Il mercato del lavoro cambia pelle
Le nuove tecnologie stanno ridisegnando i contorni del mercato del lavoro.
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E non solo perché alcune professioni sono destinate a sparire altre a restare e altre ancora ad arrivare. A preoccupare di più è il rischio legato all’aumento delle disparità.
Tra i lavoratori potenzialmente sostituibili, infatti, il numero dei senior è più elevato così come la percentuale di donne. E la maggior parte di loro risiede nelle regioni del Sud
Che l’intelligenza artificiale (AI) sia destinata ad avere un impatto profondo sul mondo del lavoro non è certo una novità. Nuovi processi produttivi e modelli organizzativi richiederanno nuove competenze ai lavoratori rendendo necessaria sempre più spesso una riqualificazione delle skill. È vero, alcuni ruoli saranno destinati a scomparire, ma altri ne arriveranno specie quelli legati alla gestione e allo sviluppo di tecnologie avanzate, in particolare modo nel campo delle transizioni digitale e green, che rappresentano due fattori abilitanti molto rilevanti. Nuovi ruoli che richiedono competenze tecniche come la programmazione, la gestione dei dati e la comprensione degli algoritmi, oltre a capacità trasversali come il pensiero critico, la creatività e la capacità di lavorare in sinergia con le nuove tecnologie. Un quadro di riferimento dove la formazione continua riveste un ruolo cruciale. Ma l’intelligenza artificiale cambierà anche l’organizzazione del lavoro, richiedendo una nuova forma di collaborazione tra uomo e macchina ed è proprio su questo piano che sono state sollevate alcune importanti questioni etiche, come la necessità di garantire trasparenza nei processi decisionali automatizzati e di evitare discriminazioni nell’uso delle tecnologie. Tematiche complesse che vanno gestite in modo corretto se l’obiettivo è quello di trasformare l’AI in uno strumento prezioso per migliorare la qualità del lavoro, stimolare l’innovazione e mantenere un equilibrio tra automazione e valore umano.
Su questo terreno di avanguardia l’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) ha deciso di analizzare come l’Intelligenza artificiale può influenzare e integrarsi con i compiti tradizionalmente svolti dai lavoratori. “Lavoro e Intelligenza Artificiale in Italia: tra opportunità e rischio di sostituzione” è il titolo del working paper che si propone di identificare i settori produttivi e le professioni in cui l’AI potrebbe offrire il maggiore valore aggiunto.
Uomini meno a rischio
I risultati mostrano che nei gruppi meno sostituibili (Manovali e personale non qualificato nell’edilizia civile e professioni simili; atleti; ballerini; venditori ambulanti di servizi; bagnini e professioni simili), prevalgono gli uomini, mentre nel gruppo dei lavoratori più a rischio di sostituzione dall’AI (il 56,34%) sono le donne a indicare un maggiore livello di rischio.
I lavoratori che fanno parte del gruppo con maggiore rischio di sostituzione dall’AI (Addetti al protocollo di documenti; amministrativi; direttori generali; magistrati; tecnici di biblioteca; economi e tesorieri; fiscalisti e tributaristi; agenti di borsa; addetti alla gestione del personale etc.), tendono a essere leggermente di età più avanzata (46 anni) rispetto a quelli che sono potenzialmente non sostituibili o parzialmente coadiuvati. Tale pattern potrebbe essere dovuto a un’accelerazione dell’automazione in settori occupati da persone più avanti nella carriera, che svolgono compiti più routinari. I lavoratori degli altri tre gruppi si attestano su un’età media di circa 44/45 anni.
Sostituibili e insostituibili
Le regioni con la percentuale più consistente di lavoratori potenzialmente non sostituibili sono il Trentino-Alto Adige (13,62%), la Valle d’Aosta (12,25%), e la Sardegna (11,53%). Probabilmente, la maggiore presenza di patrimonio naturalistico e forestale in queste regioni, implica la presenza di professioni nel gruppo meno sostituibile. Circa i lavoratori sostituibili, la Toscana (13,26%) e le Marche (13,68%) sono le regioni con la percentuale più alta di lavoratori a rischio sostituzione.
Nel gruppo dei lavoratori complementari all’AI, coadiuvati con alcuni tasks sostituibili, le percentuali di lavoratori in questa categoria sono piuttosto uniformi tra le regioni, con Lombardia (11,49%) e Emilia-Romagna (11,54%) che mostrano valori leggermente superiori.
Per quanto riguarda i lavoratori potenzialmente sostituibili, osserviamo una presenza più rilevante delle regioni meridionali, come Sicilia (78,51%), Calabria (77,46%), Campania (77,32%), e Puglia (74,56%). Questo potrebbe indicare una prevalenza di settori a basso valore aggiunto, con mansioni ripetitive e facilmente automatizzabili. Il divario tra Nord e Sud è molto forte secondo queste prime stime, e queste differenze potrebbero riflettere squilibri economici e di sviluppo tecnologico.
I settori a rischio
Nel settore agricolo, silvicolo e della pesca, una grande percentuale di lavoratori (82,62%) è difficilmente sostituibile, poiché attualmente molte attività richiedono l’intervento umano. Altri settori con un’alta percentuale di lavoratori meno sostituibili sono le costruzioni (57,45%), gli alberghi e ristoranti (52,88%) e altri servizi (47,25%). Il commercio (47,5%), l’istruzione (37,41%) e l’industria (31,71%) presentano una distribuzione dei lavoratori in gruppi intermedi, con una possibile coesistenza tra AI e intervento umano.
Le attività finanziarie e assicurative con il 91.7% dei lavoratori, successivamente i servizi di informazione (72,5%), e per concludere i lavoratori del settore dell’Amministrazione pubblica (64.03%) sono collocati maggiormente nell’ultimo gruppo, indicando così un impatto sulle attività talmente ampio da poter sostituire in buona parte il lavoratore.
Aumentano le disparità
In conclusione, i quattro raggruppamenti mostrano che l’AI potrebbe portare, stante la composizione del mercato del lavoro attuale, a un aumento delle disparità più importanti che già caratterizzano il contesto italiano. Una prima preoccupazione riguarderebbe l’equità di genere, poiché le professioni prevalentemente femminili sembrerebbero essere più vulnerabili all’automazione.
Circa gli aspetti geografici, si osserva come nel Nord Italia si abbia una maggiore presenza di lavoratori meno esposti alla sostituzione tecnologica. Questo è coerente con il fatto che il Nord ospita industrie tecnologiche e manifatturiere avanzate. Rispetto al Sud Italia, invece, risulta evidente che le regioni meridionali mostrano una maggiore vulnerabilità all’AI. Le percentuali di lavoratori potenzialmente sostituibili risultano significativamente più alte rispetto al Nord. Questo suggerisce una maggiore concentrazione di lavori ripetitivi e a basso valore aggiunto, in cui l’AI potrebbe svolgere la maggior parte delle attività. Tali disparità, ovviamente, riflettono la composizione del mercato del lavoro e dell’innovazione. Infine, la sostituibilità dei gruppi di lavoro da parte dell’AI varia notevolmente tra i diversi settori. Alcuni vedono un alto potenziale di automazione (Servizi finanziari e assicurativi) e altri che richiedono ancora un significativo intervento umano (Agricoltura, Silvicoltura e Pesca).
di Andrea Battistoni e Valentina Ferri – da Il Libero Professionista Reladed #28 “Intelligenza Etica”
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