Processi civili e penali: l’obiettivo è ritornare al confronto diretto
Rivedere la riforma Cartabia per riportare la discussione orale in udienza al centro sia del processo civile che di quello penale.
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È la richiesta che il presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco, durante il Congresso nazionale forense di metà ottobre, ha formulato al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. E che il Guardasigilli ha accolto, con un «sì condizionato: dopo il referendum ci porremo mano e vogliamo farlo entro la fine della legislatura», ha detto agli avvocati. Intenzione confermata, per quel che riguarda la giustizia civile, anche nell’intervista pubblicata sul Sole 24 Ore del 14 novembre.
Nel dettaglio, la domanda di correzione investe le procedure introdotte dalle riforme della giustizia civile (decreto legislativo 149/2022) e penale (decreto legislativo 150/2022), che hanno nei fatti stabilizzato i sistemi pensati durante la pandemia.
Il cambio di passo non sarà immediato. Lo stesso Greco ha chiesto che gli interventi avvengano solo una volta terminato il periodo di osservazione dell’Italia per gli obiettivi Pnrr, per cui la scadenza è fissata al 30 giugno 2026. Ma già sono state presentate al Senato due proposte di legge a cui potrebbe appoggiarsi il ripristino dell’oralità nel processo civile (atto Senato 1502, prima firmataria Erika Stefani, Lega) e in quello penale d’appello (atto Senato 1217, primo firmatario Pierantonio Zanettin, Fi).
Su quest’ultimo, presentato ad agosto del 2024, la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha già avviato l’esame. Il testo mira a intervenire sulla disciplina attuale, introdotta dalla riforma, che prevede come regola il procedimento cartolare con la decisione in camera di consiglio della corte d’appello, mentre la discussione orale in udienza è limitata ai casi in cui le parti chiedano di partecipare al giudizio (o se lo decide d’ufficio la corte). Uno schema ribaltato dalla proposta di legge, che prevede che di regola il giudizio d’appello si svolga con la partecipazione delle parti: solo l’imputato potrà rinunciare a questo diritto, chiedendo che l’impugnazione sia trattata senza la partecipazione delle parti. La rinuncia potrà essere formalizzata solo personalmente o tramite un procuratore speciale: una modalità stabilita, come si legge nella relazione, «per rafforzare la consapevolezza della scelta dell’imputato di rinunciare a un proprio diritto».
L’esame in commissione, avviato in primavera con un ciclo di audizioni, è stato sospeso a fine maggio su richiesta del Governo per evitare impatti sugli obiettivi Pnrr.
Alla commissione Giustizia del Senato è stata assegnata anche la proposta di legge che mira a ripristinare il principio di oralità per le udienze del rito civile. Il testo, in particolare, intende modificare l’articolo 127-ter del Codice di procedura, introdotto dalla riforma per regolare la sostituzione dell’udienza con il deposito di note scritte. Nel dettaglio, la riforma ha consentito di procedere sempre in via cartolare, al posto dell’udienza, anche se già fissata, se questa non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. La proposta di legge limita invece la possibilità di sostituire l’udienza con il deposito di note scritte ai casi in cui lo chiedano tutte le parti costituite.
Secondo la relazione, questa deroga al modello cartolare non ne compromette tuttavia i principi ispiratori, perché «consente una gestione più flessibile e conforme alle specificità delle controversie».
Il ripristino dell’oralità, secondo Zanettin, primo firmatario della proposta di legge sull’appello penale e relatore di quella sul processo civile, va letto anche nel quadro «dell’intelligenza artificiale che incombe: occorre tornare al confronto dialettico di fronte al giudice per restituire agli avvocati un ruolo da protagonisti e dare spazio al loro contributo originale. Con il procedimento cartolare il rischio di appiattimento è elevato».
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