Anno: XXV - Numero 70    
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Il notaio e il “patto di non pubblicazione” del testamento olografo

In primo luogo occorre domandarsi se il notaio che ha ricevuto in deposito un testamento olografo, in via formale o informale, possa non pubblicarlo

Il notaio e il “patto di non pubblicazione” del testamento olografo

È lunedì mattina, la prima mail delle 7:20 mi arriva da una delle figlie di una cliente che anni fa depositò presso di me il suo testamento olografo. Il dolore per la perdita della cara e amata madre, contenuto nelle prime due righe, evapora alla terza riga, quella che mi blocca immediatamente la digestione della colazione riportando alla mente quelli che da studenti credevamo essere solo “casi di scuola”. La signora chiede espressamente di poter prendere possesso del testamento per portarlo al suo notaio di fiducia e valutare insieme agli altri eredi legittimi “se pubblicarlo e quando pubblicarlo”.  Così inizia la giornata, e chissà se riuscirò a convincerla che non è così semplice come si può pensare…  In primo luogo occorre domandarsi se il notaio che ha ricevuto in deposito un testamento olografo, in via formale o informale, possa non pubblicarlo ovvero consegnarlo ai soggetti che siano interessati alla successione del depositario. In secondo luogo è necessario approfondire la natura e la liceità del c.d. “patto di non pubblicazione”.  La derogabilità dell’art. 620, comma IV, c.c. Alla luce della disposizione dell’art. 620 c.c., è necessario precisare che il notaio può assumere il ruolo di depositario, tra gli altri, di un testamento olografo[1], in veste di terzo imparziale e garante a norma dell’art. 61 l. not.[2], il quale espressamente prevede che “I testamenti pubblici prima della morte del testatore, i testamenti segreti e gli olografi depositati presso il notaro, prima della loro apertura e pubblicazione, sono custoditi in fascicoli distinti”. Occorre considerare, di volta in volta, a quale tipo di deposito sia ascrivibile quello effettuato presso il notaio dalla parte che ha redatto il testamento, cioè se si tratti di deposito formale negli atti di ultima volontà o se, al contrario, si tratti di mero deposito fiduciario. In genere, la prassi più diffusa è quella che prevede il deposito al notaio a titolo informale, ovvero a titolo fiduciario o di mera cortesia, ed in questo caso si ritiene che il notaio agisca in qualità di professionista (e non di pubblico ufficiale). In quest’ultima ipotesi, conseguentemente, il notaio è esonerato dagli obblighi che impone il deposito formale. Parte della dottrina[3] ha affermato che il deposito fiduciario sia governato unicamente dalle norme deontologiche, essendo finalizzato solo ad assicurare la conservazione del documento, senza un preventivo formale controllo di legalità. A tal fine, viene affermato da alcuni che se il notaio non è stato depositario del testamento olografo ma ne è venuto in possesso accidentalmente, come nel caso in cui si rinvenga una scheda testamentaria nel corso di un inventario, non è tenuto a procedere d’ufficio alla sua pubblicazione[4].  Certamente il fatto che non vi sia un vero e proprio obbligo formale non esime da una valutazione più ampia sulla opportunità di pubblicarlo in ogni caso, valutazione che il notaio, nella sua veste di professionista e consulente, può fare nell’ottica di evitare un eventuale contenzioso futuro o per evitare il rischio che vada perduto o distrutto. Non si può ignorare che si tratti di un documento che, ove l’autore fosse deceduto, non sarebbe più ripetibile. In entrambi casi, sia di deposito formale che fiduciario, l’attività richiesta al notaio successivamente alla notizia del decesso è la pubblicazione della scheda testamentaria, che consiste in un adempimento