Mancato aggiornamento professionale, il Cnf “salva” il legale dalla sospensione
Per il Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Napoli), sentenza n. 136/2024, resa nota in questi, giorni la sospensione di due mesi disposta dal Cdd di Milano è “sproporzionata” anche se l’avvocato è recidivo.
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L’avvocato non può giustificarsi per non aver adempiuto agli obblighi formativi adducendo “intensi impegni lavorativi” e il “poco tempo a disposizione essendo stato impegnato nelle attività di trasloco per l’apertura del nuovo studio”. Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Napoli), sentenza n. 136/2024 , resa nota in questi, affermando che “l’intensa attività lavorativa non può costituire una scriminante per l’inosservanza dell’obbligo”.
L’avvocato, infatti, è tenuto ad adempiere ai doveri formativi “che sorgono dal momento stesso dell’iscrizione all’albo, doveri che non possono subire deroga alcuna in caso di impegni professionali tanto assorbenti da precludere la stessa materiale possibilità di acquisire i crediti formativi giacché, diversamente argomentando, tale onere finirebbe nel poter essere adempiuto con le modalità regolamentari solo dall’iscritto all’albo che svolga la propria attività in modo marginale, episodico e discontinuo, ovvero attribuendo una inammissibile discrezionalità al singolo iscritto nell’acquisizione dei crediti previsti”.
Il legale si era difeso sostenendo che i certificati di partecipazione erano andati bruciati in un incendio che aveva colpito lo studio. Per il Collegio tuttavia dal verbale dei VVFF e della relazione tecnico si evince che l’incendio “è stato domato e spento rapidamente e che l’unico locale interessato dalle fiamme e dal fumo sarebbe stata la reception dello studio”. Mentre il ricorrente “non ha fornito prova del fatto che gli attestati di partecipazione dei corsi a cui asserisce aver partecipato siano andati distrutti a causa dell’incendio, avendo rinunciato a sentire i testimoni indicati al riguardo, e tanto meno fornisce prova alcuna circa l’avvenuta iscrizione o partecipazione agli eventi formativi (che sarebbe ben stato possibile procurarsi)”.
Del resto, prosegue la sentenza, l’incendio si è verificato in un momento successivo (oltre sette mesi dopo) rispetto alla scadenza del termine del triennio formativo 2014-2016 oggetto di verifica. E diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, l’articolo 70, co. 6, NCDF prevede un vero e proprio “obbligo” di formazione. Ai sensi dell’articolo 11, reg. n. 6/2014, il periodo di valutazione dell’obbligo di formazione ha durata triennale e comincia a decorrere dal 1° gennaio successivo alla data di iscrizione all’albo con conseguente scadenza il 31 dicembre dell’ultimo dei tre anni considerati.
Inoltre, gli eventi formativi non accreditati non comportano automaticamente assolvimento dell’obbligo in questione. Tanto meno, prosegue la decisione, la generica formazione in proprio è sufficiente ad assolvere l’obbligo formativo de quo mediante l’autoreferenziale richiamo ad una attività di aggiornamento e formazione generica come argomentato dall’incolpato.
Infine, il Cnf ricorda che l’obbligo formativo “è conforme a Costituzione e tutela la collettività garantendo la qualità e la competenza dell’iscritto all’albo, ai fini del concorso degli avvocati al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale”.
Il Consiglio ha invece accolto il ricorso con riguardo alla congruità della sanzione (sospensione per due mesi dalla professione forense). Il Collegio ricorda che la sanzione edittale indicata dall’articolo 70.6, CDF è l’avvertimento. Ma anche che essa può essere aggravata in sospensione fino a due mesi avuto riguardo al comportamento complessivo dell’incolpato ed alle peculiarità della fattispecie concreta.
“È ben vero – argomenta allora il Cnf – che appare significativa in proposito la dichiarazione resa dall’incolpato in sede di comparizione laddove ha affermato “neppure per il triennio successivo ho conseguito alcun credito formativo”, ammettendo così di aver posto in essere un ulteriore illecito disciplinare”. “Tuttavia – conclude -, l’aggravamento della sanzione edittale dell’avvertimento praticata dal CDD appare agli occhi di questo Consiglio sproporzionato, ritenendo più appropriato l’aggravamento della sanzione edittale nella censura”.
di Francesco Machina Grifeo su Il Sole 24 Ore
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