Anno: XXV - Numero 72    
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L’ergastolo processuale propugnato dalla riforma Bonafede sulla prescrizione

Una riforma che l’Unione delle Camere Penali Italiane sta avversando fin dalla sua genesi, quando con un colpo di mano venne inserita nella c.d. “Spazzacorrotti”

L’ergastolo processuale propugnato dalla riforma Bonafede sulla prescrizione

Come è ormai noto, in questi giorni concitati i politici espressione della maggioranza e della opposizione si stanno scontrando sulla necessità di rinviare o meno la norma che dall’1 gennaio 2020 determinerà, nella sostanza, la cancellazione della prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado. Una riforma che l’Unione delle Camere Penali Italiane sta avversando fin dalla sua genesi, quando con un colpo di mano venne inserita nella c.d. “Spazzacorrotti”. Occorre pertanto esplicitare le ragioni di questa ferma opposizione dell’avvocatura penalista alla entrata in vigore della norma ormai definita “scellerata”.  La realtà del processo penale sfugge alla generalità dei cittadini, a meno che non abbiano avuto la sventura di imbattersi in esso. In linea con quanto viene filtrato all’esterno, le persone hanno imparato invece a conoscere i processi mediatici ricostruiti suggestivamente dagli organi di informazione. È di ieri la notizia che gli indagati del disastro di Rigopiano sono stati tutti archiviati e la reazione, umanamente comprensibile delle persone offese, è la mancata accettazione del provvedimento del Giudice ed anzi una sua aspra critica proprio perché sugli organi di informazione le persone sottoposte ad indagine erano state già presentate come colpevoli senza che l’accertamento della loro responsabilità fosse stato prima accertato all’esito delle indagini o di un processo. Il processo ha la funzione di proteggere i diritti fondamentali di chi vi è sottoposto in modo che egli possa difendersi nel modo migliore possibile. E quale difesa efficace può essere espletata quando il processo viene celebrato a distanza di molti anni dal fatto? I testimoni non ricordano o sono imprecisi nel ricordare e la possibilità di ricostruzioni alternative del fatto rispetto a quelle offerte dalla pubblica accusa sono assai più difficili. La prescrizione va pertanto collegata alla funzione della pena quale cristallizzata nella nostra Costituzione: e cioè la riabilitazione e il reinserimento sociale di chi ha commesso un reato ed è stato condannato. Quando trascorre molto tempo, e questo varia in funzione della gravità del reato, cessa non solo l’interesse dello Stato a perseguire la persona ma anche l’utilità ai fini del suo reinserimento sociale, soprattutto se quella persona non ha più commesso ulteriori reati ed è quindi radicalmente diversa rispetto all’epoca di sua commissione. La conseguenza della norma che cancella la prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, di condanna o assoluzione che sia, determina una conseguenza terribile per la persona imputata: un processo tendenzialmente pendente per sempre o comunque per un tempo incompatibile con la ragionevole durata del processo. Per questo si parla di “ergastolo processuale”. Il cittadino, imputato o persona offesa, è costretto a subire l’inefficienza dello Stato che dovrebbe garantire il giusto processo e la sua ragionevole durata, con ricadute negative sulla famiglia, sul lavoro, sulla vita sociale. Oggi questa cultura del giusto processo si è persa perché si vuole affermare una idea vendicativa del diritto penale. La pena diviene vero e proprio castigo ed esso deve consistere sempre e solo nel carcere. Le recenti dichiarazioni dell’On. Di Maio secondo cui “se qualcuno sbaglia deve pagare e non può farla franca perché il processo si è dilungato” dimostrano quanti preconcetti affliggano questa politica giustizialista.  Il rispetto delle garanzie difensive nel processo sono viste come un inutile orpello se non come un ostacolo mal tollerato, a scapito dei principi dell’art. 111 della Costituzione.

Al riguardo occorre fare chiarezza e ribadire che con grandissima percentuale la ragione che porta alla prescrizione dei reati risiede nel lungo tempo delle investigazioni e nella inattività degli uffici giudiziari tra una fase e l’altra, soprattutto una volta terminate le indagini perché in moltissimi casi passa un ulteriore e assai dilatato periodo di tempo prima che l’azione penale venga esercitata oppure venga richiesta l’archiviazione, magari proprio perché nel frattempo il reato si è prescritto. La abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio farà sì che fin da subito il tempo per le indagini preliminari e anche la data di fissazione dei processi si attesteranno sul lungo tempo a disposizione prima del maturare della prescrizione per celebrare il primo grado e quindi la durata dei processi diventerà irragionevolmente perpetua. Con la “Maratona oratoria” gli avvocati penalisti chiedono al Parlamento e al Governo di abrogare quella norma per ristabilire la costituzionalità della disciplina. Al contrario occorre prima ragionare in termini di approntamento di una riforma del processo penale che abbrevi sì i tempi del processo ma senza cancellare le garanzie difensive. Senza questa riforma l’attuale sistema processuale imploderà causando un danno irreparabile al “sistema Giustizia” del nostro Paese.

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