pubblicitario volto a rendere conoscibile il contenuto della stessa, prima di tale momento noto solo al testatore. Si tratta, secondo la dottrina, di un atto preparatorio esterno[5] necessario per l’esecuzione delle disposizioni contenute nel testamento. L’articolo del codice civile che disciplina la pubblicazione è il 620, il quale dispone al primo comma che “Chiunque è in possesso di un testamento olografo deve presentarlo a un notaio per la pubblicazione, appena ha notizia della morte del testatore”. Nel comma citato è disciplinato il caso frequente nel quale il testamento si trovi in possesso di soggetti terzi, interessati alla successione. Il comma quarto del medesimo articolo disciplina il caso in cui il testamento si trovi già in deposito presso un notaio ed in particolare prevede che: “Nel caso in cui il testamento è stato depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione è eseguita dal notaio depositario”. Appare quindi, dal tenore letterale della norma, che il legislatore abbia voluto attribuire la competenza per questo adempimento pubblicitario al notaio depositario e non ad altri: tale lettura si ricava sia dal periodo che impone al notaio stesso di eseguire la pubblicazione, sia dall’inciso dell’art. 66 l. not.[6], il quale prevede che le formalità di pubblicazione debbano essere eseguite “nell’ufficio del depositario del testamento”. Il nodo da sciogliere è quindi se sia derogabile la previsione che attribuisce la competenza esclusiva per la pubblicazione del testamento al notaio depositario del medesimo. Occorre considerare sia il caso del deposito della scheda testamentaria effettuato presso il notaio in via formale, sia quello del deposito in via fiduciaria. Si osserva che il verbale di deposito di testamento olografo, ove venga effettuato un deposito formale, deve essere annotato nel repertorio degli atti di ultima volontà. Il notaio è tenuto per la conservazione di tale scheda testamentaria ad adottare gli stessi accorgimenti previsti per i testamenti pubblici prima della morte del testatore. Perciò, ai sensi dell’art. 61, comma terzo, l. not., i testamenti olografi depositati presso il notaio, prima della loro apertura e pubblicazione, sono custoditi in fascicoli distinti; ai sensi dell’art. 67, comma secondo, l. not., il notaio non può permetterne l’ispezione né la lettura, né darne copia o rilasciarne estratti e certificati, durante la vita del testatore, se non al testatore medesimo o a persona munita di speciale mandato in forma autentica. Il notaio depositario, entro dieci giorni dal deposito[7], deve chiedere l’iscrizione nel registro generale dei testamenti dei testamenti olografi depositati formalmente presso di lui[8], trasmettendo all’archivio notarile una scheda contenente i dati necessari per l’identificazione del notaio, del testatore e del tipo di atto. Dall’esame degli adempimenti citati ed a norma dell’art. 62 l. not.[9], nel caso di deposito formale, si ritiene che il notaio già depositario della scheda sia il medesimo tenuto alla pubblicazione, poiché a suo carico è prevista una attività specifica che lo qualifica come destinatario della fiducia della parte depositante, come se vi fosse un implicito mandato all’esecuzione di quanto necessario perché il testamento produca i suoi effetti[10]. In dottrina[11], alla luce dell’attuale tenore letterale della norma e della formulazione che la medesima aveva nel codice previgente, si ritiene che la pubblicazione debba essere eseguita dal notaio depositario, sia nel caso in cui il notaio abbia già presso di sé il testamento olografo, depositato presso di lui prima della morte del testatore, sia nel caso di consegna del testamento da chi lo detiene dopo l’apertura della successione. In tali casi, secondo la lettera della legge, emerge