Anno: XXV - Numero 71    
Mercoledì 24 Aprile 2024 ore 16:45
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Come rimediare agli errori nelle menzioni urbanistiche degli atti notarili?

Da sempre lo Stato ha affidato al notaio il controllo di legalità sui trasferimenti immobiliari e, a tal fine, gli riconosce una importante funzione di garanzia nella circolazione immobiliare.

Come rimediare agli errori nelle menzioni urbanistiche degli atti notarili?

Detto ciò, è frustrante sapere che oggi il cittadino ritenga che l’attività notarile si limiti ad una firma su un paio di fogli scritti.

Questo accade un po’ per colpa di alcuni notai che negli anni hanno svilito la professione, abdicando a più riprese al rispetto dei propri obblighi deontologici, un pò per colpa della clientela stessa, sempre più interessata al mero risparmio di spesa, come se acquistare un immobile sia un pò come andare al mercato ortofrutticolo.

Tornando al punto, al notaio cui viene richiesto di redigere un atto, ad esso spetta eseguire una serie di controlli, come quello relativo alla ricostruzione della storia ventennale dell’immobile, al fine di verificarne la libertà da ipoteche e la legittimazione a vendere del venditore, il controllo sulla conformità catastale, che sottende un’evidente finalità fiscale volta alla determinazione della rendita su cui computare le imposte e, non ultimo, il controllo sulla regolarità urbanistica degli immobili.

In particolare, oggi l’art. 46 del Testo Unico dell’Edilizia stabilisce che “gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.”

Il notaio non ha responsabilità

Lo Stato vuole vietare la circolazione di immobili abusivi e realizza lo scopo, per mezzo del notaio, quale soggetto incaricato di verificare che gli atti da lui rogati rispettino la legge. Ovviamente non si può pensare che il notaio sia un esperto di diritto urbanistico, peraltro una della materia più complesse e stratificate che ci siano.

La legge richiede solo che il venditore dichiari in atto in forza di quali titoli è stato costruito l’immobile poiché questi è l’unico in grado di conoscere la storia urbanistica di ciò che vende. Non si esclude che del controllo urbanistico si possa occupare il notaio, non personalmente, ma incaricando un esperto che sia in grado di dar conto della situazione urbanistica dell’immobile.

È una attività supplementare, pur sempre a servizio delle parti, che certo avrà un costo (di per sé non facilmente predeterminabile, stante le complessità che tale attività di ricerca può comportare) ma che il notaio può offrire loro, sempre che siano interessate, visto che, come detto, oggi “la sicurezza degli acquisti immobiliari” sembra un surplus cui si può facilmente rinunciare.

Di norma, il notaio chiederà al venditore queste informazioni nonché la documentazione relativa alla storia urbanistica dell’immobile. Il notaio, quindi, non potrà che rimettersi a quanto questi dichiarerà in atto, poiché, come detto, non ha né le competenze né gli strumenti per effettuare una verifica diretta sulla veridicità o sulla completezza della documentazione.

Se il venditore dichiara che per la costruzione dell’immobile siano stati rilasciati un permesso di costruire e una successiva variante, al notaio non resta che fidarsi, dando conto in atto della dichiarazione del venditore.

La nullità per mancanza di titolo edilizio

I problemi sorgono quando, una volta stipulato l’atto, ci si accorga che ci si è dimenticati di citare un titolo edilizio. Come visto, l’art. 46 sanziona questa ipotesi con la nullità dell’atto. Ma bisogna fare attenzione. Non tutte le ipotesi sono uguali! La dottrina quando parla di nullità la differenzia in due categorie, la nullità formale e la nullità sostanziale.

La prima si verifica, come nell’esempio di poc’anzi, quando il venditore si dimentichi un titolo edilizio che in realtà è stato effettivamente rilasciato.

L’immobile in questi casi è urbanisticamente in regola ma l’atto resta nullo per mancanza di dichiarazione. Diversa è l’ipotesa della nullità sostanziale che si verifica quando non solo il titolo è omesso ma non sia stato proprio richiesto, in questi casi l’atto è nullo e l’immobile è incommerciabile, per cui sarà anche necessario regolarizzare la situazione, ove possibile, richiedendo un titolo in sanatoria.

Questa non è solo una distinzione teorica ma ha anche effetti pratici notevoli. Infatti, l’art. 46, al comma 4, disciplina l’atto di convalida stabilendo che “se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dall’insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa”.

Ogniqualvolta si ricada in una ipotesi di nullità formale sarà possibile la convalida successiva dell’atto, mentre se la nullità deriva dalla insussistenza del permesso, l’atto non sarà salvabile. È chiaro l’intento del legislatore in questi casi. Da un lato, combatte l’abusivismo edilizio, dall’altro garantisce la circolazione immobiliare.

Chi dimentica di citare un titolo edilizio pur avendolo richiesto ed avendo costruito conformemente a questo non può essere sanzionato come chi costruisca in assenza o in totale difformità dal titolo stesso. Allo stesso modo, la nullità dell’atto sarà controproducente anche per l’acquirente poiché vedrà impedito il suo acquisto e si dovrà impegnare per richiedere il prezzo pagato al venditore e l’eventuale risarcimento del danno.

La convalida per la nullità formale

Ed è per questo che possiamo sostenere che non tutte le omissioni sono sullo stesso piano. Una mera dimenticanza non può esser sanzionata con nullità assoluta ed è per questo che il legislatore fornisce il rimedio della convalida. Anche l’articolo 47 TUE conferma il diverso peso delle due ipotesi quando afferma che il ricevimento e l’autenticazione da parte dei notai di atti nulli previsti dagli articoli 46 e 30 e non convalidabili costituisce violazione dell’articolo 28 LN e l’applicazione delle relative sanzioni.

Anche per il notaio le due nullità avranno effetti diversi: solo gli atti colpiti da nullità sostanziale ex art. 46 TUE comportano l’irrimediabilità delle conseguenze, mentre in tutti i casi in cui si scopra successivamente una nullità formale, al notaio non potrà esser contestata la violazione dell’art. 28 LN, in quanto l’atto seppur nullo era ricevibile e sarà sempre possibile convalidarlo anche con l’intervento di una sola delle parti.

Dopo questo breve excursus, occorre fare una considerazione di sistema. Se da un lato appare meritevole lo sforzo del legislatore di colpire con la sanzione della nullità gli atti aventi ad oggetto immobili che presentino gravi irregolarità non solo a livello urbanistico ma anche catastale; dall’altro non può che affermarsi che tale sanzione dovrebbe colpire solo le ipotesi più gravi e patologiche mentre negli altri casi si dovrebbe lasciar spazio a rimedi meno invasivi, che non intacchino la circolazione immobiliare e, in tal senso, deve leggersi il nuovo comma 1ter dell’art. 29 della l. 52/85 con il quale si introduce la possibilità di confermare gli atti nulli nei casi in cui la mancata dichiarazione di conformità catastale non sia dipesa da inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità allo stato di fatto.

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