Anno: XXV - Numero 52    
Giovedì 28 Marzo 2024 ore 15:40
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La criminalità sistemica..

La mostruosa storia della normalità italiana.

La criminalità sistemica..

La  predisposizione a violare le regole del vivere civile, la tendenza a disattendere e ad utilizzare in modo distorto e strumentale le regole e le leggi, è un tipo di attività umana, un atteggiamento  morale e antico che si è manifestato nell’uomo sin dal momento in cui  è  stato chiamato a far parte di comunità che si sono organizzate attraverso l’imposizione  di un complesso di norme per le quali, un’autorità costituita, attraverso i meccanismi orientati con i sistemi giuridici, ha imposto sanzioni e pene.

La condotta criminale, spesso, è stata ed è partecipata, fatta propria, da più individui, gruppi, sistemi. E con precisi organigrammi predisposti a  seconda dell’evoluzione storica dei tempi e degli uomini.

La condotta criminale, lungi dall’essere  relegata ad una impostazione di  lombrosiana memoria, per quanto rivalutata ed attualizzata nella sua concezione più  pura e depurata dalla strumentalizzazione  del regime vigente  all’epoca della sua affermazione, per giustificare fini e progetti politici disparati, si attualizza e si trasforma in maniera uniforme e sistemica alla storia italica.

L’Italia è il paese della criminalità sistemica, quella criminalità che si è  sempre espressa attraverso le stragi, le mafie con la lupara, le mafie dai colletti bianchi, gli omicidi politici mai svelati dal potere giudiziario…le corruttele come  criterio di ascesa sociale e le mafie, appunto, di “sistema”.

La storia italica  è testimonianza di quanto la moralizzazione del sopruso criminale abbia sempre avuto la prevalenza sulla affermazione dell’interesse collettivo. Un sopruso criminale che continua ad imporsi come una sorta di feudalesimo modernizzato, mascherato da falso riformismo democraticamente orientato.

In Italia,  la questione criminale è inestricabilmente intrecciata con la storia nazionale, perché i protagonisti delle vicende criminali sono stati quasi sempre settori imponenti della classe dirigente.

Secondo il modello di un feudalesimo modernizzato, le classi dirigenti al vertice della piramide sociale orientano e determinano le sorti dell’intero paese  e, da quella cuspide, dirigono l’evoluzione dello stesso attraverso organigrammi di sistema, dove uomini e funzioni sono collocati gerarchicamente al governo democratico del paese.

La criminalità al potere è sempre esistita  e si potrebbe azzardare anche l’affermazione che è , essa stessa, un “modo di essere della democrazia”. Il prezzo che la sofferente Italia post fascista ha dovuto pagare per passare da un regime totalitario…ad  un’altro.

È  una mostruosa normalità che per essere compresa nella sua reale portata, deve essere svincolata  dall’ esercizio di stile che quotidianamente ci viene imposto dai media, dalle rassegne stampa che ci riportano fatti di cronaca relativi a singoli eventi e protagonisti, perché mere e gravi manifestazioni di un fenomeno ormai cristallizzato ed affermato nella nostra storia. Non bisogna incorrere nell’errore di soffermarsi sul particolare e tralasciare l’ambito generale in cui tali condotte si collocano, spesso tollerate e coadiuvate da un’omertosa solidarietà di “categoria”.

Adam Smith rimase agghiacciato dall’ammirazione che il Machiavelli riservò al Borgia per il massacro dei suoi rivali,  nel dare (il Machiavelli) più risalto alla ingenuità delle vittime rispetto alla crudeltà del loro assassinio.

Prima di lui Lutero, che avviò la riforma protestante perché indignato dalla “corruzione sistemica ” del clero cattolico italiano.

Altri paesi hanno forse superato il paradigma della corruzione sistemica attraverso un’evoluzione culturale che ponesse al centro la questione morale.

In Inghilterra, dall’ottocento in poi, si affermò una sorta di concetto di  “moralità pubblica “, secondo la quale l’onestà sarebbe la migliore politica e,  la tradizione del “rendere conto” , dovrebbero, insieme,  essere i criteri in base ai quali formare ed orientare le classi dirigenti.

Per quanto si mostri affascinante, il percorso “storico” della criminalità sistemica non lo si può esaurire in queste sommarie riflessioni. Resta il dato che la sistemicita’  è  data dall’accettazione della sua normalità,  normalità frutto di un percorso storico in cui l’atteggiamento criminale non è stato mai posto come “questione morale principale” da porre alla base dei poteri e della funzione pubblica.

Oggi gli eredi di quelle minoranze che vollero la Costituzione, tali sono rimaste, minoranze, perché orfane di istituzioni e di   rappresentanze politiche in grado di assolvere al proprio mandato nell’interesse esclusivo del proprio paese. Rappresentanze radicate nel paradigma del partitismo amorale che regna e regola la democrazia.

La “normalità” e la sua accettazione, determinerà il futuro democratico del paese fino a quando al futuro non sarà dedicata una strategia complessiva di riforme sostanziali, con leggi sorrette da una forte e precisa volontà politica non ricattabile, orientate dalla questione morale.

Una lezione morale impartita e veicolata dai banchi di scuola, come sintesi del comportamento socialmente utile ad arginare il fallimento…dei grandi.

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