che il notaio sia giuridicamente obbligato in proprio alla pubblicazione, appena avuta notizia dell’apertura della successione, indipendentemente dalla richiesta di parte. Si osserva altresì, da parte di alcuni autori[12], che la scelta del testatore di depositare il testamento presso un notaio di fiducia sia implicitamente una richiesta di parte – la parte depositante – di procedere alla pubblicazione in caso di morte. Di opposta opinione è chi ha posto l’attenzione sul fatto che tale interpretazione porrebbe il notaio anche nell’obbligo di sostenere le spese relative alla pubblicazione, il che conduce ad un risultato non coerente con il sistema; pertanto si dovrebbe concludere che anche il notaio depositario, in difetto di una espressa richiesta di parte in tal senso, sia esentato dall’obbligo di pubblicazione[13]. A sostegno di tale lettura si potrebbe osservare che è lo stesso regolamento di esecuzione della legge notarile (R.D. 10 settembre 1914, n. 1326) che apre ad una soluzione differente, ponendo a carico del notaio depositario solo l’onere di contattare le parti interessate alla pubblicazione;  in particolare l’art. 83, comma II, prevede che “Il notaro, avendo in qualsiasi modo notizia del decesso di persona, che per suo ministero fece un testamento pubblico o deposito nei suoi atti un testamento, dopo essersi ufficialmente accertato della morte del testatore, deve rendere avvertiti dell’esistenza del testamento stesso coloro che egli presume possano avere interesse all’apertura ed alla pubblicazione”. Occorre chiedersi, a questo punto, se le medesime conclusioni valgano nel caso di deposito fiduciario o informale, essendo tale rapporto finalizzato alla mera custodia e conservazione da parte di un professionista. Leggendo l’art. 82 del regolamento notarile[14], si rileva come la disciplina dettata dall’art. 66, comma IV, l. not., sia estensibile analogicamente anche al caso del deposito fiduciario. Nella stessa linea si è espresso il Consiglio Nazionale del Notariato che, in una risposta ad un quesito su un caso simile, ha rilevato quanto segue: “l’art. 82 reg. not. dispone che quanto previsto dall’art. 66, comma 4, legge not. deve essere pure osservato nel caso di deposito da farsi, ai sensi dell’art. 620 c.c., del testamento olografo consegnato fiduciariamente al notaro dal testatore o da chi faccia istanza pel deposito”[15]. Considerando quanto sopra, ed anche alla luce dell’art. 149 reg. not., appare evidente come non si possa distinguere, nel mandato professionale conferito al notaio, una diversa graduazione dell’obbligo di pubblicazione in base al titolo del deposito (formale o fiduciario) e che il notaio sia tenuto a procedere all’adempimento pubblicitario in ogni caso in quanto depositario. In merito alla sanzione applicabile in tali casi, basti richiamare l’art. 137 l. not., che prevede quanto segue: “È punito con l’ammenda da L. 40 a L. 400 il notaro che contravviene alle disposizioni dei nn. 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9 dell’art. 51 e degli articoli 53, 59, 65, 66, 70, 72 e che nella conservazione degli atti e nella tenuta del repertorio contravviene alle disposizioni degli artt. 61 e 62”. Tuttavia, in base alle considerazioni formulate, sia che si segua la tesi più severa, secondo la quale il notaio depositario è sempre obbligato alla pubblicazione anche in difetto di richiesta di parte, sia che si segua la tesi che vede nell’art. 83, comma II, reg. not. la chiave di volta del sistema, ritenendo quindi che il notaio sia solo tenuto ad attivarsi per rendere nota l’esistenza del testamento presso di sé, sembrerebbe preferibile seguire l’orientamento che accoglie una riserva di competenza esclusiva per la pubblicazione del testamento in capo al notaio già depositario della scheda.

