L’inflazione e l’avvocatura
L’inflazione primaria è uno degli indicatori chiave per capire lo stato di salute di una economia. L’inflazione indica la crescita generalizzata e continuativa dei prezzi dei beni nel tempo con la conseguenza che con lo stesso ammontare di moneta si possono comperare meno beni.
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L’inflazione si calcola sulla base di un paniere definito dall’ISTAT. Finalmente sta scendendo per il calo dei prezzi della energia.
«Nel mese di febbraio 2023, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,2% su base mensile e del 9,1% su base annua, da +10,0% nel mese precedente; la stima preliminare era +9,2%. Il rallentamento dell’inflazione si deve, in primo luogo, all’accentuarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da -12,0% a -16,4%) e alla decelerazione di quelli degli Energetici non regolamentati (da +59,3% a +40,8%), i cui effetti sono stati solo in parte compensati dall’accelerazione dei prezzi degli Alimentari, sia lavorati (da +14,9% a +15,5%) sia non lavorati (da +8,0% a +8,7%), di quelli dei Tabacchi (da una variazione tendenziale nulla a +1,8%), dei prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,1%) e dei Servizi relativi ai trasporti (da +5,9% a +6,4%). L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +6,0% a +6,3%, quella al netto dei soli beni energetici da +6,2% a +6,4%. Si attenua la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +14,1% a +12,4%), mentre al contrario si accentua quella relativa ai servizi (da +4,2% a +4,4%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -8,0 punti percentuali, da -9,9 di gennaio. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano un’accelerazione in termini tendenziali (da +12,0% a +12,7%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rimangono pressoché stabili (da +8,9% a +9,0%). L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve prevalentemente ai prezzi degli Alimentari non lavorati (+2,4%), dei Tabacchi (+1,9%), degli Alimentari lavorati (+0,9%), dei Servizi relativi ai trasporti (+0,8%), dei Beni durevoli (+0,7%), dei Beni non durevoli (+0,6%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,5%) e dei Servizi relativi all’abitazione (+0,4%); un effetto di contenimento deriva invece dal calo dei prezzi degli Energetici, sia regolamentati (-4,9%) sia non regolamentati (-4,2%). L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,4% per l’indice generale e a +3,7% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,1% su base mensile e del 9,8% su base annua (in rallentamento da +10,7% di gennaio); la stima preliminare era +9,9%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e dell’8,9% su base annua» (www.istat.it , Prezzi al consumo – febbraio 2023).
Ma è in aumento l’inflazione CORE, cioè il paniere senza generi alimentari ed energia. L’inflazione è buona se generata da shock positivi di domanda aggregata (domanda robusta e occupazione elevata); l’inflazione è cattiva se generata da shock della offerta. L’inflazione, in buona sostanza, è una tassa che colpisce i più deboli.
Ora caliamo questi concetti nell’avvocatura italiana.
Nel 1985 gli avvocati iscritti in Cassa Forense erano 37.495, con un rapporto sulla popolazione dello 0,7‰. Nel 2021 sono arrivati a 241.830, con un rapporto sulla popolazione del 4,1 ‰. Nel 1996 il reddito medio IRPEF rivalutato era di € 55.666 mentre nel 2020 è sceso a € 37.785. Il tutto dai dati ufficiali di Cassa Forense.
Questo significa che all’aumento del numero di avvocati non è aumentato il PIL proporzionalmente, tant’è vero che è diminuito sia il volume d’affari che il reddito medio rivalutato.
Conclusione: vi è stata una inflazione di avvocati che ha prodotto danni enormi sia sulla qualità dell’offerta che sul risultato finale. Oggi l’avvocatura, seppur presente in Parlamento, non conta nulla nella società avendo perduto il suo ruolo di guida sia nell’articolazione delle riforme che nell’interscambio sociale. I numeri vanno ridotti e riqualificata l’offerta, a partire dalle università. Le istituzioni forensi dovrebbero partire da questi dati reali e incontestabili per supportare le riforme, non più rinviabili. Il mainstream corrente ha perduto l’emotività della narrazione, è tempo di aggredire il problema dell’avvocatura italiana che è la numerosità e il demansionamento. Come scrive da tempo la Suprema Corte «il demansionamento è uno dei disagi lavorativi più pesanti da affrontare perché produce un forte stress emotivo» (Cass. 22635/2015 ex plurimis).
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