Anno: XXV - Numero 52    
Giovedì 28 Marzo 2024 ore 15:40
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Concorso Notarile: Riflessioni e Proposte

Riflessioni sulle modalità di accesso alla professione

Concorso Notarile: Riflessioni e Proposte

Non richiesto dal direttore intervengo sul tema dell’accesso e, più nello specifico, del concorso per raccogliere alcuni stimoli contenuti nei precedenti interventi di Paolo Guida, Raffaele Viggiani e Michele Labriola, ma anche nei “Ricordi di un commissario di concorso” del Prof Gianluca Sicchiero. E proprio da questo ultimo osservatorio che mi sembra necessario partire. Il prof. Gianluca Sicchiero, commissario di concorso, ha notato nei candidati “una generale assenza di spirito pratico; mi chiedo quanti di loro abbiano mai messo piede in uno studio notarile”. Anche ad un membro laico della commissione è evidente una grave carenza nel percorso di formazione che dovrebbe portare alla “costruzione di una figura del notaio professionalmente completa ed eticamente solida” (Paolo Guida), ma che fallisce in questo obiettivo. “La frequenza dei praticanti presso lo studio notarile di riferimento è sempre più sporadica e saltuaria. …. L’assenza della pratica effettiva, d’altro canto, favorisce una scarsa conoscenza dei principi di comportamento e deontologici indispensabili per svolgere l’attività notarile” (Michele Labriola). Proprio l’intervento del prof. Sicchero ha ricevuto una piccata risposta in una lettera pubblicata sul giornale da parte dell’avvocato Andrea Fiorelli Bertoli, presidente di Apan (Associazione praticanti ed aspiranti notai) che ha lamentato il tono con cui sono stati irrisi, errori, improprietà, cattive interpretazioni o semplici inesattezze degli elaborati consegnati. Eppure l’assenza di spirito pratico di coloro che affrontano, e superano, il concorso notarile è sotto gli occhi di tutti, come si può aver conferma osservando il florilegio di ingenuità, insicurezze e debolezze fornito da una lettura del gruppo Facebook “Notai d’Italia”. Non c’è dubbio quindi che stiamo assistendo ad una stagione nella quale si affacciano alla professione nuovi notai che hanno superato il concorso senza una reale frequentazione degli studi, magari con una solida preparazione teorica, ma con un senso pratico molto labile. Individuato il problema, occorre trovarne la causa e provare ad ipotizzarne le soluzioni. Innanzitutto bisogna escludere dalla responsabilità i candidati al concorso. Chi si approccia al notariato, da sempre, ha un unico assorbente obiettivo. Superare il concorso. Nessuno aspira a diventare un notaio senza senso pratico. E’ il concorso, per come è oggi organizzato, a non richiedere senso pratico per il suo superamento ed i candidati orientano la loro preparazione per ottenere il risultato concentrandosi su aspetti prevalentemente teorici. E neppure possiamo attribuire alla responsabilità alle scuole del notariato. Le scuole istituzionali perseverano nel voler affiancare alla preparazione teorica la “costruzione di una figura del notaio professionalmente completa ed eticamente solida”. E così facendo da molti anni sono sprofondate in una crisi di iscritti che ha portato alla chiusura di alcune ed al drastico ridimensionamento di altre. Le scuole commerciali hanno un fine di lucro ed offrono ai clienti/praticanti il prodotto che cercano. Quella preparazione, quasi esclusivamente teorica, che serve a superare il concorso. Spirito pratico, etica e deontologia non vengono offerte perché non sono richieste dai clienti e non lo sono perché (con fondamento) non ritenute utili al superamento del concorso. Né si può chiedere a chi persegue fini di lucro di offrire ai clienti un prodotto che essi non sono disposti a pagare (altro è chiedersi, come giustamente fa Paolo Guida, se questa attività di impresa sia compatibile con l’attività notarile alla luce dell’art. 2 l.n.). Del resto sono gli stessi praticanti, per bocca del loro presidente, ad evidenziare come “il moderno concorso, allo stato dei fatti, vada affrontato limitando le ore da dedicare all’attività in favore di un approfondito studio su libri ad hoc e dello svolgimento di un congruo numero di casi sul genere di quelli concorsuali”. Il problema non sono quindi le scuole, ma è il concorso in sé e può essere superato solo riformandolo per consentire una valutazione del candidato anche sotto il profilo della capacità pratica a risolvere problemi concreti con gli strumenti che il notaio ha a disposizione nella quotidianità. La proposta concreta è la seguente. Far svolgere una delle tre prove concorsuali (si potrebbe pensare ad un sorteggio per stabilire quale delle tre) mettendo a disposizione del candidato un fascicolo informatico con tutti i documenti relativi alla pratica (i.e. per atti immobiliari: atti di provenienza, visure, disegni etc., per atti societari bilanci, perizie, patti parasociali etc.), codici commentati, banche dati, in modo da simulare quanto realmente avviene in uno studio. Non servirà quindi, per dimostrare la propria idoneità, ricordare cosa dice la Cassazione o uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato, ma la duttilità necessaria per saper recuperare e selezionare tutte le informazioni utili alla soluzione del problema. Solo costruendo il concorso a somiglianza della quotidianità dello studio notarile si potrà riportare nello studio la preparazione, recuperando così quel senso pratico ed etico necessario a mantenere elevato il prestigio della categoria. Alle scuole non resterebbe che rimodellare il proprio insegnamento alle diverse (e migliori) qualità che il nuovo concorso dovrebbe selezionare.

Articolo pubblicato su Federnotizie

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