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Specializzandi anti-Covid bloccati dai prof “baroni”

Pronti a essere “arruolati” per le Rianimazioni: fermati con velate minacce

Specializzandi anti-Covid bloccati dai prof “baroni”

La minaccia le è arrivata dal barone universitario, velata e subdola, forse anche per questo ancora più temibile. “Tutto tra le righe: se avessi risposto alla chiamata per rinforzare i reparti di terapia intensiva – dice Lucia –, mi avrebbe messo i bastoni tra le ruote, fino anche a compro- mettermi il completamento del ciclo formativo. Non è successo solo a me ma anche a dieci miei colleghi”. Lucia (il nome è di fantasia) ha 33 anni, è una specializzanda in Anestesia e Rianimazione. Una dei giovani medici che avrebbero voluto “arruolarsi” per fronteggiare l’emergenza sanitaria, grazie al decreto 14 del 9 marzo scorso del premier Giuseppe Conte, che prevede il reclutamento di specializzandi del quarto e quinto anno, con incarichi di lavoro autonomo della durata di sei mesi, per rinforzare il personale sanitario. Lucia si è rivolta al sindacato degli anestesisti e dei rianimatori (Aaroi-Emac), senza sapere che molti altri specializzandi, in varie parti d’Italia, erano nelle sue stesse condizioni: ricattati, più o meno apertamente. “Ho ricevuto una trentina di segnalazioni – conferma Alessandro Vergallo, presidente di Aaroi-Emac –. Dal Centro-Sud ma anche dal Veneto: tutti sono impauriti. Impedire l’applicazione del decreto in questa fase di emergenza è criminale”. Lucia, che avrebbe voluto prestare servizio nella sua regione, teme ritorsioni. “Il decreto – sostiene –, prevede per gli specializzandi il riconoscimento dell’attività prestata durante lo stato di emergenza, che può valere per i concorsi. Ma non è chiaro come debba essere rilasciato. E anche qui si è insinuata la minaccia. Certo, non me lo ha detto apertamente. Ma me lo ha fatto capire che il coltello dalla parte del manico ce lo ha lui, che può tagliarmi le gambe. E io completo la formazione in novembre, ho ancora molti mesi davanti e pochi strumenti per difendermi, come tanti miei colleghi”. Uno stop alla possibilità che dagli specializzandi arrivi un sostegno agli anestesisti e ai rianimatori in prima linea ormai allo stremo, “mentre assistiamo al reclutamento di medici all’estero – spiega Vergallo –, con incarichi pagati lautamente, fino a 12mila euro al mese”. Il decreto di Conte prevede che gli specializzandi restino iscritti alla scuola universitaria e continui- no a beneficiare del trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico-specialistica, integrato dall’emolumento stabilito dall’azienda sanitaria. Il problema affonda le radici nella contesa annosa tra sanità ospedaliera e università. Gli specializzandi sono manovalanza preziosa per le baronie universitarie, per esempio per la raccolta dei dati necessari alla stesura delle pubblicazioni sulle riviste scientifiche e per i congressi internazionali. Ma non c’è solo questo. Di mezzo c’è una riforma incompiuta. Quella con la quale due ministeri della Salute, prima quello guidato da Beatrice Lorenzin poi quello retto da Giulia Grillo, hanno tentato di scardinare lo strapotere delle università e del Miur, introducendo il contratto di formazione-lavoro per gli specializzandi. Riforma realizzata monca con il decreto Calabria, che subordina l’assunzione di uno specializzando a una lunga serie di paletti, come quello che impone il suo reclutamento solo negli ospedali che fanno parte della rete ospedaliera formativa in convenzione con le università. “Oggi parliamo di medici con borse di studio da 1.700 euro al mese per un totale di specializzandi in anestesia e rianimazione di circa 3.400 persone – spiega Vergallo –. Ma sono camici grigi: esistono e non esistono. Ed è chiaro che se uno non è contrattualizzato è alla mercé del direttore della scuola di specializzazione”.

Fonte. Corriere Universitari.it

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