LEONE XIV ROBERT FRANCIS PREVOST È IL NUOVO PAPA
Agostiniano, missionario in Perù per 10 anni, chi è il primo statunitense al Soglio di Pietro
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È bianca la terza fumata dal comignolo sul tetto della Cappella sistina: i cardinali riuniti in conclave hanno eletto il nuovo Papa. Piazza San Pietro esplode in una ovazione poco prima delle 18.10, quando dal comignolo inizia a uscire la fumata bianca che annuncia l’elezione del nuovo Papa.
C’è chi corre in avanti e chi si abbraccia, mentre le campane della Basilica iniziano a suonare. “Viva il papa, viva il papa”: sono i cori intonati da fedeli in piazza San Pietro, in attesa che sia reso noto il nome del nuovo papa, appena eletto. Anche Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, è in Piazza che attende di conoscere il nuovo Pontefice.
Stando alle norme della costituzione apostolica, perché un candidato sia scelto servono i due terzi dei voti, cioè 89 cardinali su 133 votanti.
Il quorum necessario è stato dunque raggiunto nel secondo giorno di scrutini.
PREVOST, L’OUTSIDER USA ARRIVATO DAL PERÙ
Attualmente, come prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina ha un ruolo cruciale nella selezione e nella supervisione dei vescovi a livello globale.
Nato a Chicago, Illinois, nel 1955 da madre di origini spagnole e padre di origini francesi e italiane, sacerdote dal 1982, è entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino nel 1977, e ha emesso i voti solenni nel 1981. Ha studiato teologia presso la Catholic Theological Union di Chicago e ha conseguito ulteriori titoli accademici presso la Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino a Roma. La sua vocazione missionaria lo ha portato in Perù, dove ha servito come parroco, docente e amministratore in diverse diocesi, accumulando un’esperienza pastorale significativa in un contesto culturale diverso dal suo paese d’origine. In tutto è stato missionario in Perù dal 1985 al 1999, quando tornò a Chicago come provinciale della provincia agostiniana locale. Dal 2001 al 2013, per due sessenni, è stato priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino. Dal 2013 al 2014, prima della nomina ad amministratore apostolico, e poi di vescovo, di Chiclayo, è stato direttore della formazione nel convento di Sant’Agostino a Chicago, primo consigliere e vicario provinciale della provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio.
Dal 2001 al 2013, Prevost ha ricoperto il ruolo di priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, guidando l’ordine a livello mondiale per due mandati consecutivi. Nel 2014, Papa Francesco lo ha nominato vescovo di Chiclayo, in Perù, riconoscendo la sua dedizione e il suo servizio nella regione. Successivamente, nel 2020, è stato nominato amministratore apostolico della diocesi di Callao. Attualmente, come prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina ha un ruolo cruciale nella selezione e nella supervisione dei vescovi a livello globale, influenzando significativamente la realizzazione della riforma della Chiesa sognata da Bergoglio. La sua nomina a questa carica è stata vista come un segnale dell’importanza crescente delle esperienze missionarie e pastorali nella governance della Chiesa, mentre la sua esperienza missionaria in America Latina, combinata con il ruolo chiave occupato nella Curia romana, lo pone tra gli eredi piu’ fedeli di Papa Francesco segnalandolo come un continuatore fedele delle riforme avviate da Bergoglio. La sua competenza nel governo pastorale e la sua capacita’ di dialogo lo hanno reso una figura di rilievo nelle discussioni sul futuro della Chiesa. Si tratta dunque di una delle voci più autorevoli nel panorama ecclesiale contemporaneo.
E sue recenti dichiarazioni offrono uno sguardo profondo sulle sfide e le speranze della Chiesa. In un’intervista a Vatican News, Prevost ha delineato l’identikit del vescovo nel contesto attuale: “Il vescovo è un pastore vicino al popolo, non un manager. Spesso ci siamo preoccupati di insegnare la dottrina, ma rischiamo di dimenticare che il nostro primo compito è comunicare la bellezza e la gioia di conoscere Gesù”. All’interno di questa visione, ha sottolineato anche l’importanza della trasparenza e dell’accompagnamento delle vittime di abusi, affermando con chiarezza che “il silenzio non è la soluzione”.
Durante il cammino sinodale, il cardinale ha riflettuto sulla necessita’ di rendere più inclusivo il processo di selezione dei vescovi: “La domanda è: come puo’ questo processo di ricerca dei candidati essere reso più sinodale e includere la maggiore partecipazione non solo dei vescovi, ma anche di sacerdoti, religiosi e laici?”. La sua attenzione alla sinodalità emerge anche nel modo in cui affronta il dibattito sull’ordinazione femminile: “La clericalizzazione della donna non necessariamente risolve il problema, anzi potrebbe crearne uno nuovo”, ha affermato, invitando la Chiesa “a guardare a una concezione diversa della leadership e del servizio”.
Per Prevost, la comprensione del rapporto tra Chiesa universale e comunità locali richiede uno sguardo più profondo: “La Chiesa universale non va vista semplicemente come il totale dei pezzi di tutte le parti; essa è presente in ognuna delle chiese locali. Non dobbiamo cercare di capire questo come una questione di matematica o geografia, ma vederlo a un livello più profondo di comunione”. Durante una celebrazione ad Andria, ha offerto una riflessione spirituale centrata sulla conversione: “Dio sempre ci chiama alla conversione, e soprattutto in questo tempo di quaresima; ci parla attraverso la preghiera, la Scrittura e i buoni consigli che riceviamo nella confessione.
E Lui sempre è pronto ad accoglierci con le braccia aperte”. Infine, in occasione della memoria liturgica di Santa Rita a Cascia, il cardinale ha lanciato un accorato appello per la pace: “Santa Rita ci aiuti ad avere il dono della pace nel mondo, specialmente in Medio Oriente, in Ucraina e in tanti posti dove il grido degli innocenti non viene ascoltato”. Le parole del cardinale Prevost riflettono una visione della Chiesa come comunità unita, aperta al dialogo e radicata nella speranza. La sua esperienza pastorale e la sua attenzione ai segni dei tempi offrono una guida preziosa per affrontare le sfide del presente con uno sguardo fiducioso verso il futuro.
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