Riforma Nordio, sì del Coa di Larino «Realizza il giusto processo»
Il presidente dell’Ordine di Larino, Urbano: bene separare le carriere, poi vigileremo per evitare che il pm sia sottoposto al potere politico.
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Per Michele Urbano, presidente dell’Ordine degli avvocati di Larino, non ci sono dubbi: la riforma della giustizia approvata in via definitiva due settimane fa è «il compimento di un percorso che è iniziato con la Costituzione ed è proseguito a partire dal 1989 con l’approvazione del codice il codice Vassalli». Il codice di procedura penale che ha segnato il passaggio dal processo inquisitorio a quello accusatorio.
Lei è d’accordo? L’avvocatura è d’accordo?
«L’avvocatura, sia istituzionale sia associativa, si è espressa e in generale è favorevole alla separazione delle carriere e all’altro elemento che sta creando tante polemiche e molto dibattito, il sorteggio dei componenti del Consiglio superiore della magistratura. Certo è che il tema andrebbe affrontato nel merito per far capire ai cittadini italiani, che poi dovranno recarsi alle urne per votare al referendum, il vero oggetto della riforma. Invece purtroppo spesso si fa un discorso legato alle appartenenze politiche. Si è favorevoli alla riforma della giustizia perché magari si simpatizza per la parte politica che l’ha proposta e si è contro perché si è antagonisti, avversari, di chi l’ha proposta. Ora che i passaggi parlamentari sono terminati e le firme per il referendum sono state raccolte, sarebbe auspicabile che la politica tutta facesse un passo indietro e si affidasse ai comitati per il “sì” e per il “no” in modo che si possa spiegare qual è il vero oggetto della riforma».
Separare le carriere di pm e magistrato giudicante, cioè.
«Guardi, gli avvocati sono favorevoli perché separare la carriera dei pubblici ministeri da quella dei magistrati giudicanti garantisce un equo processo e quindi garantisce ai cittadini è il compimento dell’articolo 111, ma è ancora prima il compimento del processo accusatorio. Il processo
accusatorio si compone di tre parti fondamentali: un pubblico ministero che deve essere libero, indipendente e preparato, l’avvocato che rappresenta la difesa che deve essere altrettanto libero e altrettanto preparato e poi un giudice veramente terzo rispetto alle parti. Oggi, nonostante la legge Cartabia abbia in qualche modo sancito ancora di più la separazione delle funzioni, pm e giudice rimangono in uno stesso ordine. Se anche il passaggio dall’una funzione all’altra avviene in maniera marginale rispetto al numero complessivo dei magistrati, comunque avviene e poi negli organi che decidono le progressioni di carriera ci sono pubblici ministeri che decidono per i giudici e i giudici che decidono per i pubblici ministeri».
Non si intacca un dogma a separare le carriere, insomma.
«Separare le carriere non rappresenta una riforma eversiva, anzi è il compimento di un percorso. Poi io aggiungo anche che l’avvocatura deve alzare il livello di guardia, nel senso di vigilare sulle leggi che seguiranno, leggi costituzionali e ordinarie. Alzare il livello per far sì che non si possa realizzare quello che oggi qualcuno paventa, cioè un pubblico ministero sottoposto al potere politico o un pubblico ministero che non fa il lavoro per il quale viene chiamato, una per tutte la possibilità di poter raccogliere anche prove a favore dell’indagato o dell’imputato. L’avvocatura deve stare attenta a questo. Quindi sì alla riforma ma subito dopo alzare il livello dell’attenzione».
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