L’approvazione dell’equo compenso all’insegna del “meglio che niente” amareggia.
Di Marco (Anf) riconosciamo aspetti importanti, però è anche un’occasione persa
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“L’approvazione della legge sull’equo compenso all’insegna del meglio che niente lascia un po’ di amarezza. Ovviamente siamo consapevoli che larga parte dell’avvocatura necessita di strumenti di protezione, perché la situazione reddituale pone molti professionisti in una situazione di difficoltà e subalternità. Ma sarebbe stato di gran lunga una scelta migliore quella di trovare un punto d’incontro prima dell’approdo in aula, invece che ipotizzare un miglioramento futuro degli aspetti critici”.
Lo dichiara il segretario generale dell’A.n.f. Giampaolo Di Marco in merito al testo pronto a passare al voto dell’aula del Senato.
“Riconosciamo – continua Di Marco – ovviamente che l’attuale testo aiuta a ristabilire un equilibrio nei rapporti tra operatori economici e liberi professionisti, e imponga, ai contraenti forti e alla Pubblica amministrazione, il riconoscimento di compensi professionali rapportati ai parametri ministeriali, circostanza che permette di riconoscere un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Comprendiamo e condividiamo su questo punto la soddisfazione e l’approvazione di molti.
È stata un’occasione persa la discussione quella sull’articolo 5 comma 5 che obbliga gli ordini professionali a sanzionare i professionisti che violano l’obbligo di concordare un compenso equo, perché incomprensibilmente non si è riusciti a trovare una riformulazione. Auguriamoci poi che gli ordini professionali, ai quali viene dato il compito di concordare dei modelli standard di convenzione sui compensi dei professionisti, utilizzino questo loro nuovo potere con grande prudenza.
Siamo comunque pronti a collaborare per migliorare il migliorabile, nell’interesse della professione. Dispiace che una legge così attesa sia stata usata da molti come una bandierina elettorale, da sventolare a tutti i costi” – conclude Di Marco.
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