Il c.d. patto di non pubblicare

 Capita, nella prassi, che le parti aventi diritto alla successione non vogliano pubblicare il testamento. Ciò accade, a volte, per motivi economici, nei casi in cui la volontà del de cuius ricalchi le disposizioni di legge sia con riferimento ai soggetti che all’entità delle quote attribuite; altre volte, ciò può accadere per concorde intenzione di distribuire i beni prescindendo dalla volontà di chi li ha lasciati, magari dando rilevanza ad una volontà transattiva dei coeredi. In tal caso, spesso, viene sottoscritto tra i soggetti interessati alla successione un contratto “atipico plurilaterale a comunione di scopo”[16], che comunemente definiamo “patto di non pubblicazione”.  Detto accordo, senza dubbio, dovrà coinvolgere tutti i soggetti interessati alla successione[17] e di norma non riguarda direttamente il notaio perché non può che rivestire la forma dell’accordo privato. Tuttavia, il notaio è spesso il destinatario di richieste di consulenza sulla redazione del medesimo e sulla sua efficacia e validità. A tal proposito, una risalente pronuncia giurisprudenziale ha ritenuto “valido l’accordo tra coeredi di non pubblicare il testamento, ma di dargli comunque esecuzione, regolando transattivamente anche le varie attribuzioni patrimoniali compiute direttamente o indirettamente dal defunto mentre era in vita”[18]. Secondo tale lettura, sarebbe nella libera disponibilità degli aventi diritto la decisione di procedere o meno all’adempimento pubblicitario, secondo il principio di meritevolezza di cui all’art. 1322 cod. civ.[19]. Tale orientamento basa le proprie motivazioni sulla considerazione che l’art. 620 cod. civ. non avrebbe natura imperativa. Ciò porta a concludere che sia possibile che tutte le parti aventi interesse alla successione, con comune ed unanime accordo, decidano di non pubblicare il testamento: una simile pattuizione non sarebbe sanzionabile di per sé con la nullità per contrarietà a norme imperative[20]. Alla luce dell’interesse superiore tutelato dalla disciplina dettata per la pubblicazione del testamento, nonché degli interessi successori sottesi alla devoluzione del patrimonio, non può ignorarsi il fatto che tale comportamento potrebbe integrare una delle cause di indegnità. A norma dell’art. 463 c.c., infatti, chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata ne è escluso. Si ritiene però, in dottrina[21] e in giurisprudenza[22], che la sanzione dell’indegnità consegua solo ad un’intenzionale occultazione della scheda testamentaria volta a trarre profitto per sé o per altri, o a recare danno ad altri. Ciò porterebbe ad escludere la rilevanza, ai fini della norma citata, di una occultazione innocua, che può dirsi parallela alla volontà che viene generalmente espressa in un patto di non pubblicazione. Il Supremo Collegio[23] ha ritenuto che il patto di non pubblicazione possa ritenersi lecito nel rispetto di alcuni fondamentali principi. In particolare, tale accordo non deve ostacolare la certezza dei rapporti successori fondamentali, né può essere finalizzato all’ottenimento di un risultato che porti quale conseguenza all’indegnità dei suoi sottoscrittori. Secondo l’opinione di un illustre collega e studioso[24], ove il patto di non pubblicazione influisca sul titolo della delazione (quindi, per esempio, nei casi in cui la delazione da testamentaria mutasse in legittima, vi sarebbe la lesione del primo dei due principi sopra espressi e, attenendo questo all’ordine pubblico, si avrebbe un caso di nullità del patto. Seguendo questa ricostruzione sarebbero pertanto validi soltanto i patti aventi ad oggetto disposizioni testamentarie irrilevanti ai fini della devoluzione dell’eredità o disposizioni che incidono solo sulla entità delle quote. Tale patto potrà avere ad oggetto solo un testamento valido ed efficace: si ritiene infatti che, alla luce dell’art. 590 c.c.[25], ove oggetto dell’accordo sia un testamento nullo, il patto sarebbe qualificabile non tanto come patto di non pubblicazione in senso stretto (il quale presuppone che la scheda testamentaria possa giuridicamente esplicare tutti i suoi effetti), quanto come rinunzia alla volontà di confermare il medesimo.

Conclusioni

Alla luce di quanto detto, in conclusione quindi, se è pur vero che la validità del patto di non pubblicazione andrebbe valutata caso per caso in relazione ai principi tracciati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, si ritiene però doveroso distinguere il caso in cui la scheda sia nella disponibilità delle parti dal caso in cui essa si trovi invece in deposito presso il notaio.

Ove il notaio sia depositario (a qualunque titolo) di un testamento valido ed esente da vizi, né revocato, per quanto sopra evidenziato con riferimento all’obbligo di pubblicità che fa capo allo stesso, è preferibile ritenere che il patto di non pubblicare non possa trovare spazio e che sia il medesimo notaio a dover procedere alla pubblicazione della scheda testamentaria.

