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Pensioni le novità nella Legge di Bilancio 2020

Ecco cosa cambia

Pensioni le novità nella Legge di Bilancio 2020

Dopo l’introduzione di alcune micro tasse, il testo definitivo della Legge di Bilancio 2020 (approvato in Senato il 16 dicembre, tornerà alla Camera probabilmente senza ulteriori modifiche) porta con sé alcune piccole novità anche sul fronte delle pensioni, confermando però l’impianto così come era stato definito ormai settimane fa. Nel corso del 2020 il governo cercherà di mettere mano alla nuova riforma pensionistica fissando 3 tipi di flessibilità che dovrebbero diventare strutturali, ma intanto ci sono alcune conferme, alcune proroghe e una novità.

Pensione di vecchiaia

L’età della pensione di vecchiaia resta fissata per il 2020 e 2021 a 67 anni. Come si legge nel decreto del ministero dell’Economia pubblicato sulla gazzetta Ufficiale: «A decorrere dal 1 gennaio 2021, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici non sono ulteriormente incrementati». In particolare, via XX settembre ha preso atto della nota del presidente dell’Istat che comunica l’aumento della speranza di vita a 65 anni, «pari a 0,021 decimi di anni». Il dato, spiega il decreto, «trasformato in dodicesimi di anno, equivale a una variazione di 0,025 che, a sua volta arrotondato in mesi, corrisponde a una variazione pari a 0». Nel 2020 usciranno dal mercato del lavoro i nati nel 1953, e nel 2021, i nati nel 1954.

Quota 100

È pressoché certa la conferma di Quota 100 anche per il 2020 e, probabilmente, anche per il 2021, completando così il triennio di prova. Quota 100, che non è altro che la somma tra l’età anagrafica e gli anni di contributi versati, dà la possibilità di congedarsi dal lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi. La novità per questo provvedimento è arrivata il 16 dicembre con il maxiemendamento che prevede 300 milioni di risparmi per il 2020, che vanno così ad aggiungersi all’1,7 miliardi calcolati dal Def (Documento di Economia e Finanza). Per il 2012 i risparmi previsti si aggirano attorno ai 900 milioni, mentre scendono a 500 milioni nel 2022, con un risparmio nei 3 anni di 3,8 miliardi (le domande pervenute all’Inps nel 2019 sono risultate esigue). Terminato il periodo sperimentale cosa accadrà? Quota 41 potrebbe essere l’opzione più percorribile: prevede di mandare tutti in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Oggi, in base alla legge in vigore e in alternativa alla pensione di vecchiaia, si può optare per la pensione anticipata con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, ma bisogna soddisfare determinati requisiti (essere lavoratori precoci e appartenere a una categoria svantaggiata: disoccupati, invalidi al 74%, lavoratori gravosi…). Un’altra ipotesi è Quota 103: una pensione anticipata con più anni di contributi e di anzianità.

Opzione donna

Proroga anche per «Opzione donna», canale di accesso anticipato alla pensione riservato alle lavoratrici. Attualmente ne hanno beneficiato le donne che al 31 dicembre 2018 avevano almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età se lavoratrici dipendenti o 59 se autonome. Con la proroga, maturati i requisiti entro il 31 dicembre di quest’anno, le dipendenti dovranno attendere una «finestra» di 12 mesi per la decorrenza della pensione, le autonome 18 mesi. Chi accede a «opzione donna» va in pensione prima ma riceve un assegno calcolato interamente col contributivo, perdendoci circa il 25-30%.

Pensione di cittadinanza

Confermata la pensione di cittadinanza, la versione per gli over 67 del reddito di cittadinanza. A beneficiarne sono i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti con un’età pari o superiore ai 67 anni. Chi è più avanti nell’età (e ha un reddito Isee fino 9360 euro) ha diritto a ricevere un assegno di integrazione che può arrivare fino a un massimo di 780 euro.

Ape sociale

Confermata per il 2020 anche l’Ape sociale per i lavoratori con almeno 63 anni di età e 30 di contributi (che diventano 36 se impegnati in attività gravose).

Rivalutazione assegni

Tra le altre novità pensionistiche, la rivalutazione dell’importo dell’assegno, che prevede l’adeguamento in base all’andamento dell’inflazione. Secondo i dati Istat, l’incremento dovrebbe essere pari a un massimo dello 0,40%, in base all’importo dell’assegno. A beneficiarne non solo le pensioni dirette, ma anche le sociali, gli assegni e le pensioni d’invalidità e d’inabilità, e le pensioni ai superstiti. Le pensioni da 3 a 4 volte il trattamento minimo potranno beneficiare del 100% della rivalutazione (finora era il 97%). Per le pensioni più alte, confermato il meccanismo di rivalutazione del trattamento, con adeguamento al costo della vita tra il 40 e il 100% dell’inflazione. Rimane anche il taglio delle pensioni d’oro (contributo solidarietà fino al 40%). , con un contributo.

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