Calabria maglia nera della giustizia negata.
Sette anni in primo grado per una causa di lavoro, la media nazionale è di due
Anno 2013, il Presidente del Consiglio Mario Monti cede il testimone ad Enrico Letta. Sembra passato un secolo, invece sono trascorsi solo sette anni. Che tuttavia sono davvero un secolo, quando in gioco ci sono i diritti dei cittadini. In quel 2013 un ipotetico signor Rossi, che sia licenziato a torto o ragione non rileva ai fini del ragionamento, cita in giudizio il suo datore di lavoro a Vibo Valentia. Ebbene, quel signor Rossi solo oggi, dopo sette, lunghissimi anni, forse potrà ottenere una risposta dal suo giudice naturale. “A tanto infatti ammonta la durata media di un processo di lavoro nel circondario di Vibo Valentia, capoluogo di provincia di quella regione, la Calabria, dove nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio Conte ha annunciato l’intenzione di varare un piano per il sud”. Così l’avvocato Giovanni Malinconico, coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense, l’organo di rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana. “Continuando il nostro viaggio nella Giustizia italiana e raccogliendo dati dalla Calabria, troviamo l’accorato appello del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vibo, Domenico Sorace, che ha scritto al Ministro della Giustizia Bonafede – prosegue Malinconico – un appello purtroppo inascoltato. Emblematico è, nel circondario di Vibo Valentia, il processo del lavoro, rito per legge accelerato, cruciale in un territorio avvinto da tassi di disoccupazione, migrazione e sommerso fuori parametro – scrive Sorace – Ebbene, la durata dei processi di primo grado, nel territorio di Vibo Valentia, è mediamente di oltre sette anni, con ipotesi di rinvio delle udienze a due anni!”. Va solo leggermente meglio in altri distretti. A Lametia Terme la durata media di un processo del lavoro in primo grado è di circa 4 anni, a Catanzaro la carenza o l’avvicendamento dei magistrati fa sì che le cause vengano rinviate a data da destinarsi e che i ruoli vengano coperti da magistrati onorari. “La durata abnorme dei procedimenti – conclude Malinconico – costituisce un esempio da manuale di denegata giustizia. Si negano i diritti dei lavoratori, che aspettano anni per ottenere ragione, si negano i diritti dei datori di lavoro, che in caso soccombano si vedono condannati a pagare cifre abnormi che fanno saltare per aria bilanci e attività conducendole al fallimento. Al Procuratore Gratteri che di recente invitava la società civile a rioccupare gli spazi liberati dalla criminalità grazie all’operato della magistratura, rispondiamo che la realtà purtroppo è anche questa e che il tessuto economico sociale si ricuce solamente con risposte certe e veloci da parte delle istituzioni. Risposte che finora sono mancate”.
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