Anno: XXV - Numero 76    
Venerdì 3 Maggio 2024 ore 13:15
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Giovani lontano dalle professioni. Ingresso lungo e redditi bassi

Negli ultimi anni le nuove leve che esercitano l’attività professionale sono sempre meno e a livello di sistema difficile coprire il turn over. I compensi non tengono il passo dell’inflazione

Giovani lontano dalle professioni. Ingresso lungo e redditi bassi

Professioni sempre meno attrattive per i giovani. L’ultimo segnale di allarme in ordine di tempo è arrivato qualche giorno fa dalla Cassa nazionale del notariato che in un comunicato parla espressamente di «calo delle vocazioni» e di un fenomeno di «prepensionamento». Due facce ricondotte alla stessa medaglia: il calo dei repertori, molto sensibile negli ultimi anni.

Per gli under 45 il repertorio medio netto (che comprende le attività da pubblico ufficiale) è crollato del 33,9% dal 2006 al 2022. Per gli under 35, nel primo anno di attività, il repertorio, secondo la Cassa, non supera i 20mila euro e, in alcuni casi – come nel 2020 – si è fermato a poco più di 12mila euro. Tuttavia, la forte contrazione dei repertori è una situazione generalizzata: nelle classi di età oltre i 45 anni la variazione 2022 rispetto al 2006 è del 31,3 per cento. A risentirne sono soprattutto gli studi notarili del Sud. In generale, rispetto al 2010 gli atti a repertorio sono diminuiti di circa 700mila unità.

Va segnalata comunque una profonda polarizzazione della professione: al Nord – dove il fenomeno è più pungente – il reportorio prodotto dai primi dieci notai (pari allo 0,4% degli attivi del Nord – 2.481 – con età media pari a 58 anni) equivale a quello prodotto dagli ultimi 336 notai della medesima area (pari al 13% con età media pari a 51 anni).

Stando a questi dati della Cassa del notariato, si dovrebbe concludere che le riforme tra alla fine negli anni 90 del vecchio secolo e poi nel 2011/2012 – con la liberalizzazione delle forme pubblicitarie e l’abolizione delle tariffe – hanno mancato il segno.

Se il caso dei notai ha forti peculiarità, poiché l’ingresso è regolato da un concorso pubblico con i posti quantificati dal ministero dello Giustizia, nel complesso l’invecchiamento della popolazione professionale è illustrata nelle ricerche dell’Adepp, l’associazione delle Casse private, che censisce non tutti gli iscritti agli Albi (un universo più ampio), ma i contributori degli enti di previdenza privata (sono ricompresi, per esempio, anche i medici dipendenti).

Secondo l’ultimo rapporto Adepp disponibile, relativo al 2022 (dati al 31 dicembre 2021), la fascia di iscritti con età compresa tra i 40 e i 50 anni, nel 2005 rappresentava il 31,2% del totale ma nel 2021 si è ridotta al 26,9%; invece quella tra i 50 e i 60 anni è passata, nello stesso periodo, dal 18% al 25,6 per cento.

Se si guarda agli under 40, questi nel 2005 rappresentavano il 41% degli iscritti alle Casse. «Tale quota – si legge nel rapporto – è scesa costantemente negli anni arrivando a circa 28,2 punti percentuali nel 2021». Le ragioni? Molteplici. L’Adepp evidenzia che si lavora più a lungo, anche per effetto dell’innalzamento dell’età pensionabile nelle Casse di previdenza privata, dove tra l’altro registrano molti pensionati attivi. Ci sono poi l’invecchiamento generale della popolazione e il calo degli iscritti all’università tra il 2005-2013.

In linea generale il sistema delle professioni e della previdenza privata, che va dai commercialisti agli ingegneri, dai medici ai notai, ed è dunque molto diversificato sia per quanto riguarda le modalità di formazione (a numero chiuso per i medici, ad esempio) e di selezione (a numero predeterminato per i notai, per esempio) sia per quanto riguarda le modalità di esercizio dell’oggetto professionale (con riserve ed esclusive più o meno in condivisione con altre categorie o solo con “attività tipiche” oltre a quelle libere) dovrebbe fare i conti con il dato delle uscite maggiore rispetto a quello dei nuovi ingressi. Gli iscritti Adepp contribuenti attivi nel 2021 erano 1.590.657 (1.581.75 nel 2020) e i pensionati erano 108.617 (98.175).

Se il punto di vista si sposta sugli iscritti all’Albo, può essere significativo fare riferimento al Rapporto 2023 sui dottori commercialisti e gli esperti contabili, diffuso all’inizio di maggio dal Consiglio nazionale e curato dalla Fondazione studi.

Nel 2022 gli iscritti all’Albo dei commercialisti sono rimasti stabili sopra 120mila unità. A essere particolarmente allarmante è il dato degli iscritti nel Registro dei praticanti, diminuiti dell’8,4%, portandosi a fine 2022 a 12.781 unità (- 1.173 candidati). Nella presentazione del Rapporto si rimarca che «Il 2022 segna, per la prima volta, una crescita zero degli iscritti all’Albo, dopo la leggera ripresa del biennio pandemico (2020 e 2021), in linea con il rallentamento della crescita in atto dal 2016». Il calo degli iscritti all’Albo interessa maggiormente il Sud. Un elemento, pur nei numeri contenuti, va segnalato: gli iscritti alla sezione B, quella degli esperti contabili (che richiede il titolo di laurea triennale, oltre al tirocinio), aumenta del 9,5%, mentre gli iscritti nella sezione A, commercialisti (titolo di studio la laurea specialistica, oltre al tirocinio), sono diminuiti dello 0,2 per cento.

Il fondo sovrano e i beni pubblici europei

Ultima notazione, rispetto alla ricchezza del rapporto, i dati relativi al redditi che sono quelli dichiarati alle due Casse di previdenza cui fa riferimento la categoria. Il reddito medio professionale del 2022 (anno d’imposta 2021) si è incrementato del 9,3% rispetto al 2020 ed è pari a 68.073 euro. Tra il 2008 e il 2022, il reddito medio nominale dei commercialisti è aumentato del 13,7% ma quello reale ha perso il 9,4 per cento. Va considerato che questi valori sono riferiti alla generalità della platea dei commercialisti, al lordo delle differenze di età e genere.

Le statistiche, dunque, restituiscono uno spaccato del mondo professionale dove entrano sempr meno giovani, anzi molti nuovi ingressi – come ha rilevato l’indagine di Confprofessioni, la conferazione dei sindacati dei professionisti – avvengono dopo i 35 anni anni, avendo alle spalle altre esperienze lavorative.

D’altra parte, come si è visto da questi dati l’universo professionale è particolarmente sensibile alle tendenze generali, come l’invecchiamento della popolazione. Così pure soffre di questioni relative ai mercati di riferimento e alla forte concorrenza interna. Chi entra, dopo un percorso di studi lungo, in molti casi un tirocinio (spesso non pagato), si ritrova a fare i conti con un cash back – per dirla con l’espressione utilizzata dalla Cassa del notariato, cioè il ritorno dell’investimento economico degli studi – che si proietta su un tempo sempre più lungo. D’altra parte, si ricordi che, come emerso con le richieste di aiuti Covid, circa 560mila professionisti che esercitano l’attività autonoma, su un totale di poco più di 1,1 milioni, dichiara un reddito non superiore a 20mila euro.

Come sovvertire questa situazione che è grave non solo per le professioni ma per tutto il sistema produttivo?

Da Il Sole 24 0re

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