Anno: XXV - Numero 71    
Mercoledì 24 Aprile 2024 ore 16:45
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Liti, minacce, sospensioni e poi l'accordo con M5s. Draghi incassa la riforma della giustizia

Sette ore di tira e molla, di liti furiose e di mediazioni, di telefoni bollenti e discussioni. Sette ore tra sospensioni e riprese impiega il Consiglio dei ministri per trovare la quadra sulla riforma della giustizia penale.

Liti, minacce, sospensioni e poi l'accordo con M5s. Draghi incassa la riforma della giustizia

Le danze si dovevano aprire alle 11.30, cominceranno oltre un’ora dopo. Giuseppe Conte presidia il territorio, si installa alla Camera con la buona motivazione di dover incontrare i deputati e da lì dirige le danze. Marta Cartabia arriva con il testo, ma l’accordo non c’è. I 5 stelle avevano già spuntato l’imprescrittibilità dei processi per mafia e terrorismo, togliendo quei reati dai nuovi tempi della fine del processo individuati dal ministro della Giustizia, due anni in appello e uno in Cassazione. Una trattativa estenuante e complessa, che sembrava arrivata ieri in drittura d’arrivo dopo l’incontro tra Mario Draghi e Matteo Salvini. La Lega ha incassato lo stesso trattamento per i reati di violenza sessuale e di droga, pianta le sue bandierine e fumata bianca in arrivo.

Ma la mattinata si apre con densi nuvoloni neri che si addensano sulla sala del Cdm. Conte alza ancora la posta: chiede di inserire la possibilità per i magistrati giudicanti di allungare i tempi del processo. Ma soprattutto chiede che anche i reati non tecnicamente di mafia ma ai quali viene contestata l’aggravante mafiosa siano espunti dalla riforma e possano durare sine die. Vale a dire tutti quei tipi di reati per cui l’imputato, pur non essendo legato alla criminalità organizzata, si rende protagonista di un comportamento minaccioso tale da richiamare i metodi mafiosi (le stesse accuse mosse dai pm nel caso di Mafia capitale).

 

Qui la trattativa si inceppa. Mario Draghi si infuria quando gli spiegano che i ministri del Movimento 5 stelle non ci sono, chiusi in una call con il leader per capire fino a che punto spingersi nella trattativa. Conte è irremovibile: l’aggravante mafiosa deve rientrare nel pacchetto. A Palazzo Chigi il Cdm inizia senza il Movimento 5 stelle. Parte una girandola di telefonate, iniziano le pressioni su Enrico Letta. L’irritazione di Palazzo Chigi nei confronti del segretario Pd è profonda, sua l’apertura a modifiche dopo il primo accordo in Consiglio dei ministri che “ha resuscitato un Conte che era da solo”, spiega una fonte di governo. Letta sente l’alleato, a Palazzo circolano voci di un suo arrivo a Montecitorio e di un faccia a faccia, l’ex premier sembra irremovibile. Parte un grottesco via vai di ministri pentastellati tra Palazzo Chigi e la Camera, Federico D’Incà e Stefano Patuanelli vanno a riferire a Conte, poi tornano insieme anche a Fabiana Dadone. Poi tornano con un mandato: se il testo non cambia M5s si astiene. Lega protesta per l’ennesima modifica, Forza Italia storce il naso, Draghi sempre più irritato sospende il Cdm.

 

È il primo pomeriggio, alcuni ministri fanno cento metri e si palesano in Aula per rispondere al question time, gli altri rimangono chiusi nella sala del Consiglio a trattare. Il clima è tesissimo, il capogruppo pentastellato al Senato Ettore Licheri è sulla linea dell’intransigenza, il collega alla Camera Davide Crippa è più morbido, ma la partita si gioca a un livello superiore. Draghi e Conte si sentono, messaggeri portano biglietti e ambasciate, ma non si capiscono, il punto di caduta non si trova. Si muove il Partito democratico, sono Dario Franceschini e soprattutto Andrea Orlando a tentare di trovare una formula che non mandi tutto gambe all’aria. L’ex Guardasigilli sonda il terreno su una formulazione intermedia: se i tempi per i reati con aggravante mafiosa fossero più lunghi se lo chiedono i magistrati titolari del processo? Si intravede uno spiraglio, è decisivo il lavoro di mediazione di Luigi Di Maio, che insieme a D’Incà è quello che più di tutti si spende per chiudere l’accordo. I ministri della Lega rumoreggiano, diventa decisiva la volontà di Draghi di chiudere la partita, le resistenze vengono superate. Eccolo l’accordo che viene siglato poco prima delle 19 dopo una giornata nella quale venti di crisi hanno lambito il Palazzo: per i reati di associazione mafiosa, scambio politico mafioso, associazione finalizzata allo spaccio, violenza sessuale, di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico i giudici di Appello e di Cassazione possono disporre la proroga dei processi, per i reati del primo comma del 416-bis, quelli nei quali viene contestata l’aggravante mafiosa, la richiesta di maggiore tempo non può superare i due anni. Conte spunta anche un anno in più in appello e sei mesi in Cassazione (rispetto ai due e l’uno previsti da Cartabia) per i primi tre anni di applicazione della nuova legge, considerando il periodo transitorio.

 

L’accordo è trovato, la maggioranza di governo ne esce disintegrata. “Non è la nostra riforma ma abbiamo lavorato costruttivamente per dare un contributo a migliorarla”, indora la pillola ai suoi Conte, che adesso dovrà strappare il sì del suo gruppo parlamentare. Poi attacca: “Sull’aggravante mafiosa c’è stata una durissima opposizione della Lega, e questo mi fa pensare”. Fonti della Lega rispondono a brutto muso: “Sono in lutto per il superamento della riforma Bonafede e inventano falsità”, Italia viva esulta per lo smantellamento dell’impianto su cui aveva lavorato l’ex ministro della Giustizia, il Pd con Enrico Letta festeggia lo scampato pericolo: “Ci siamo spesi per l’accordo, ne siamo contenti, Cartabia ha trovato il giusto punto di equilibrio per superare la riforma precedente senza scadere nell’impunità”, dicendo tra le righe che la legge sfornata dall’attuale alleato anche per i Dem era indigesta. Fumata bianca, dunque, ma una fumata che intossica l’aria e rende il clima tra i partiti che sostengono Draghi ancora più pesante. “Ma abbiamo superato uno dei due scogli più complicati”, spiega chi ha consuetudine con il premier. Il prossimo è la riforma fiscale, appuntamento a settembre

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