Sì alla legge dell’equo compenso senza modifiche, o si rischia
L’Organismo congressuale forense: Forte preoccupazione visto che al Senato è piovuta una raffica di richieste, avanzate anche da professioni non ordinistiche.
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Capita spesso: una volta colto un obiettivo, lo si sottovaluta. Schema che rischia di ripetersi per le professioni rispetto alla legge sul’equo compenso. Alla Camera è stato approvato un testo non esile, certo “menomato” in diversi punti, ma pure impreziosito da un vincolo più esplicito, anche per la Pa, a pagare avvocati e altre categorie nel rispetto di soglie minime conformi ai parametri ministeriali. Al Senato però è piovuta una raffica di richieste, avanzate anche da professioni non ordinistiche.
Più silenziosamente, sono tornati alla carica Confindustria e altri committenti forti: il parere negativo redatto, sulla legge, da tre accademici, tutti soci del prestigioso studio Chiomenti, è la spia più visibile di questo pressing. Ebbene, ad aver compreso che le insidie sono abbastanza temibili da sconsigliare una modifica del testo e l’inevitabile ulteriore lettura alla Camera, è l’Organismo congressuale forense. Che venerdì ha diffuso una nota in cui esprime «forte preoccupazione» per le «147 proposte di emendamento in commissione Giustizia» che «rischiano di rallentare e ostacolare l’iter per il varo della legge sull’equo compenso dei professionisti, nonostante l’appoggio dichiarato di tutte le forze politiche che già ne avevano condiviso il testo alla Camera».
In particolare, secondo il componente dell’Ocf Pierfrancesco Foschi, «è ovvio che l’approvazione di emendamenti che snaturino il testo approdato al Senato, provocherebbe un ritorno alla Camera e il concreto pericolo che la proposta di legge non veda la luce prima della fine della legislatura». Aggiunge il coordinatore dell’Ocf Sergio Paparo che «nell’ultima sessione del congresso nazionale forense, oltre il 94% dei delegati rappresentanti gli avvocati italiani ha approvato la mozione di sostegno e richiesta di approvazione del ddl sull’equo compenso». Cosicché, nota Paparo, «opinioni contrarie (vedi quella pubblicata recentemente dal Sole- 24Ore dei tre professori, partner di uno dei più grandi studi legali italiani) per quanto autorevoli, oltre a lasciare perplessità sul piano tecnico, si situano in radicale contrarietà alla volontà politica e alla sensibilità giuridica della totalità dell’avvocatura, prestando il fianco, o servendo un’insperata sponda, alla pressante azione di ostacolo che le lobbies dei contraenti più forti ( banche, assicurazioni e grandi società committenti di servizi legali e professionali) interessate da questa legge esercitano da tempo per paralizzarla, in spregio al chiaro sostegno che sino a poche ore fa tutte le forze politiche avevano proclamato e assicurato nel corso di questa legislatura».
A pensarla così è anche il presidente dell’Aiga Francesco Paolo Perchinunno, che invita a «non sottovalutare il significato effettivo della norma che estende pienamente, anche alla Pa, l’obbligo di riconoscere compensi non inferiori ai parametri: di fatto viene ristabilito il principio dei minimi scomparso 15 anni fa. La legge va approvata senza modifiche e senza esporsi a rischi insensati».
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