L’anno giudiziario dei penalisti si apre con la battaglia sui diritti
All’evento di Roma parla anche il ministro della giustizia Carlo Nordio, che alla platea promette: «La separazione delle carriere si farà». Petrelli: «Siamo pronti a sollecitare».
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«Appartenendo ad una famiglia di avvocati, conosco le problematiche sollevate dall’avvocatura. L’avvocato è parte consustanziale della cultura della giurisdizione, anche se non mi piace questo termine perché spesso è utilizzato dai pubblici ministeri per giustificare l’unità delle carriere. A ciò si unisce il tema della separazione delle carriere: la riforma si farà ma se la si vuole fare bene occorre una modifica costituzionale, accompagnata da una revisione del Csm. Il governo ha dato priorità al premierato ma questo non significa che attenderemo l’esito del referendum» per incardinare la discussione»: lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo da remoto all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Ucpi dal titolo “Il processo come ostacolo – Il carcere come destino. Difendere le garanzie dell’imputato e la dignità del condannato secondo Costituzione”, che domani si chiude al teatro Eliseo di Roma.
L’evento giunge al termine di una tre giorni di astensione indetta dagli avvocati guidati da Francesco Petrelli per denunciare la totale soppressione dei limiti all’appello e per stigmatizzare la deriva del governo verso un sistema sempre più carcerocentrico e panpenalistico. Ad organizzare l’incontro è spettato alla Camera penale romana, il cui presidente Gaetano Scalise ha detto alla folta platea: «La politica ci sta tradendo con promesse via via disattese, e quindi occorrono prese di posizioni forti, e forse non bastano questi 3 giorni di astensione. Dobbiamo prepararci nuovamente ad una stagione anche di scontro poiché il confronto non sembra stia portando a risultati concreti».
Delusione soprattutto per il fatto che è stato approvato un emendamento al ddl Nordio della senatrice Gelmini (Azione) che mette mano alla materia delle impugnazioni (articolo 581 cpp) prevedendo, tra l’altro, una modifica per cui «nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore d’ufficio è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare». La gravità è tutta nell’aggiunta dell’espressione “d’ufficio”. «Un rimedio peggiore del male: si fanno ricadere sulla fascia più debole di imputati gli accordi per il Pnrr», ha tuonato Scalise.
Più ottimistico lo sguardo del past president Beniamino Migliucci: «L’Unione in questi mesi ha raggiunto diversi obiettivi: la proroga di un anno per la completa attuazione del processo telematico, l’obbligo per la polizia giudiziaria di interrompere l’ascolto di conversazioni le cui intercettazioni sono vietate dalla legge (e dunque quelle tra assistito e difensore), l’approvazione al Senato di un emendamento che elimina norme incivili che portavano alla inammissibilità delle impugnazioni per questioni di forma. Questo è il frutto di una costante interlocuzione con il governo nei confronti del quale si formulano critiche quando appare giusto, ma la protesta non è mai disgiunta da una proposta. Un soggetto politico deve difendere con caparbietà i principi inalienabili e nel contempo ottenere risultati per rendere il processo giusto. In questo contesto segnalo anche il rinforzato rapporto con il Cnf».
Tra i saluti istituzionali proprio quelli del presidente del Cnf, Francesco Greco che ha espresso «soddisfazione» per essere presente «all’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani, in virtù di una ritrovata collaborazione e una ritrovata unità di intenti. L’avvocatura è una e una sola, e le battaglie e le iniziative delle Camere penali, come quelle che saranno affrontate in questa occasione, sono battaglie di tutti gli avvocati, non solo dei penalisti, e tutti gli avvocati devono sostenerle. La collaborazione con il presidente delle Camere penali, Francesco Petrelli, ha già portato frutti tangibili: insieme abbiamo trovato la soluzione per l’avvio del processo penale telematico, evitando così possibili problemi per i penalisti, ma anche per l’amministrazione della giustizia e i magistrati».
