Tra transizione ecologica e digitale.
Cnpr forum, rilanciare la competitività delle imprese.
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“Noi siamo campioni in termini di produttività. Le nostre aziende sono solide e animate da passione. La stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano è costituita da piccole e medie imprese, e dobbiamo sostenerle nel fare il salto di qualità tecnologico. È evidente che queste realtà hanno capacità di accantonamento diverse rispetto alle grandi imprese, il che spesso le limita nella transizione tecnologica. È qui che devono intervenire le politiche nazionali e regionali, agevolando la transizione tecnologica 5.0, essenziale per incrementare la ricchezza media del Paese.
Lo ha dichiarato Sergio Costa (M5s), vicepresidente della Camera dei deputati, nel corso del convegno “Industria 2030: sfide e opportunità di un settore strategico per la competitività” promosso dalla cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“Un altro tema cruciale è il cambiamento climatico, le cui parole chiave sono mitigazione e adattamento alle nuove condizioni. La transizione ecologica – ha aggiunto Costa – diventa imprescindibile perché incide direttamente sull’attività produttiva. Il cambiamento climatico riduce la produttività e crea problemi economici, portando a una diminuzione della ricchezza. Come affrontare questa sfida? Semplicemente schierandoci a fianco dei produttori, definendo una politica di medio-lungo termine capace di superare queste criticità, senza che venga modificata a ogni cambio di governo”.
Puntare sul capitale umano è la priorità per Ylenja Lucaselli, parlamentare di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio alla Camera: “La priorità è puntare sul ‘capitale umano’. Il problema della produzione è strettamente legato alla valorizzazione delle migliori risorse umane all’interno delle industrie, ed è su questo che dobbiamo concentrarci. Certamente esiste un tema legato all’innovazione tecnologica che, in Italia, procede più lentamente rispetto ad altre nazioni, specialmente tra alcune fasce imprenditoriali, come le piccole e medie imprese. Al contrario – ha rimarcato Lucaselli -, i grandi gruppi italiani sono molto all’avanguardia.
La capacità produttiva italiana non è in crisi di idee, ma soffre della mancanza di manodopera qualificata e della necessità di formare i nostri lavoratori per colmare il divario tra domanda e offerta. La coniugazione di questi due obiettivi fondamentali, che non riguardano solo l’Italia ma anche l’Europa e il mondo, si può raggiungere con gradualità. Dobbiamo accompagnare le nostre imprese in questo processo di cambiamento senza pretendere che avvenga in modo repentino, formando il personale affinché la transizione possa diventare effettiva all’interno delle aziende. Il Governo ha già adottato una serie di misure a favore dei lavoratori”.
Sull’equilibrio tra produzione e qualità della vita insiste Francesco Emilio Borrelli, deputato di Alleanza Verdi Sinistra in Commissione Finanze a Montecitorio: “Le nostre imprese ce la mettono tutte tutta. Il problema è legato a due fattori: il primo è che è sempre più difficile in un sistema planetario essere competitivi. Il secondo è che purtroppo le macchine burocratiche ci affossano. La verità è che la povertà sta aumentando così come il precariato e lo sfruttamento che aumentano il degrado sociale. La nostra ricetta per la competitività è raggiungere l’obiettivo di una società in cui il datore di lavoro possa avere piena soddisfazione così come i lavoratori. Attraverso un equilibrio tra qualità della vita e qualità dell’ambiente. Noi continuiamo a ballare sul Titanic come se nulla fosse. Abbiamo tanti negazionisti, esperti laureati su Google che non comprendono la gravità dell’impatto dei cambiamenti climatici sui livelli produttivi. Allora da questo punto di vista dobbiamo dirci che se noi continuiamo ad andare nella direzione che abbiamo preso, cioè fregandocene buona parte dell’ambiente, avremo due danni: uno relativo all’ambiente in cui viviamo e l’altro relativo al progressivo impoverimento di famiglie e imprese”.
Per Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia in Commissione Politiche UE: “E’ necessario aumentare la capacità produttiva, ridurre il costo del lavoro e promuovere l’internazionalizzazione. In questo contesto, l’utilizzo della leva fiscale potrebbe rappresentare una soluzione efficace per rilanciare la competitività del nostro sistema di produzione. I nostri dati sono tiepidi. Tuttavia, analizzandoli più a fondo, emerge che questo rallentamento è strettamente legato alla crisi delle economie dell’Europa centrale, in particolare di Francia e Germania, con il settore manifatturiero tedesco, il più forte d’Europa, in grave difficoltà. Questa crisi ha ripercussioni su tutto l’indotto europeo. Nonostante queste difficoltà, ogni crisi può rappresentare un’opportunità. È il momento di intervenire per riorganizzare le nostre imprese, puntando sull’innovazione digitale. Questo potrebbe comportare una rielaborazione del nostro sistema economico al fine di migliorare la produttività. Le Pmi italiane devono essere messe in grado di affrontare le sfide globali. Potrebbero dover considerare fusioni o accorpamenti per rafforzarsi e aumentare la loro competitività, ma è essenziale che lo Stato le supporti adeguatamente”.
Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato illustrato da Pasqua Borracci, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bari: “Il tema della competitività delle nostre imprese è di straordinaria importanza, soprattutto in questa fase storica dove l’obiettivo principale deve essere recuperare punti preziosi di pil. Ci sono dei treni che non possiamo consentirci di perdere, come quello della transizione tecnologica ed energetica che può rappresentare la svolta per l’Italia. A patto che tutti vengano messi nelle condizioni ottimali di poterle intercettare. Va fatta un’opera capillare di informazione e formazione, soprattutto nelle pmi, per dare a tutti un’opportunità. In questo i professionisti ricoprono un ruolo strategico e possono rappresentare un punto di equilibrio fondamentale tra aziende e legislatore”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni consigliere dell’Istituto nazionale Esperti contabili: “Sono convinto che puntare sul contenuto del capitale umano può essere vantaggioso nell’ambito dei fattori produttivi, troppo spesso trascurato nella determinazione degli elementi che formano l’economia e renderla così più competitiva. Ma bisogna fare attenzione, competitività non è solo riduzione dei costi. Un fattore di competitività fondamentale è la semplicità nelle procedure. In Italia non si fanno investimenti, o se ne fanno pochi, perché è complicato farli non perché il costo del lavoro è alto. Voglio puntualizzare che il costo del lavoro in Italia non è più alto rispetto ai paesi europei ma quello che rimane netto nelle tasche del lavoratore italiano è molto meno rispetto al lavoratore tedesco. Il punto focale è il cuneo vale a dire il costo del lavoro e il netto percepito dal lavoratore.
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