Anno: XXV - Numero 69    
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La seconda promessa riforma è rimasta lettera morta.

Votare no al referendum per gli avvocati è un dovere

La seconda promessa riforma è rimasta lettera morta.

Il prossimo 20 e 21 settembre, oltre alle elezioni comunali e regionali, gli elettori saranno chiamati a decidere sulla riduzione dei seggi alla Camera dei deputati da 630 a 400 e al Senato da 315 a 200. Un vero e proprio election day a danno del referendum che necessita, invece, di votanti informati, conoscitori della materia e molto motivati, al fine di non confermare una riforma figlia di tatticismi propagandistici di Partito/Movimento. Il lato ovvio di queste votazioni è che l’elettore medio, frastornato dall’ondata populista, intende partecipare al coro da stadio del proprio partito, non gli interessano le disquisizioni sulla democrazia, sulla manomissione della Costituzione e dell’organo rappresentativo che esercita il potere legislativo in Italia e su quali saranno le imprecisate e dubbie conseguenze di una legge che manca del contesto strutturale di una riforma degna di questo nome. Si taglia il numero assoluto dei parlamentari perché lo si crede come quello più alto in Europa, senza badare alla proporzione fra eletti ed elettori. Se vince il sì l’Italia diventerà uno dei Paesi con il più basso livello di rappresentanza politica in rapporto alla popolazione dell’intera Unione europea. Ma il vero dramma di questa sforbiciata senza senso è che, a meno di un mese dal referendum, manca la riforma alla legge elettorale. Senza il passaggio dal sistema maggioritario al sistema proporzionale, il peso territoriale delle regioni del Sud e, quindi, della Campania, risulterebbe inevitabilmente ridotto dal taglio dei parlamentati. La riforma limiterà sensibilmente la voce in Parlamento delle Regioni meridionali a vantaggio dei territori del Nord, più popolosi, ma anche economicamente e politicamente più forti. In Campania gli elettori perderanno più di un terzo tra deputati e senatori e, avranno, quindi, meno rappresentanza, ma anche meno qualità, in quanto i gruppi parlamentari diventeranno più piccoli e facilmente controllabili da leader e segretari. Il regionalismo differenziato è stato sempre giustificato dall’esigenza di un intervento dello Stato nei confronti delle Regioni del Sud più deboli e mal si concilia, quindi, con la riforma del taglio dei parlamentari, a causa della quale la Campania sarà penalizzata da una rappresentanza debole e poco diffusa a livello nazionale. Manca, inoltre, una riforma dei delegati regionali, troppi rispetto al taglio dei parlamentari, con conseguente squilibrio di potere all’elezione del Presidente della Repubblica. Manca anche una riforma dei regolamenti parlamentari, con le commissioni nella totale disorganizzazione. Si parla di un punto di partenza, ma la Costituzione non può essere manipolata senza conoscere prima il punto di arrivo. A tal proposito, non devo ricordare ai colleghi penalisti com’è andata a finire la vicenda della riforma sulla prescrizione che ha sepolto il concetto di ragionevole durata dei processi. Ma tra il Movimento 5 Stelle e la Lega vi era un patto politico che prevedeva l’entrata in vigore della riforma sulla prescrizione con la promessa di una riforma del processo penale per ridurre i tempi della giustizia. La seconda promessa riforma è rimasta lettera morta. Non vi sembra un déjà-vu? Inoltre, sento ancora l’eco dei reclami di costituzionalisti e avvocati che, durante il lockdown, criticavano aspramente il Governo per aver messo in disparte il Parlamento durante tutta la legislazione emergenziale. Un solco antiparlamentare in cui il referendum ben si inserisce. Al di là di colori e ideologie politiche è fondamentale votare non per cambiare governo o formula di governo, per indebolire o rafforzare questo o quel partito, ma pensando all’impasse catastrofico generato da una riforma che ha come contropartita il risparmio del costo di un caffè all’anno. Gli avvocati, i giuristi e i cultori del diritto non hanno necessità di ascoltare il politico che urla di più per comprendere che di riforme fatte male ne abbiamo abbastanza. Noi lavoriamo con l’impianto normativo di questo Paese e conosciamo bene gli effetti devastanti del pressapochismo e dell’incompetenza. Le promesse di successive riforme sappiamo che non vengono rispettate. Reclamano a gran voce qualità ed efficienza? Diamoglieli votando no.

Da Il Riformista

 

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