Anno: XXV - Numero 53    
Venerdì 29 Marzo 2024 ore 11:00
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Massimo rendimento con il minor rischio

Il DG della V Direzione del Mef, per le Casse di previdenza dei professionisti ha chiarito le "condizioni necessarie per l'assolvimento delle finalità cui sono destinate agli investimenti del risparmio previdenziale, in favore dei propri beneficiari iscritti».

Massimo rendimento con il minor rischio

Portare a casa il massimo rendimento con il minor rischio è un’impresa sempre molto ardua.

La speculazione è il più classico dei meccanismi per “fare i soldi dai soldi” con la finanza. E anche quello che rende la finanza un pericolo per l’economia reale.

Correre dei rischi è fondamentale per ottenere dei risultati e purtroppo non esistono scorciatoie. Tutto sta nel mantenere il livello di rischio sotto controllo, il che vuol dire scegliere l’equilibrio tra obiettivi e perdite potenziali più adatto agli obiettivi delle Casse di Previdenza.

Prima di pensare alla gestione del rischio occorre comprendere a fondo il profilo di rischio di ciascun investitore, considerando il patrimonio in tutte le sue diverse componenti.

Nel caso delle Casse di Previdenza, il patrimonio è fatto di contribuzione obbligatoria che ha come mission garantire l’erogazione di pensioni. Non è cioè, voglio dire, denaro comune ma risparmio previdenziale, concetto molto spesso dimenticato.

«Il rendimento è una grandezza facilmente misurabile; il rischio, invece, risulta difficilmente misurabile in quanto è una grandezza soggettiva la cui percezione è influenzata da molteplici fattori. Talvolta è difficile comprendere il giusto equilibrio tra rendimento e rischio.

Ricordati che rischio e rendimento crescono insieme! Solo se abbiamo chiaro questo, possiamo valutare correttamente l’attività che promette un rendimento elevato, comunque non in linea con quello del mercato, come un’attività più rischiosa.

Possiamo anche decidere di acquistarla, consapevoli però del maggior rischio cui andiamo incontro. Il rischio altro non è che il prezzo da pagare per la possibilità di un maggior guadagno rispetto ad investimenti alternativi che promettono un minor guadagno.

Le aspettative di rendimento devono essere realistiche: non si può “pretendere la luna” e soprattutto, si deve essere consapevoli che a maggiori rendimenti corrispondono maggiori rischi. Pertanto, se desideriamo un investimento che accresca il valore del nostro capitale, e non ne protegga semplicemente il potere d’acquisto dall’inflazione, dovremo essere pronti ad assumerci più rischi!

La propensione al rischio rappresenta la disponibilità a sopportare perdite patrimoniali dovute all’andamento negativo del mercato, al fallimento dell’emittente dello strumento finanziario in cui abbiamo investito o al fatto che non esiste un mercato liquido. Quanto più siamo propensi al rischio, tanto più siamo disposti ad accettare che l’investimento non consegua i risultati che ci attendevamo.

Nel momento in cui decidi di investire, devi:

             quantificare la percentuale del patrimonio investito che sei disposto a perdere in un determinato periodo di tempo se le condizioni di mercato non si rivelassero favorevoli (“capacità di rischio” o “rischio oggettivo”); tale percentuale dipende dalla tua situazione economica corrente e dalle tue prospettive reddituali;

             valutare il rischio dell’investimento proposto cercando di evitare che la tua percezione del rischio sia falsata da variabili quali la modalità di rappresentazione dell’informazione di prodotto, giudizi affrettati o gli esiti delle scelte pregresse, etc..;

             definire il tuo grado di “tolleranza al rischio”, ossia la tua capacità emotiva di assumere rischio e affrontare situazioni di incertezza (rischio soggettivo); il livello di tolleranza al rischio di ciascun individuo dipende tipicamente da molteplici fattori, quali la personalità e le inclinazioni individuali, lo specifico stato emotivo, il genere, il livello di cultura finanziaria».