In tali casi il notaio potrà eventualmente consigliare agli eredi quali atti negoziali siano più idonei alla reciproca composizione degli interessi patrimoniali e/o famigliari rilevanti, eventualmente anche di concerto con il collega “notaio di fiducia” dei chiamati o dei soggetti interessati alla successione, ove diverso da quello individuato dal de cuius per il deposito delle su

Scritto da Redazione Federnotizie

[1] Il notaio è depositario degli atti da lui stesso ricevuti, e ciò nell’esercizio della funzione di conservazione e custodia che il pubblico ufficiale rogante deve esercitare, a norma dell’art. 61, lett. a), l. not.; detta funzione può essere esercitata relativamente agli atti non ricevuti dal notaio, ma formalmente depositati presso di lui, per disposizione di legge o a richiesta delle parti, a norma dell’art. 61, lett. b), l. not., nonché dell’art. 1, r.d.l. 14 luglio 1937, n. 1666. Infine, può essere richiesto di conservare un documento depositato presso di lui, non in qualità di pubblico ufficiale, bensì quale professionista e ciò in adempimento di un incarico fiduciario. (Cfr. Boero, Deposito di atti e documenti, in Dig.4, Disc. priv., Sez. civ., V, Torino, 1989).

[2] “Il notaro deve custodire con esattezza ed in luogo sicuro, con i relativi allegati: gli atti da lui ricevuti compresi gli inventari di tutela ed i verbali delle operazioni di divisione giudiziaria, salvo le eccezioni stabilite dalla legge; gli atti presso di lui depositati per disposizione di legge o a richiesta delle parti. A questo effetto li rilegherà in volumi per ordine cronologico, ponendo sul margine di ciascun atto un numero progressivo. Ciascuno degli allegati avrà lo stesso numero progressivo dell’atto, ed una lettera alfabetica che lo contraddistingue. I testamenti pubblici prima della morte del testatore, i testamenti segreti e gli olografi depositati presso il notaro, prima della loro apertura e pubblicazione, sono custoditi in fascicoli distinti. I testamenti pubblici dopo la morte del testatore, e su richiesta di chiunque possa avervi interesse, e gli altri dopo la loro apertura o pubblicazione, dovranno far passaggio dal fascicolo e repertorio speciale degli atti di ultima volontà a quello generale degli atti notarili. L’ordine cronologico col quale ciascun testamento dovrà essere collocato nel fascicolo, sarà determinato dalla data dei rispettivi verbali di richiesta, per i testamenti pubblici; di apertura per i testamenti segreti e di pubblicazione per i testamenti olografi.

[3] In Boero, Deposito di atti e documenti, in Dig.4, Disc. priv., Sez. civ., V, Torino, 1989.

[4] Caramazza, Delle successioni testamentarie, nel Comm. teorico-pratico al cod. civ., dir. da De Martino, Novara-Roma, 1982, p. 199.

[5] Ferrentino-Ferrucci, Atti mortis causa, Milano, 2010, p. 83.

[6] “Nel caso di restituzione o di apertura e pubblicazione del testamento segreto od olografo, le formalità stabilite negli artt. 913, 915 e 922 del codice civile saranno eseguite nell’ufficio del depositario del testamento.Il notaro dovrà fare una copia in carta libera di ogni testamento pubblico da lui ricevuto e trasmetterla, chiusa e sigillata, all’archivio notarile distrettuale, entro il termine di dieci giorni dalla data dell’atto”.

[7] Art. 5 l. 307/1981.

[8] Art. 4, n. 4, l. 307/1981.

