel DEF.” ( Fonte : Redazione Fondo Priamo del 7.5.2024).
A mio giudizio l’invecchiamento attivo della popolazione deve portare alla abolizione della logica delle quote, alla tutela, comunque, del lavoro usurante e ad una maggiore flessibilità in uscita.
Ma l’intero sistema andrebbe ripensato e adattato ai tempi in cui viviamo, assicurando a tutti un trattamento pensionistico di base di uguale importo,gestito e garantito dallo Stato, per poi lasciare alla previdenza complementare, su base volontaria, la chiusura del cerchio.
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