Ma forse l’obiettivo era Elly Schlein e la sua sinistra sinistra
Dalle esternazioni di Garofani emergono crepe nel campo progressista: la sinistra di Schlein non convince e torna l’idea di un “Prodi del 2027”, mentre la politica guarda già alla prossima corsa al Quirinale.
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Augusto Minzolini e Daniela Preziosi da due diverse e opposte posizioni, il primo su Il Giornale, la seconda su Domani, hanno dato sostanzialmente la stessa lettura delle esternazioni attribuite al Consigliere del Presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani che negli ultimi due giorni hanno tenuto banco scuotendo il mondo politico e istituzionale, e lasciato inevitabilmente tensioni tra il Quirinale e Palazzo Chigi. Perché l’osservazione buttata lì in un conversare con amici, al ristorante, della difficoltà del centrodestra di fronte alle prossime elezioni politiche mette in risalto soprattutto l’inadeguatezza dell’opposizione, di cui si è già detto più volte, e in particolare di Elly Schlein come leader di una coalizione con prospettive di vittoria. Ciò perché essenzialmente la sua presenza ha spostato significativamente a sinistra l’immagine del “campo largo” che appare agli occhi dell’opinione pubblica essenzialmente sulle posizioni dei Fratoianni e dei Bonelli, tanto per intenderci, con i quali la sinistra non vince.
Garofani ex Pd, proveniente dalla Margherita, già direttore de Il Popolo, il giornale del Partito Popolare Italiano nel quale Sergio Mattarella ha avuto un ruolo importante, rappresenta l’ala moderata, centrista dello schieramento, “ulivista”, come ha scritto Belpietro, e quindi la prospettiva è quella della necessità, se vuole vincere, che il Centrosinistra si doti di una leadership moderata, affidabile, come fu nel 2006 quella di Romano Prodi che si presentava agli occhi dell’elettorato come il vecchio democristiano professionalmente titolato, saggio quanto basta.
Chi potrebbe essere il Prodi del 2027? Una prospettiva alla quale la politica guarda con preoccupazione perché quella scadenza non riguarda solamente il rinnovo delle Camere ma guarda all’elezione del prossimo Capo dello Stato.
I candidati a sostituire Elly Schlein non mancano ovviamente. Alcuni consumati dal tempo e dalle esperienze governative e parlamentari modeste, come Franceschini. O non entusiasmanti, come Gentiloni, nonostante il passaggio da Bruxelles.
Ecco, dunque, che si affaccia sul proscenio Ernesto Maria Ruffini, già Direttore dell’Agenzia delle entrate, che si presenta con un libro “Più uno, la politica dell’uguaglianza” che prospetta l’esigenza di rimettere al centro del discorso pubblico il cittadino che così può tornare protagonista della politica. “Perché l’unico modo di andare avanti è farlo insieme, in prima persona plurale. Ogni giorno, più uno!”. Un volume nel quale Sergio Mattarella e i suoi interventi sono richiamati per ben dieci volte, secondo soltanto ad Alcide De Gasperi.
Che sia Ruffini il Prodi del 2027? Comunque nella prospettiva delle esternazioni del Consigliere Garofani sembra certo che non potrà essere Elly Schlein, troppo “sinistra”, troppo divisiva.
È certo che Giorgia Meloni debba osservare l’evoluzione che si prospetta nel “campo” più o meno largo dell’opposizione, che non va trascurata, come accadde nel 2006, quando la maggioranza che reggeva il governo Berlusconi-Fini, forte nei numeri, si dimostrò debole al momento del “redde rationem” elettorale, quando il messaggio rassicurante del Grande comunicatore non fu creduto alla verifica della realtà politica ed economica. Ed era un governo nel quale sedevano personalità di elevata professionalità ed esperienza.
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