Autonomia differenziata, sì della Camera.
Dopo una lunga maratona notturna alla Camera, alle 7.40 del mattino, arriva il secondo e definitivo sì al disegno di legge sull'Autonomia. Con 172 sì, 99 voti contrari e 1 astenuto l'aula di Montecitorio ha licenziato il provvedimento che quindi diventa legge. Cosa cambia.

Autonomia differenziata, sì della Camera.
Dopo una lunga maratona notturna alla Camera, alle 7.40 del mattino, arriva il secondo e definitivo sì al disegno di legge sull’Autonomia. Con 172 sì, 99 voti contrari e 1 astenuto l’aula di Montecitorio ha licenziato il provvedimento che quindi diventa legge. Cosa cambia.
Il ddl sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è una legge ordinaria, non costituzionale, che si propone di attuare il Titolo V della Costituzione. Contiene 11 articoli e definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116. In particolare, definisce le procedure per definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata.
La legge consente di “trasferire funzioni” dallo Stato, centrale alle Regioni su 23 materie chiave
Istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, giustizia di pace, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, demanio idrico e marittimo, commercio con l’estero, cooperative, energia, sostegno alle imprese, comunicazione digitale, enti locali, rapporti con l’Unione europea. Quattordici tra esse, definiti diritti civili e sociali, sono materie per le quali occorre rispettare i Lep, Livelli essenziali di prestazione.
Obiettivo
il disegno di legge presentato dal ministro per gli Affari Regionali, Roberto Calderoli, mira a concedere maggiori poteri e autonomia alle Regioni a statuto ordinario che ne faranno richiesta. Le Regioni avranno maggiore autonomia decisionale e gestionale in settori strategici, pur mantenendo un quadro di garanzie essenziali per i cittadini a prescindere dal contesto regionale di appartenenza.
Concretamente cosa potrebbe cambiare?
In tutte queste materie, lo Stato potrebbe perdere quasi ogni ruolo, demandando ogni potere alle Regioni. Si potrebbe giungere a regioni che assumono insegnanti, personale amministrativo della giustizia, gestiscono i musei, acquisiscono al demanio regionale strade, ferrovie, fiumi e litorale marittimo, decidono le procedure edilizie, stabiliscono i piani paesaggistici, governano il ciclo dei rifiuti, intervengono a sostegno delle imprese e della ricerca anche nelle relazioni internazionali.
Dalla sanità alla scuola, alla gestione dei trasporti, in futuro potremmo avere 20 sistemi differenti?
Il rischio c’è perché alle regioni verrebbe attribuita la potestà legislativa sull’intera materia: dalle norme generali all’assunzione di personale, dai criteri di valutazione ai programmi scolastici.
Cosa sono i LEP
Sono i livelli essenziali di prestazioni (LEP) che dovranno essere garantiti in modo uniforme a tutti i cittadini, indipendentemente dalla Regione di residenza. La definizione di questi standard minimi di servizi da assicurare in tutto il territorio nazionale sarà fondamentale, poiché molto dipenderà dal livello a cui verranno fissati
Le richieste di autonomia
Devono partire su iniziativa delle stesse Regioni, sentiti gli enti locali. In particolare, si legge: “Si stabilisce che l’atto di iniziativa sia preso dalla Regione interessata, sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell’ambito della propria autonomia statutaria. L’iniziativa di ciascuna Regione può riguardare la richiesta di autonomia in una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni. Segue il negoziato tra il governo e la Regione per la definizione di uno schema di intesa preliminare”.
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