[9] “Il notaro deve tenere, oltre i registri prescritti da altre leggi, due repertori a colonna, uno per gli atti tra vivi, il quale servirà anche agli effetti della legge sulle tasse di registro, e l’altro per gli atti di ultima volontà. In essi deve prender nota giornalmente, senza spazi in bianco ed interlinee, e per ordine di numero di tutti gli atti ricevuti rispettivamente tra vivi e di ultima volontà, compresi tra i primi quelli rilasciati in originale, le autenticazioni apposte agli atti privati, e i protesti cambiari. Il repertorio degli atti tra vivi, per ciascuna colonna, conterrà: il numero progressivo; la data dell’atto e dell’autenticazione e l’indicazione del Comune in cui l’atto fu ricevuto; la natura dell’atto ricevuto o autenticato; i nomi e cognomi delle parti ed il loro domicilio o la residenza; l’indicazione sommaria delle cose costituenti l’obbietto dell’atto, ed il relativo prezzo e valore, ed ove trattisi di atti che abbiano per oggetto la proprietà od altri diritti reali, od il godimento di beni immobili, anche la situazione dei medesimi; l’annotazione della seguita registrazione e della tassa pagata per gli atti registrati; l’onorario spettante al notaro e la tassa d’archivio dovuta le eventuali osservazioni. Nel repertorio per gli atti di ultima volontà si scriveranno solamente le indicazioni contenute nelle prime quattro colonne. La serie progressiva dei numeri degli atti e dei repertori, prescritta da questo e dal precedente articolo, viene continuata fino al giorno in cui il notaro avrà cessato dall’esercizio delle sue funzioni nel distretto in cui è iscritto: e, cambiando residenza in un altro distretto, il notaro dovrà cominciare una nuova numerazione. Nel caso di passaggio di un atto dal repertorio speciale degli atti di ultima volontà a quello degli atti tra vivi, si noterà in questo ultimo il numero che l’atto aveva nel primo repertorio e viceversa in questo il numero che l’atto prende nel repertorio degli atti tra vivi. Il notaro deve inoltre firmare ogni foglio dei repertori, e corredare ciascun volume di un indice alfabetico dei nomi e cognomi delle parti desunti dallo stesso”.

[10] Natale, Autonomia privata e diritto ereditario, Padova, 2009, p. 458.

[11] Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, II, Milano, 1952, p. 523.

[12] Navarra, La pubblicazione dei testamenti, Milano, 1979, p. 57.

[13] Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni3, Torino, 2005, p. 263.

[14] “Il disposto dell’art. 66, capoverso 3°, della legge, si deve pure osservare nel caso di deposito da farsi, ai sensi dell’art. 912 [adesso art. 620 c.c. 1942] del codice civile, del testamento olografo consegnato fiduciariamente al notaro dal testatore o da chi faccia istanza per il deposito”.

[15] Toscano, Ufficio secondario e deposito del testamento olografo, risposta a quesito n. 568-2011/C.

[16] La definizione è di Mascheroni, La non pubblicazione del testamento olografo per patto tra eredi o per divieto del de cuius, in Notariato, 2011, p. 182 ss. L’articolo, integrato con note e citazioni, riproduce l’intervento al convegno Diritto di famiglia. Le disposizioni ed i negozi atipici nella prassi notarile, Milano, 12 novembre 2009.

[17] Santarcangelo, Il testamento olografo, in AA.VV., Testamento e patti successori, dir. da Iberati, 2006, Bologna, p. 227.

[18] Cass., 17 luglio 1974, n. 2145, in Giur.it., 1976, I, 1, 144. In senso contrario, Bonilini, Autonomia negoziale e diritto ereditario, in Riv. not., 2000, p. 797, il quale dubita della derogabilità della norma che prescrive l’obbligo di pubblicare il testamento.

[19] La decisione di non procedere all’adempimento pubblicitario andrebbe valutata sotto il profilo degli interessi protetti dalla legge, per cui, in presenza del consenso di tutti gli interessati, dovrebbe essere lecita l’intesa di non procedere alla pubblicazione. Cfr. Pene Vidari, Le successioni. 4. La successione legittima e necessaria, nel Tratt. dir. civ., dir. da Sacco, Torino, 2009, p. 108.

[20] A. Natale, Autonomia, cit., p. 471.

[21] Grosso-Burdese, Le successioni. Parte generale, nel Tratt. Vassalli, Torino, 1977, p. 138.

[22] App. Milano, 22 dicembre 1970, in Foro pad., 1971, I, 634.

[23] Cass., 17 luglio 1974, n. 2145, cit.

[24] A. Mascheroni, La non pubblicazione, cit., p. 185.

[25] A. Mascheroni, La non pubblicazione, cit., p. 184.

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