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Violenza sulle donne, che cosa cambia con l’approvazione della legge

Il disegno di legge appena approvato in un Senato deserto è il primo passo per far fronte ad un problema sempre più grave che da inizio anno, ha causato già la morte di 105 donne

Violenza sulle donne, che cosa cambia con l’approvazione della legge

Da tempo si chiede al Governo di affrontare il problema della violenza sulle donne in modo più strutturale e meno emergenziale, ora sembra sia stato posto un importante punto di inizio. L’approvazione all’unanimità di maggioranza e opposizione al disegno di legge “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” in Senato è stato il primo passo per far fronte ad un problema sempre più grave che, ad oggi, da inizio anno, ha causa già 105 morti di donne per mano del loro partner o ex compagno. Ma cosa prevede la legge nel dettaglio? Il cosiddetto ddl Roccella, così chiamato perché presentato diversi mesi fa dalla ministra per la Famiglia e le Pari opportunità, si compone di diciannove articoli, diretti da un lato a rafforzare la protezione delle vittime di violenza attraverso misure di prevenzione, il potenziamento delle misure cautelari e l’anticipazione della soglia della tutela penale, dall’altro ad assicurare la certezza dei tempi dei procedimenti che hanno ad oggetto reati di violenza di genere o domestica.

La nuova legge punta a rendere più semplice l’applicazione delle norme già contenute nel “Codice Rosso” e a favorire la prevenzione, soprattutto con un inasprimento di pene e misure coercitive già esistenti. Tra le principali misure pensate per la prevenzione c’è l’estensione delle misure cautelari anche alle persone accusate dei cosiddetti “reati spia”, cioè quelli che sono indicatori di violenza di genere: per esempio percosse, lesione personale, minaccia grave, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, violazione di domicilio. Nell’articolo 1, si estende ai reati spia anche la possibilità di disporre il cosiddetto ammonimento, uno strumento con cui il questore può ritirare eventuali armi legalmente possedute dalla persona «ammonita» e procedere d’ufficio nel caso in cui si riproponga il comportamento oggetto delle accuse, senza il bisogno di una querela. Per la valutazione delle misure cautelari da parte del pubblico ministero, sono stati introdotti tempi più brevi. Il giudice potrà inoltre imporre alla persona accusata di non avvicinarsi ai luoghi frequentati abitualmente dalla presunta vittima, con l’obbligo di mantenere una distanza di almeno 500 metri: l’obbligo potrà essere fatto rispettare anche con l’uso del braccialetto elettronico.

Nell’articolo 10 si introduce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 382-bis, al fine di consentire l’arresto in flagranza differita in casi di maltrattamenti, atti persecutori o violazione di un provvedimento di allontanamento. Si potrà, quindi, arrestare una persona accusata anche nei casi in cui il reato sia dimostrabile attraverso video, foto o altro genere di documentazioni, a condizione che non si superino le 48 ore dal fatto documentato. L’articolo 13 introduce alcune deroghe alla disciplina vigente in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché modifiche alla normativa in tema di conversione dell’arresto in flagranza e del fermo in misura coercitiva. L’articolo 15 modifica la concessione della sospensione condizionale della pena, prevedendo che non è sufficiente la mera partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, ai percorsi di recupero, ma occorre che tali percorsi siano superati con esito favorevole.

Che la nuova legge possa bastare ad evitare nuovi femminicidi, sono in molti ad avere dubbi. “Bisognerebbe prevedere presidi di medicina scolastica – afferma il segretario generale del Sindacato medici italiani Pina Onotri – anche, tra le altre cose, per intercettare il disagio psichico dei giovani, per opere di prevenzione ed educazione. Per di più, la medicina scolastica aiuterebbe lo sviluppo dell’educazione sessuale. L’Italia, infatti – evidenzia la leader sindacale – è uno dei pochi Paesi europei a non avere introdotto programmi di educazione sessuale obbligatoria in classe”. “La violenza sulle donne, e molte volte anche sulle donne medico – sostiene Onotri – si combatte aprendo una nuova stagione educativa dedicata alle giovani generazioni e introducendo pene certe e severe per i colpevoli”. Lo Smi invita dunque le istituzioni ad affrontare l’emergenza “in modo strutturale”, auspicando che “il Parlamento, in modo assolutamente unitario, introduca nelle scuole campagne di sensibilizzazione e specifici insegnamenti, partendo dal riguardo degli altri, delle leggi e delle istituzioni. Educare, in definitiva, al rispetto della vita e dell’individuo”.

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