Tra i saluti istituzionali quelli del vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, che ha voluto soffermarsi in particolare sull’articolo 54 della Costituzione in riferimento al ruolo della magistratura: «Il Costituente ben ha immaginato che per il funzionamento della democrazia siano essenziali i comportamenti dei cittadini, di ciascuno di noi; senza i doveri, che sono il collante delle democrazie, anche l’etica pubblica si polverizza, e le comunità si autodistruggono. L’articolo 54 impone a coloro ai quali sono affidate funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina ed onore. Oltre i diritti, ci sono i doveri, vale per tutti, anche per i magistrati. Ecco perché al magistrato si richiede contegno e serietà professionale, dedizione e senso di responsabilità radicati nella consapevolezza dell’altissimo compito affidato». E ha voluto poi ricordare il pensiero del Consigliere di Cassazione Epidendio: «Da organo soggetto “soltanto” alle legge, di fronte a una “legge” che non è più ritenuta in grado di porre effettivi vincoli, il giudice finisce per risultare non più soggetto a nulla: inebriato da una libertà mai prima conosciuta, non si avvede di perdere inconsapevolmente la radice costituzionale della sua legittimazione».
Dopo di lui ha preso la parola Giuseppe Meliadò, presidente della Corte di Appello di Roma, che ha voluto sottolineare l’importanza della comune cultura della giurisdizione tra magistratura e avvocatura che, al di là di periodi di incontri e scontri, è utile per trovare delle soluzioni per amministrare la giustizia, come nel periodo della pandemia. E poi Paolo Nesta, presidente del Coa di Roma, che ha ricordato come stiamo vivendo una epoca di giustizialismo e di riduzione delle garanzie difensive. Duro l’intervento del professor Oliviero Mazza: «La riforma Cartabia non funziona. Prendiamo i nostri trattori e andiamo in Europa a dire che va abrogata. Possiamo fare uno sciopero bianco e chiedere di discutere ogni appello».
È intervenuto anche il nuovo Garante dei diritti delle persone della libertà personale, Felice Maurizio D’Ettore: «Occorre che ora magistratura di sorveglianza, avvocatura, amministrazione e polizia penitenziaria lavorino compatte». Ha aggiunto Irma Conti, componente del collegio insieme a Mario Serio: «Una grande emozione partecipare all’inaugurazione come garante e come avvocato insieme a tutta l’avvocatura a tutela dei diritti delle persone private della libertà personale». Nel panel “La fabbrica dei reati”, che ha tentato di capire come si concilia la produzione compulsiva del penale con i principi costituzionali, è intervenuto anche il professore avvocato Vittorio Manes, per il quale «non si concilia, anzi, rappresenta il rovesciamento epistemologico del modello costituzionale del reato», aggiungendo che «nel marketing delle emozioni la politica ha ormai stabilito un rapporto di autentica dipendenza con il diritto penale, è la sua risorsa elettorale più preziosa: di promessa elettorale e di ricompensa agli elettori, come ci ricorda anche l’esperienza di questo governo, dove il primo atto della compagine neoinsediata è stato, appunto, il decreto sul reato di rave party».
Rispetto a qualcuno che in platea osservava che l’Unione non è pronta a contrapporsi efficacemente al governo, abbiamo raccolto a margine una dichiarazione del presidente dell’Ucpi Francesco Petrelli, che chiuderà la giornata di domani, dove sono previsti gli interventi dei sottosegretari Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari e del vice ministro Sisto: «Noi, quale forza laica e trasversale, ci facciamo portatori di una interlocuzione con il mondo della politica. Per noi è normale dare il nostro consenso a tutte le iniziative legislative in linea con la Costituzione e con la nostra tradizione e criticare con forza tutti gli interventi in contrasto con le nostre idealità». Sulla separazione delle carriere: «Da interlocuzioni con il ministro Nordio e il vice ministro abbiamo ricevuto rassicurazioni. Se le cose andranno diversamente siamo pronti a sollecitare. Mi chiedo però perché occorre una nuova proposta quando è depositata alla Camera quella dell’Unione e quali siano, se ci sono, le differenze tra la nostra e quella governativa».
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