Anno: XXVI - Numero 131    
Lunedì 7 Luglio 2025 ore 13:45
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Vacanze da Papa.

A passeggio nella Castel Gandolfo che ritrova il suo amico più intimo Per dodici anni Francesco non ci andò, e trasformò la reggia in un museo, obbligando il paese a darsi da fare coi turisti. Ora Leone torna fra i suoi figli: i discendenti dei paesani a cui Pio XII salvò la vita.

Vacanze da Papa.

“Almeno hanno rifatto le strade…”. Ci mancherebbe altro, viva il Papa tornato a Castel Gandolfo per due settimane di vacanza, bandiere del Vaticano issate accanto a quella italiana, Dio lo ringrazi. Ma quello che alcuni del paese con il corrispondente lago, peraltro sempre più asciutto, ancora chiamano lo sgarro di Francesco, ovvero aver rinunciato a passare qui le vacanze estive, per molti altri è stata un’opportunità, grande. La storia aiuta per meglio comprendere. In quasi cinquecento anni, da quando i Papi, appartenenti alle famiglie nobili romane, iniziarono a villeggiare prima a Frascati e poi a Castel Gandolfo, il primo fu Urbano VIII, ci sono state delle lunghe interruzioni nella presenza papalina.  Anche quarant’anni e più: i 12 di Bergoglio sono stati davvero un’inezia. Ma Francesco negò le sue visite estive in omaggio al voto di povertà e sobrietà, regalando, è proprio il caso di dirlo, la possibilità che il palazzo del Papa divenisse un museo permanente, cosa che non si era mai vista, restando sempre in passato le Ville Pontificie blindatissime. “Questa scelta ha aiutato moltissimo – osserva Gabriele Mariani, gestore dello storico Antico hotel ristorante Lucia Pagnanelli –. Ci attendiamo che papa Leone la confermi, come già ha fatto quest’anno, per gli anni a venire”.

Certo, la notizia dell’arrivo di domenica è rimbalzata sui giornali di mezzo mondo. Il parroco di San Tommaso, don Taduesz Rozmus, scherzando ha persino offerto la sua Kawasaki al Papa: “Sono a sua disposizione”. Leone non alloggerà nella storica dimora, bensì nella villa Barberini, che sta accanto, in cui sono stati allestiti da decenni giardini tra i più belli al mondo. Avrà a disposizione una piscina, voluta da papa Giovanni Paolo II e un campo da padel, lui amante del tennis. E la quiete dei giardini, il cui ingresso stamattina era tassativamente chiuso, con due steward a fare melina sui movimenti del Papa. “È uscito per fare colazione? Ha attraversato la piazza? Lo farà oggi in giornata?”. Sorrisi. Il paese dei Castelli sapeva da fine maggio dell’arrivo del Papa. In piazza della Libertà, la principale, dove il Pontefice si affaccerà il 13 luglio per l’Angelus, ci sono più vigili urbani e poliziotti che turisti. Le forze dell’ordine al servizio del Papa. Non si sa mai, esce, rifà il bagno di folla, come domenica pomeriggio, e sull’orario di arrivo non si scherza, ore 17,01, con la già leggendaria narrazione di Leone XIV che ordina al conducente del Suv di “tirare il freno a mano”, fermarsi e scendere. “Lo ha detto, lo ha detto…”.

L’apertura del museo aiutò un paese a scuotersi dal torpore. Non c’erano bed and breakfast e ora ci sono, il corso della Repubblica era spoglio e senza brio nei locali, mentre oggi i tavoli sono in modo permanente nella via trasformata in isola pedonale. Anche i due bar su Piazza della Libertà, dove il corso finisce, hanno ritrovato vita vera: si fanno aperitivi e taglieri tutto l’anno, con il Papa troppo presente in estate, c’era più morigeratezza. Stefano, dello storico bar Carosi, alza le braccia al cielo. “Avevamo bisogno del Papa, c’è un rapporto con la sua figura che va al di là – dice – . Da tre giorni è tutto un dire, vociare, è festa per noi”. I locali sul corso, tra cui Di Padre in Figlio, premiato da Quattro Ristoranti, nei 15 giorni di permanenza papale dovranno ritirare i tavoli più e più volte per motivi di sicurezza. Non sono contenti, ma non lo dicono e indicano la bandiera bianca e gialla.

Giulia Agostinelli, portavoce del sindaco, centra la narrazione. “Qui il rapporto con il Papa è intimo, si tramanda da generazioni. I cittadini di Castel Gandolfo sono stati salvati dal Papa durante i bombardamenti americani”. Andò proprio così. Dopo lo sbarco di Anzio, gli anglo americani nel tribolatissimo tragitto verso Roma bombardarono le zone in cui ritenevano vi fossero postazioni naziste. Migliaia di profughi nei paesi dei Castelli e quelli di Castel Gandolfo furono ospitati nelle Ville Pontificie, nelle stesse stanze oggi adibite a museo: nel corso del conflitto circa 12.000 persone sono state ospitate dentro le Ville. Nacquero anche dei bambini a cui fu dato il nome del Papa Pacelli, o Pio o Eugenio e Eugenia. Un debito di riconoscenza che i cittadini sentono ancora oggi, quel legame che non passa.

Alcide De Gasperi non aveva una casa a Roma e anche lui riparò a Castel Gandolfo, dove poi trovò residenza stabile in una villa sobrissima che guarda il lago, a ottocento metri da piazza della Libertà. Pio XII e Paolo VI, uno a venti anni di distanza dall’altro (1958 e 1978) morirono nel letto papale della Villa Pontificia. Castel Gandolfo ha avuto un altro momento di popolarità ai tempi delle Olimpiadi del 1960. Qui si tennero le gare di canottaggio, ma quelle strutture, dopo, furono lasciate marcire e oggi quel che restava è stato tolto dal teatro del lago. “Peccato”, dice Daniela, che da anni gestisce uno stabilimento. Peccato, sì. Perché adesso con l’eccitazione per il ritorno del Papa qualcuno ipotizza ascensori dalla stazione ferroviaria al paese, quando c’era già qualcosa che poteva essere conservato. Leone XIV resterà fino al 20 luglio e tornerà a Ferragosto. Vedremo col tempo l’effetto che farà.  

di  Fabio Luppino su HuffPost

 

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