Anno: XXV - Numero 85    
Giovedì 16 Maggio 2024 ore 13:00
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Carenza Mmg, i comuni del Nord offrono incentivi.

Perplessità al Sud.

Carenza Mmg, i comuni del Nord offrono incentivi.

Mancano camici al Nord e così i comuni mettono a disposizione locali a giovani medici di medicina generale per aprire lo studio in convenzione. Domande come messaggi in bottiglia varcano sempre più i confini dell’Asl e regionali. Il comune di Venezia, ad esempio, ha diffuso uno spot per invitare i camici di altre zone del Paese “nella città più bella del mondo”, dove sarà possibile avere studio, collaboratori, infermieri gratis, e un aiuto (più generico) a trovare alloggio. Analoghi sforzi si registrano in Piemonte e Lombardia. E qualcuno da lontano arriva pure. Così il presidente dell’ordine di Napoli Bruno Zuccarelli ha paventato che un Nord capace di dare facility economiche a giovani medici di famiglia potrebbe far perdere professionisti nel Meridione. In una lettera aperta due Mmg campani, Massimo De Micco e Danilo Petrone, gli danno di fatto ragione; il rischio di emigrare per i medici del Sud c’è, e si deve però anche ad atti delle aziende sanitarie locali. Loro due, ad esempio, sono stati costretti a ricorrere al Tar, «poiché alcune Asl hanno pubblicato meno ambiti carenti di medicina generale a ciclo di scelta, rispetto al numero reale e necessario». Sviste che generano disamore. I flussi in uscita comunque non sarebbero così ingenti, come spiega Fiorenzo Corti vice segretario Fimmg (lombardo): «E’ vero che in certe aree del Sud si fa qualche volta ancora fatica a trovare un posto una volta usciti dal corso di formazione, ma è anche vero che se fare medicina generale al Nord fosse davvero attrattivo, in Lombardia non si sarebbero presentati al test per entrare nel triennio meno candidati (620) di quante erano le borse in palio (640); e all’apertura dei corsi triennali non si sarebbero presentati solo i 270 che alla fine si sono registrati, pari a meno della metà dei prescelti. Un numero che rischia di decrescere ulteriormente quando si aprirà l’accesso al test per la specializzazione». La professione vive dunque una crisi di attrattività, indipendentemente dalla latitudine. A conferma della riflessione di Corti, il dato che i nuovi convenzionati lombardi «non arrivano dall’Italia, ma dall’Est Europa, dal Sud America, dal Medio Oriente, dal Nord Africa. Ci piacerebbe vedere qualche italiano, ma pochi vogliono fare il Mmg, e non solo qui. A livello nazionale credo non basterà aumentare le borse di studio. Si dovrà cambiare strategia, inserire la formazione post-laurea in un percorso universitario di specializzazione con borse adeguate ed insegnamenti da attuarsi negli studi di medici di famiglia tutor, presso chi, cioè l’attività la svolge ogni giorno».

Per Corti, nulla c’è di male se un comune, una Onlus, un ente pubblico o privato mette a disposizione delle risorse per avere una medicina di famiglia “vicina”. «A volte anche le farmacie mettono a disposizione loro stanze. In quest’ultimo caso, magari, un giovane collega ambizioso deve sapere che potrebbero esserci interessi divergenti; tendenzialmente sia la farmacia sia il medico di famiglia ambiscono a fare diagnostica sul territorio, e per evitare malintesi da competizione bisogna parlarsi. Lo stanno facendo Fimmg e Federfarma per crescere insieme e far crescere l’assistenza territoriale con forme di collaborazione. In questa sede pongo più che altro l’esempio del “giovane collega ambizioso” perché credo che, così come fa bene Federfarma a porre l’accento sulla farmacia come risorsa del territorio anziché sul farmacista, anche il medico di famiglia, giovane e meno, dovrebbe porre attenzione all’offerta della propria struttura, ed al valore del personale di studio, che dovrebbe essere dipendente suo e non di altre realtà, incluse quelle che lo ospitano. Servono ragionamenti individuali di prospettiva».

Ma come fa un medico a pensarsi datore di lavoro se sempre più gli si parla di passaggio a dipendenza del Servizio sanitario? «Il nostro contratto di liberi professionisti convenzionati può convivere ancora a lungo con il contratto della dipendenza SSN e con altre forme contrattuali che si sono evolute e rese competitive rispetto ad esso. Penso ai rapporti nell’ospedalità privata o agli stessi colleghi convenzionati per la specialistica ambulatoriale che operano negli ospedali. Credo -aggiunge Corti – che più dello spettro del passaggio a dipendenza oggi a frenare i giovani sia …il commercialista. Molti colleghi hanno un regime fiscale forfettario che viene penalizzato sia se effettuano prestazioni oltre un certo tetto, sia se sostengono costi particolari, come l’assunzione di personale; però bisogna pensarsi professionisti e attrezzati per dare un futuro alla nostra attività».

Una mano a fermare gli esodi dalle regioni più svantaggiate in teoria può offrirla l’emendamento della deputata Marta Schifone che, approvato un mese fa nel decreto legge Enti, consente di avere 1000 assistiti (e non più solo 850) ai medici di continuità assistenziale già convenzionati nel SSN a 24 ore a settimana. La Segretaria Fimmg Continuità Assistenziale Tommasa Maio in questi giorni sta però chiedendo alle Asl di assicurare ai medici a doppio incarico «piena ed immediata applicazione alla normativa, assicurando omogeneità in tutta la Penisola». Le Asl che ad esempio pensassero di togliere l’incarico a 24 ore prenderebbero una decisione in violazione della legge «foriera di un danno giuridico-patrimoniale rilevantissimo e da ristorare».

Tratto Da Doctor 33.it

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