Ci siamo piegati a Trump perché non abbiamo alternative
La Cina non è l’alternativa ai dazi Usa, acquistano sempre meno.

A giugno 2025 l’export extra-Ue scende nel trimestre e le importazioni da Usa e Cina volano, con ricadute su automotive ed energia.
L’accordo Usa-Ue sui dazi non piace a molti, ma non sembra esserci alternativa. I dati del commercio estero extra-Ue, pubblicati da Istat, ce lo confermano. A giugno 2025 l’interscambio commerciale con i Paesi extra-Ue27 è aumentato, ma nel secondo trimestre è diminuito l’export.
Mentre aumentano gli acquisti dagli Stati Uniti (+45,7 %) e dalla Cina (+25,8 %), diminuiscono invece gli scambi con altri partner, tra cui i Paesi Opec (-20,6 %) e il Regno Unito (–12,9 %). In numeri più concreti, come nel 2024 così anche nel 2025 l’Ue esporta meno di quanto importa dai partner commerciali. La Cina è uno di questi, ma a sfavore dell’Europa.
Lo scorso 24 luglio Ursula von der Leyen, poco prima dell’accordo con Trump, è volata in Cina ed è stata accolta senza troppe cerimonie. Una prova, prima ancora dei dati Istat e delle dichiarazioni, di uno squilibrio di forze che è anche di tipo commerciale. In occasione del summit Ue-Cina, la presidente della Commissione Ue ha dichiarato che c’è un crescente squilibrio dovuto al “numero di distorsioni commerciali e alle barriere all’accesso al mercato”.
Non un partner accogliente, la Cina, che in questa veste non interpreta l’alternativa ai dazi Usa, ma si presenta piuttosto ostile. Von der Leyen ha dichiarato che l’Europa “mantiene il suo mercato aperto ai prodotti cinesi” e che questo riflette l’impegno per un commercio basato su regole. Ha però aggiunto che questa apertura non è supportata dalla Cina e la prova starebbe proprio nel deficit commerciale dell’Ue, raddoppiato nell’ultimo decennio.
L’Europa è in cerca di un’alternativa?
La stretta di mano con Trump non lascia dubbi sul fatto che l’Europa si sia piegata al volere del presidente statunitense. Tanti gli svantaggi e pochi i Paesi che ci guadagneranno. L’accordo dice anche altro, ovvero che non si poteva fare diversamente. C’è un altro mercato?
La risposta arriva dai dati del commercio estero extra-Ue di giugno 2025, pubblicati da Istat proprio al termine delle trattative sui dazi. Il 2025 vede l’Ue aumentare l’export su base mensile, soprattutto su:
- beni strumentali (+13,1 %) come i mezzi di navigazione marittima;
- vendite di energia (+19,7 %);
- beni intermedi (+5,2 %);
- nei beni di consumo non durevoli (+1,8 %).
Si riducono invece le esportazioni di beni di consumo durevoli (–5,4 %) come veicoli, elettronica ed elettrodomestici. Nel secondo trimestre 2025 l’export diminuisce in tutti i settori, fino al –15,2 % per l’energia.
Dati altalenanti, che raccontano una crescita dell’export extra-Ue su base annua del 4,7 %, ma concentrata verso alcuni mercati: Svizzera (+18,4 %), Stati Uniti (+10,3 %) e Regno Unito (+8,1 %). Cala invece verso Turchia (–13,6 %), Paesi Mercosur (–6,1 %) e Cina (–4,0 %).
La dinamica è questa: acquistiamo più di quanto vendiamo. Con i dazi la situazione non può che accentuarsi. Non a caso le importazioni dagli Stati Uniti sono cresciute del 45,7 %, dalla Cina del 25,8 % e dai Paesi del Mercosur del 23,8 %. Diminuiscono solo nei confronti di Opec, Svizzera e Regno Unito.
In questo quadro non emergono mercati alternativi agli Stati Uniti: non più la Russia, con la quale i rapporti sono ormai freddi, né la Cina, che sta ancora tastando il terreno prima di approfondire i legami. Intanto l’Ue continua ad acquistare 304,5 miliardi di euro dalla Cina, mentre le esportazioni verso Pechino ammontano a 213,3 miliardi (dati Eurostat 2024). Che si possa velocizzare l’amicizia tra le due potenze e tentare di arginare gli impatti più gravi dei dazi Usa? È tutto da vedere.
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