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IL COVID UCCIDE 38MILA PROFESSIONISTI

Presentata a Roma l’edizione 2021 del rapporto Confprofessioni. Stella: un primo passo la mini riforma dell’Irpef, ora affrontare il tema del forfait

IL COVID UCCIDE 38MILA PROFESSIONISTI

Sos dal lavoro autonomo. Dal 2009 sono 800mila i lavoratori indipendenti che hanno chiuso l’attività. Finora, all’interno del segmento, i professionisti erano andati in controtendenza, ma la pandemia ha obbligato molti studi a gettare la spugna: nel 2020 si sono persi 154mila posti di lavoro indipendente e di questi 38mila sono liberi professionisti (-2,7%).

La contrazione, per i liberi professionisti, arriva al termine di un decennio di forte crescita, con oltre 250mila ingressi. Tuttavia, anche per i liberi professionisti il risultato negativo, con la crisi pandemica, non può essere letto come una semplice svista nel percorso. Si tratta invece di un preoccupante segnale di debolezza del comparto.

L’allarme arriva dal VI rapporto sulle libere professioni, curato dall’Osservatorio di Confprofessioni, la confederazione delle sigle sindacali delle attività ordinistiche, presentato il 16 dicembre a Roma nel Parlamentino del Cnel. A commentare i risultati il sociologo Paolo Feltrin, che è il regista del database di Confprofessioni, Gaetano Stella, presidente della Confederazione, e Tiziano Treu, giuslavorista e presidente del Cnel.

Secondo il rapporto, il calo ha risparmiato le professioni non ordinistiche, che anzi hanno fatto registrare un aumento dello 0,5%, mentre si è fatto sentire soprattutto nel settore «commercio, finanza e immobiliare», dove il crollo è stato dell’11,7 per cento.

Particolarmente colpito è il Nord Italia. Questo fattore va letto in parallelo con il calo dei liberi professionisti datori di lavoro, che in un anno sono diminuiti del 7 per cento. Proprio questo dato dimostra come all’interno delle realtà professionali l’equilibrio economico-finanziario sia precario e come talvolta basti un costo di struttura per andare in squilibrio.

Feltrin ha sottolineato come da anni le libere professioni non riescano a essere attrattive per i giovani laureati, che preferiscono la carriera all’interno del lavoro dipendente.

Infine i redditi: per gli iscritti alla gestione separata Inps la media è passata da 25.600 a 24.100 (-5,7%). Per i professionisti che fanno riferimento alle Casse nel 2018/2019 il reddito medio si è attestato su 35.500 euro, in calo rispetto ai 37.300 euro del 2010; confermato il gap a svantaggio delle donne. Di fronte a questa realtà si fa appello alla politica. L’agenda – ha ricordato il presidente Stella – è ricca.

Dall’equo compenso alle tutele in caso di difficoltà lavorative, dalla riforma del fisco agli incentivi per un’organizzazione più strutturata. Capitoli sui quali è arrivata l’apertura del ministro per gli Affari regionali, Maria Stella Gelmini, che senza mezzi termini ha riconosciuto come la legge sull’equo compenso, all’esame del Senato, vada profondamente corretta.

Un punto su cui si sono trovati d’accordo i parlamentari che sono intervenuti nel dibattito, trai quali Simone Pillon (Lega) e Chiara Gribaudo (Pd) . In particolare andrà corretto il ruolo degli Ordini, che nel testo attuale possono stipulare convenzioni per pilotare i compensi professionali.

Andrea de Bertoldi (Fdi) ha ricordato la battaglia per la sospensione dei termini degli adempimenti professionali in caso di malattia. Tommaso Nannicini, presidente della Commissione parlamentare per il controllo sugli enti previdenziali, ha spiegato che in legge di Bilancio potrebbe essere approvato un emendamento contro il doppio contributo integrativo, del socio e della società, nel caso di esercizio collettivo dell’attività.

Sulla mini riforma dell’Irpef – ha commentato Stella – si è mitigata la sperequazione nella tassazione a svantaggio degli autonomi. Si tratta di un primo passo, anche se si deve affrontare il tema del forfait, che in molti casi costituisce una forma di concorrenza sleale all’interno dell’universo professionale tra chi deve fatturare con Iva e chi è escluso. «La tassazione sostitutiva – ha concluso Stella – ha senso all’inizio della professione, ma occorre evitare alla lunga uno strumento che penalizza lo sviluppo e le alleanze professionali».

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