Ezio Mauro. "L'antifascismo istituzionale è finito"
Editoriale su Repubblica: Meloni ha voluto portare dentro una pratica repubblicana un cultura di destra antisistema, senza che le due tendenze cozzassero, ma senza risolvere la contraddizione. Vedremo se alla fine sceglierà la civiltà politica europea o Trump, ovvero la rottura del sistema.
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Giorgia Meloni “dopo aver conquistato il potere con la vittoria elettorale, ha scelto di istituzionalizzarsi senza omologarsi, abitando a palazzo Chigi ma tenendo un piede fuori dal sistema. Non è solo la retorica auto-leggendaria dell’underdog che scava il suo percorso sbucando infine nel cuore del Palazzo: è piuttosto la precisa volontà di mantenere l’identità di quella destra nata dall’incrocio tra neofascismo e postfascismo, di rappresentarla anche dalla postazione di guida delle istituzioni costituzionali e quindi di portarla al governo intatta, mentre con riluttanza si prendono le distanze dal fascismo storico, o almeno dai suoi crimini più evidenti”, scrive in un editoriale su Repubblica Ezio Mauro, ex direttore ed editorialista del giornale.
“C’è dunque una pratica repubblicana, una prassi per forza di cose costituzionale, una forma democratica. Ma c’è e resiste, nello stesso tempo, una cultura originaria alternativa a questo impianto, antagonista perché nata fuori dalla democrazia, antisistema in quanto estranea ai valori della Costituzione. Meloni ha finora evitato il cozzo tra le due culture, tuttavia non ne ha risolto la contraddizione e l’ambiguità, limitandosi a sovrapporle, in un’evidente incongruità. Rifiutandosi di scegliere e di sciogliere quel nodo la presidente del Consiglio non compie affatto un’operazione nostalgica, bensì un gesto futurista: perché mantenendo nella sua persona e nella sua responsabilità la rappresentazione di quel contromondo mentre è al vertice del governo, vuole insediare il pensiero post-fascista nel flusso delle culture costituenti della nuova Repubblica, con pari legittimità: fuori dalla storia, ma con il beneplacito dei suoi elettori”, continua Mauro. “Ecco perché bisogna prendere atto che l’antifascismo istituzionale è finito, salvo la pedagogia coerente del presidente della Repubblica, che però è un’eccezione pur essendo il garante supremo della Carta fondamentale: e già questo è uno squilibrio evidente, spia di una deriva in corso. Si capisce e si spiega così l’attenzione e l’attrazione della premier per leader politici neo-autoritari come Viktor Orbán e reazionari come il “legionario” George Simion”.
Secondo Mauro, infine, “la tendenza evidente di tutte le destre estreme al potere è quella di attaccare gli istituti, le regole e i procedimenti liberal-democratici che negli anni la democrazia ha inventato a tutela di se stessa e quindi della libertà dei cittadini, abituando il potere a sviluppare una coscienza del limite. La tentazione oggi nel mondo è invece quella di conquistare quote di potestà supplementari alla dotazione legittima, cercandole fuori dalle Costituzioni, nell’obiettivo di creare quella “verticale del potere” che metta a diretto contatto l’eletto e l’elettore, senza più soggetti intermedi. Donald Trump riassume l’idea di questo sfondamento, nella rottura di sistema per la creazione di un nuovo ordine. Vedremo se Giorgia Meloni, arrivata al punto decisivo, sceglierà la civiltà politica dell’Italia europea e occidentale, o cederà al richiamo della foresta ideologica da cui non riesce a uscire”.
Fra le due strade, alla fine, Meloni quale sceglierà?
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