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Farmacie. Covid-19, nuove regole sulla quarantena: gli step per i farmacisti in caso di contatto stretto

Che cosa succede se un convivente di un dipendente o titolare di farmacia dovesse risultare positivo al tampone? In quali casi scatta la quarantena? Un punto sulle indicazioni in vigore

Farmacie. Covid-19, nuove regole sulla quarantena: gli step per i farmacisti in caso di contatto stretto

Mentre è in corso la discussione, a livello locale e nazionale, su come contenere i contagi da Covid-19 e su eventuali nuove misure, sono in molti a interrogarsi su come comportarsi nelle situazioni che potrebbero capitare – a casa, a scuola o in altri contesti – di contatto stretto con caso positivo. In particolare, che cosa succede se un convivente di un dipendente o titolare di farmacia dovesse risultare positivo al tampone? In quali casi scatta la quarantena e l’isolamento per il farmacista? Un punto sulle indicazioni attualmente valide, tra circolari ministeriali e normativa.

I positivi di «lungo termine»: le indicazioni dal Ministero

Sulla definizione di quarantena e isolamento, lo si ricorda, è intervenuto di recente il Ministero della Salute con una circolare del 12 ottobre che ha chiarito le modalità di gestione e le nuove tempistiche di rientro al lavoro. In particolare, riferisce il Dicastero, in caso di positività occorre distinguere tre situazioni: se il tampone è positivo e il soggetto è asintomatico, «il rientro in comunità avviene dopo un periodo di isolamento – vale a dire una separazione dalle altre persone che deve avvenire in «ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione» – di «almeno 10 giorni dalla comparsa della positività» ed «esecuzione di test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test)». Nel caso, invece, di soggetto sintomatico, il «rientro in comunità avviene dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test)». Ci sono poi i «casi positivi a lungo termine», cioè coloro che, «pur non presentando più i sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per Sars-CoV-2: in caso di assenza di sintomatologia da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie» in caso di fragilità.

Quando l’isolamento riguarda anche il farmacista?

Ma che cosa succede nel caso in cui titolare o dipendente entri a contatto con un caso positivo al tampone – un convivente, un famigliare o una persona con cui si è avuto un contatto stretto? A ricordare la prassi da seguire, di recente, è stata la Fofi, che ha ribadito come «ai farmacisti, agli operatori delle farmacie e ai dipendenti delle parafarmacie non si applica la misura della quarantena precauzionale. Tali lavoratori sono comunque sottoposti a sorveglianza» da parte della Asl o del medico di medicina generale, che verificheranno eventuale comparsa dei sintomi, «ma possono continuare a operare, mentre dovranno sospendere l’attività lavorativa nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per Covid-19 (art. 14 D.L. 18/2020, convertito da L. 27/2020)».

Inps chiarisce il trattamento previdenziale in caso di contagio

Sulla quarantena precauzionale e sull’isolamento, di recente è intervenuto anche l’Inps per fornire chiarimenti in merito alla copertura previdenziale: come riferisce una circolare Fofi, se, nel caso di «quarantena precauzionale, che non configura un’incapacità temporanea al lavoro, non eÌ possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera, è invece evidente che in caso di malattia accertata da Covid-19 il lavoratore eÌ temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno». Nel caso, però, in cui sia attivo un provvedimento di cassa integrazione si riscontra «il venir meno della possibilità di poter richiedere la specifica tutela prevista in caso di evento di malattia», per il «principio della prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia».

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