(Consob, Rischio e rendimento)

Le Casse di previdenza sono guidate dal bilancio tecnico e dai report ALM – Asset Liability Management ma in tempi di grande inflazione e continua fibrillazione nei mercati l’impresa è ancora più difficile.

Se solo pensiamo che tra pochi anni la sostenibilità delle Casse di previdenza, più che dalla contribuzione degli attivi, dipenderà dal rendimento del patrimonio accumulato, ogni iscritto dovrebbe rendersi conto che la previdenza obbligatoria di primo pilastro non può dipendere dai mercati finanziari perché trasferirebbe tutto il rischio, di aver o non avere una pensione, sull’iscritto.

Possibile che 1.700.000 professionisti non riesca a comprenderlo?

La Corte dei conti in audizione lo ha compreso scrivendo che la sostenibilità delle Casse di previdenza deve dipendere dalla contribuzione più che dal rendimento del patrimonio ma, l’ammonimento, è rimasto senza seguito.

Il contesto di mercato è cambiato e sono aumentate le esigenze di una gestione e un monitoraggio delle casse pensione in funzione del rischio. Per riscuotere successo in tale ambito, occorrono un’organizzazione professionale e strumenti orientati alle performance di lungo periodo. La prima cosa da fare sarebbe una gestione unitaria di tutti i patrimoni con la creazione di un team di eccellenza.

Il fai da te e ognun per se’ non risponde a questa logica … pensiamo solo ai risparmi in termini di costi fissi e il risparmio sarebbe il primo investimento per gli iscritti e i loro montanti.

La cosa, inspiegabile, è che la previdenza complementare, che è facoltativa, opera con norme sempre aggiornate mentre quella obbligatoria dei professionisti le attende da più di 10 anni.

«Il Regolamento (UE) 2019/2088 (di seguito, Regolamento Disclosure), come modificato dal Regolamento (UE) 2020/852, ha dettato norme armonizzate sulla trasparenza, per i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari, circa l’integrazione dei rischi di sostenibilità e la considerazione degli effetti negativi per la sostenibilità nei loro processi e la comunicazione delle informazioni connesse alla sostenibilità relative ai prodotti finanziari. I sopra citati Regolamenti trovano applicazione con riferimento alle forme pensionistiche complementari e alle società che hanno istituito le predette forme, giacché rientranti nell’ampia definizione di partecipanti ai mercati finanziari. Le relative previsioni riguardano, per quanto qui rileva, l’informativa da rendere sui siti web, la documentazione precontrattuale, i bilanci/rendiconti di tutte le forme pensionistiche complementari» (dal sito Covip).

Con il varo del nuovo codice degli appalti, a mio giudizio, non può più dubitarsi della soggezione delle Casse di previdenza al Cda così da dare attuazione alla normativa comunitaria come l’ANAC che da molti lustri va argomentando: «In presenza di enti che assommano tutti i requisiti previsti dalla direttiva 2004/18/CE, non può essere consentito eludere il dettato comunitario in virtù di disposizioni interne che esonerino tali enti dall’applicazione di una disciplina – come quella in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture – posta a garanzia di sovraordinati principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Ciò rileva a fortiori laddove si consideri che il menzionato allegato III della direttiva 2004/18/CE (modificabile solo seguendo la procedura all’uopo stabilita), nell’elencare, in via non limitativa, gli organismi e le categorie di organismi di diritto pubblico, include espressamente in tale novero gli “enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza”. Per altro verso, una volta chiarito che la contribuzione obbligatoria costituisce una forma, seppur indiretta, di finanziamento pubblico, il dettato dell’articolo 1, comma 10-ter, del d.l. n. 162/2008 – che, come visto esclude la qualificazione di organismi di diritto pubblico per gli enti previdenziali privatizzati, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario – si svuota di significato, finendo per costituire una fonte di dubbi interpretativi e difficoltà applicative».

 

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