Il pacifismo di Conte fa male a Schlein
Sulla pace (nel senso di “lasciateci in pace, dell’Ucraina non ci importa nulla”) i Cinque stelle prosperano a danno del Pd. Salvini invece non intacca Meloni.

Se domani si andasse a votare, chi trarrebbe vantaggio, almeno in Italia, dalla linea cosiddetta “pacifista”, ossia anti-Ucraina e filo-Putin? E soprattutto tale linea è in grado d’influenzare l’opinione pubblica fino a modificare la tendenza che si riflette nelle “intenzioni di voto”? A lungo si è dubitato che le uscite pubbliche dei vari Conte e Salvini, condivise dai Fratoianni e dai Bonelli, avrebbero ottenuto risultati. Ora si vede che tutti costoro non si limitano a guadagnare visibilità promettendo la pace perpetua se appena gli ucraini deporranno le armi, a differenza dei russi che possono permettersi di tenerle (e di usarle, beninteso).
Ogni lettore può decidere da sé quale strada seguire. Ma è un fatto che forse in nessun altro paese dell’Occidente europeo si è visto un simile dispiegamento di argomenti “pacifisti”, all’insegna di un tema che si può riassumere così: “Lasciatemi in pace, dell’Ucraina e della guerra non m’importa un fico secco; quello che desidero è continuare a fare la mia vita di sempre senza interferenze”. Può sembrare un manifesto dell’indifferenza e senz’altro lo è. Ma nessuno può costringere qualche decina di migliaia di giovani italiani a sentire l’”urgenza” di un intervento militare a favore di uno Stato aggredito in piena Europa. Tant’è. E in definitiva a chi giova questo valzer abbastanza indegno, comunque unico in Italia rispetto al resto dell’Unione?
Se guardiamo all’ultima super-media di YouTrend, l’insostituibile raccolta dei lavori dei maggiori istituti demoscopici, ci accorgiamo di un dato esplicito. Il “pacifismo” erode consensi soprattutto al Pd, mentre chi ingrassa è il movimento ex grillino oggi guidato da Conte. Il partito di Elly Schlein sarebbe al 21,8, percentuale molto bassa, invece i 5S sono al 12,5 per cento. Per il resto, in buona salute i Verdi e pacifisti di Fratoianni e Bonelli; in costante difficoltà i centristi di Renzi e di Calenda. A destra, il tema anti-Ucraina, che è appannaggio della Lega, non premia il partito di Salvini: il guadagno vale un insignificante 0,1 per cento, a dimostrazione del fatto che a sinistra si è più in sintonia con quel tipo di elettorato. E poi stare all’opposizione regala chiarezza alla posizione. Chi è al governo, come Salvini, paga invece un tributo al realismo di cui deve farsi carico qualsiasi esponente dell’esecutivo che non sia un irresponsabile.
In altre parole, Conte dà l’impressione di riuscire a trascinare il Pd sulla linea apertamente anti-Nato e comunque anti-occidentale. Salvini invece conta troppo poco per minacciare Giorgia Meloni. La quale sulla linea a favore di Kiev è stata fin qui coerente e continuerà a esserlo: Fratelli d’Italia si attesta su una cifra vicina al 30 per cento, mentre il leale Tajani colloca Forza Italia oltre il 9 per cento. Tutto questo è un problema in più per il Pd. La sua posizione sulla guerra in Ucraina non è convincente. È troppo timida per piacere all’ortodossia atlantica e troppo reticente per sedurre i “pacifisti” che preferiscono rivolgersi direttamente ai 5S. In concreto, si delinea una linea che sarebbe incompatibile con qualsiasi eventuale governo di centro-sinistra, anche in piena stagione trumpiana. Il Pd dovrà cambiare qualche elemento chiave della sua proposta politica, se non vuole continuare a farsi erodere da Conte. Con la prospettiva di restare all’opposizione ancora molti anni.
Di Stefano Folli su HuffPost
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