Il Tar delle Marche sposa l'equo compenso
Accolto il ricorso sulla bassa remunerazione contro la Provincia di Macerata
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“Siamo di fronte ad una sentenza estremamente importante, che ci auguriamo possa essere da sprone per una rapida e piena approvazione dell’equo compenso per i professionisti italiani, colmando il vuoto apertosi anni fa con la dannosa eliminazione delle tariffe minime”. È quanto afferma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani commentando la sentenza del Tar delle Marche che ha accolto il ricorso degli Ordini dei commercialisti di Ancona e Pesaro e Urbino contro la Provincia di Macerata che, nell’ottobre del 2018, aveva pubblicato un annuncio per l’acquisizione di candidature ai fini della nomina dell’organismo di controllo (Sindaco unico) di una società in house, per un compenso annuo pari a 2.000 euro oltre Iva e Cpa. Nel ricorso, recita una nota, “si sosteneva che il compenso predeterminato in maniera fissa e unilaterale dalla Provincia, violasse il minimo tariffario che, se determinato tenendo conto sia della parte riferibile all’incarico di revisore dei conti che a di quella riferibile all’incarico di sindaco di società, avrebbe dovuto ammontare ad oltre 7.000 euro. Gli Ordini ricorrenti avevano sottolineato anche la violazione della disciplina dell’equo compenso dei professionisti autonomi, introdotta da una legge del 2017, che individua tra i “contraenti forti” anche la Pa”. Per il consigliere nazionale delegato ai compensi e agli onorari professionali, il marchigiano Giorgio Luchetta, “va reso merito agli Ordini territoriali di Ancona, Pesaro e Urbino che con la loro determinazione hanno raggiunto un risultato che ci auguriamo possa avere ora effetti positivi sul piano nazionale. Il nostro obiettivo è rendere maggiormente coerenti e congrui i parametri per remunerare le attività dei commercialisti”, conclude.
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