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Riflessioni prima del voto per il rinnovo del Comitato dei Delegati di Cassa Forense

È in votazione una riforma strutturale della previdenza forense che avrà un grande impatto sugli iscritti ma, nonostante l’accesso agli atti, non è dato conoscere il testo con gli emendamenti proposti.

Riflessioni prima del voto per il rinnovo del Comitato dei Delegati di Cassa Forense

Come se gli iscritti non avessero interesse a conoscere preventivamente le proposte e discuterne pubblicamente. L’iter di formazione della legge dello Stato è pubblico. Quello di Cassa Forense, prima del voto, è secretato.

Una riflessione allora si impone sul tema della trasparenza nel disinteresse generale di vigilati e vigilanti (richiamo sul punto il mio contributo L’home living non conosce crisi: povertà e poltrone del 06.07.2022).

La preferenza vada alle liste che pongono questi temi come linee guida del loro impegno. Con il termine “trasparenza” si intende l’accessibilità totale alle informazioni relative ad ogni aspetto dell’organizzazione e delle attività svolte dalla fondazione con l’obiettivo di:

  • garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione;
  • favorire il controllo da parte degli iscritti, obbligati per legge ad esserlo, sull’azione amministrativa attraverso l’accesso agli atti.

La trasparenza, a detta di molti, è l’antidoto più efficace all’illegalità. Come scriveva Gianni Rodari “nel paese della bugia, la verità è una malattia”.

Segnalo, da ultimo, che il Sottosegretario Freni ha confermato che il regolamento sugli investimenti delle Casse è rinviato alla prossima legislatura: l’obiettivo è delineare un quadro generale, al cui interno ogni ente scriverà la propria disciplina di dettaglio (Fonte: Il Sole 24Ore del 20 settembre 2022).

La riforma in corso di approvazione dovrà attenersi ai principi fissati dalla Corte Costituzionale con la sentenza 67/2018 per la quale «L’abbandono di un sistema interamente disciplinato dalla legge – dopo la trasformazione della Cassa in fondazione di diritto privato, al pari di altre casse categoriali di liberi professionisti, in forza del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza) – e l’apertura all’autonomia regolamentare del nuovo ente non hanno indebolito il criterio solidaristico di base, che rimane quale fondamento essenziale di questo sistema integrato, di fonte ad un tempo legale (quella della normativa primaria di categoria) e regolamentare (quella della Cassa, di natura privatistica). Con il citato d.lgs. n. 509 del 1994, il legislatore delegato, in attuazione di un complessivo disegno di riordino della previdenza dei liberi professionisti (art. 1, comma 23, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante «Interventi correttivi di finanza pubblica»), ha arretrato la linea d’intervento della legge (si è parlato in proposito di delegificazione della disciplina: da ultimo, Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 13 febbraio 2018, n. 3461), lasciando spazio alla regolamentazione privata delle fondazioni categoriali, alle quali è assegnata la missione di modellare tale forma di previdenza secondo il criterio solidaristico. Rientra ora nell’autonomia regolamentare della Cassa dimensionare la contribuzione degli assicurati nel modo più adeguato per raggiungere la finalità di solidarietà mutualistica che la legge le assegna, assicurando comunque l’equilibrio di bilancio (art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 509 del 1994) e senza necessità di finanziamenti pubblici diretti o indiretti (art. 1, comma 3, del medesimo decreto legislativo.), che sono anzi esclusi (sentenza n. 7 del 2017). È tale connotazione solidaristica che giustifica e legittima l’obbligatorietà – e più recentemente l’automaticità ex lege – dell’iscrizione alla Cassa e la sottoposizione dell’avvocato al suo regime previdenziale e segnatamente agli obblighi contributivi. Il criterio solidaristico significa anche che non c’è una diretta corrispondenza, in termini di corrispettività sinallagmatica, tra la contribuzione, alla quale è chiamato l’avvocato iscritto, e le prestazioni previdenziali (ed anche assistenziali) della Cassa. Si ha quindi che l’assicurato, che obbligatoriamente, e da ultimo automaticamente, accede al sistema previdenziale della Cassa (ora fondazione con personalità giuridica di diritto privato), partecipa, nel complesso ed in generale, al sistema delle prestazioni di quest’ultima, il cui intervento, al verificarsi di eventi coperti dall’assicurazione di natura previdenziale, si pone in rapporto causale con l’obbligo contributivo senza che sia necessario alcun più stretto ed individualizzato nesso di corrispettività sinallagmatica tra contribuzione e prestazioni. È questo criterio solidaristico che assicura la corrispondenza al paradigma della tutela previdenziale garantita dall’art. 38, secondo comma, Cost.» (Corte Cost. sentenza 67/2018).

A me pare evidente che con la riforma, segretata per ovvi motivi, con l’aumento della contribuzione, la riduzione delle prestazioni, la riduzione della integrazione al trattamento minimo, si torna al criterio mutualistico, da cui si era partiti, con palese violazione dei parametri costituzionali perché si torna alla proporzionalità tra quanto versato e quanto percepito sotto forma di pensione

Da Diritto e giustizia

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