Anno: XXV - Numero 52    
Giovedì 28 Marzo 2024 ore 15:40
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Ok del Consiglio di Stato ai nuovi modelli di assistenza sanitaria territoriale

Necessarie specificazioni da apportare al testo del DM71 al fine di conferire “certezza, effettività, concreta attuabilità in sede amministrativa”

Ok del Consiglio di Stato ai nuovi modelli di assistenza sanitaria territoriale

 

La Sezione consultiva per gli Atti normativi del Consiglio di Stato ha, in sostanza, dato disco verde allo Schema di decreto del ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze (il cosiddetto “DM 71”), relativo ai “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, necessario per l’attuazione della misura PNRR M6 – C1. Indicando allo stesso tempo delle necessarie specificazioni da apportare al testo al fine di conferire “certezza, effettività, concreta attuabilità in sede amministrativa”. Insomma, il Consiglio di Stato, per usare una metafora divenuta popolare, ha visto la mucca nel corridoio.

È indubbio che l’anima del DM 71 sia nell’approccio basato su un’assistenza sanitaria territoriale strutturata, che rappresenta il perno centrale per il sistema sanitario in particolare in un’ottica di prossimità. Infatti, secondo la Sezione del Consiglio di Stato lo schema delinea “un innovativo modello organizzativo dell’assistenza sanitaria territoriale, imperniato su un archetipo antropocentrico, che prevede la rimodulazione dei servizi e delle prestazioni offerte affinché siano il più possibile prossimi all’utente raggiungendolo fino al suo domicilio” funzionale a “fornire risposte operativamente efficaci alla necessità, sempre più avvertita, di costruire una rete assistenziale territoriale che sia alternativa all’ospedale e che sia accessibile a tutti, contrastando le disparità “di salute” determinate dai livelli di reddito ovvero dall’area geografica di appartenenza e promuovendo un sistema sanitario sostenibile in grado di erogare cure di qualità”.

Al netto di ciò – e questa credo sia la ratio che ha mosso il Consiglio, nel dare parere favorevole – il giudice amministrativo, auspicando la messa a terra della riforma per assicurare l’uguaglianza del diritto alla tutela della salute, ha chiesto di distinguere nell’Allegato 1, che è il cuore della riforma, le “disposizioni aventi natura squisitamente prescrittiva” da quelle con “funzione evidentemente descrittiva”, senza intaccare la sostanza.

«Tutto ciò – ecco la mucca nel corridoio che la Sezione ha visto in anticipo – anche nella piena consapevolezza che l’intervento in esame si colloca organicamente nel cuore di una materia di legislazione concorrente, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, spettando alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 2 del D.lgs. n. 502/1992, la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi statali. In considerazione, dunque, della competenza delle Regioni e delle Province autonome quanto alla cosiddetta “messa a terra” degli standard e dei modelli organizzativi previsti dal presente regolamento».

Il giudice ha voluto in anticipo mettere in guardia dalle criticità del nostro sistema di competenze in Costituzione, che ha reso la gestione della pandemia complessa, a causa del differente esercizio delle competenze in materia sanitaria e ospedaliera tra le varie Regioni e dell’abuso delle ordinanze extra-ordinem dei Presidenti, diventati “governatori”. Si tratta di un quadro variegato che risulta essere ben descritto dal Report Covid di Altems (Università Cattolica di Roma) che ha rilevato tre modelli di risposta all’epidemia: una gestione prevalentemente ospedaliera in Lombardia e in parte nel Lazio; una gestione prevalentemente territoriale in Veneto e gestione ospedale-territorio in Emilia-Romagna.

Pertanto, desta particolare preoccupazione questo “quadro di crescente complessità istituzionale”, con il quale il disegno dell’assistenza territoriale dovrà fare i conti. Sarà fondamentale richiedere “il costante e leale impegno” dei vari livelli territoriali,facendo tesoro dell’esperienza maturata in emergenza, al fine di non perdere in mille rivoli i soldi del Pnrr, rafforzato peraltro per quanto attiene agli investimenti in risorse umane dalla legge di bilancio 2022. Ma sarà, allo stesso tempo, doveroso intervenire sull’uso congiunturale dell’autonomia, per non vanificare gli sforzi riformatori: in virtù del principio personalista, è compito della Repubblica, anche delle Regioni e dei Comuni, promuovere lo sviluppo della persona umana e, in tal caso, garantire il suo diritto alla tutela della salute. In primis, attraverso la cura delle ferite nascoste della pandemia, causate  dall’isolamento, dalla disoccupazione, dall’aumento dei beni di prima necessità.

Secondo un rapporto Ocse, si calcola che i costi economici dei disturbi mentali siano stimati ogni anno tra il 3,6% e il 4,1% del prodotto interno lordo di ciascuna nazione. Da questo punto di vista, non è più procrastinabile la definizione degli standard assistenziali per l’area della Salute Mentale, Dipendenze Patologiche, neuropsichiatria infantile.

Soltanto così la riforma dell’assistenza territoriale può avere l’ambizione di rappresentare il dispiegamento della presenza dello Stato sociale.

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