Carcere, il faro dell’avvocatura sui dimenticati
Ieri l'evento del Cnel, organizzato dall'Ocf con il vicepresidente della Fai, Vittorio Minervini, e Leonardo Arnau, presidente dell'Oiad.
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In piena estate, con temperature record, le carceri italiane si trasformano in trappole di calore. Celle roventi, sovraffollamento, strutture fatiscenti e personale insufficiente rendono le condizioni di detenzione non solo disumane ma pericolose per la salute e la vita dei detenuti e degli operatori. È da questo scenario estremo che l’Organismo Congressuale Forense ( Ocf) ha scelto di partire per rilanciare con urgenza una riforma profonda del sistema penitenziario, durante l’evento “Le persone dimenticate”, ospitato ieri al Cnel.
I numeri parlano da soli: 62.722 detenuti in spazi pensati per 46.706, con un tasso di sovraffollamento del 134,3%. A ciò si aggiungono 34 suicidi tra i detenuti e due tra gli agenti penitenziari dall’inizio dell’anno, segno di un malessere diffuso che il caldo estremo sta solo esasperando.
«In troppe carceri italiane si muore di caldo, di abbandono e di silenzio. La pena detentiva, per Costituzione, deve tendere alla rieducazione. Ma come può esserci riscatto laddove si nega la dignità umana più elementare, come l’accesso a un ambiente vivibile? Questo non è più solo un tema di giustizia penale, ma una questione morale e civile», ha dichiarato il Coordinatore dell’Ocf Mario Scialla.
L’incontro è stato aperto dal Presidente del Cnel Renato Brunetta, secondo il quale «il tema carcerario non può più essere affidato solo alla buona volontà dei singoli». Per Brunetta «stiamo parlando di un universo di oltre 250mila persone coinvolte, tra detenuti, soggetti in esecuzione esterna e in attesa di esecuzione della pena» e «per dare risposte strutturali, non bastano le buone pratiche isolate: servono interventi sistemici, replicabili in tutti i 189 istituti penitenziari italiani». Da qui un accordo con Cassa Depositi e Prestiti, coinvolgendo le sue partecipate, «per promuovere numerosi progetti di investimento in carcere: spazi, formazione, capitale umano, logistica, tecnologie, contrattualistica». Parallelamente, ha aggiunto il presidente del Cnel, «stiamo lavorando per includere i detenuti nella piattaforma SIISL del ministero del Lavoro, nata per il matching tra domanda e offerta per i soggetti più fragili».
Subito dopo hanno preso la parola Elisabetta Brusa, referente Commissione detenzione dell’Ocf, e il vicepresidente della Fondazione dell’Avvocatura italiana ( Fai), Vittorio Minervini, che ha ricordato l’impegno quotidiano del nostro giornale sul tema carceri e la recente iniziativa dell’ 8 marzo a Perugia sulla condizione femminile nei nostri penitenziari. «A Perugia abbiamo anche chiesto che si cancelli dal sistema legislativo il termine edilizia carceraria per parlare piuttosto di architettura penitenziaria – ha spiegato Minervini – L’edilizia è quella che ti consente di costruire container, l’architettura è il luogo dove arte e scienza costruiscono i luoghi dove vive l’uomo».
La giornata ha visto la partecipazione di giuristi, accademici, operatori del settore e testimoni diretti come Beniamino Zuncheddu, che ha raccontato i suoi trent’anni di ingiusta detenzione, e Andrea Noia, esempio concreto di reinserimento sociale attraverso il lavoro.
Nello stesso panel di Zuncheddu ha parlato anche Leonardo Arnau, responsabile della commissione Diritti umani del Cnf e fresco di nomina a presidente dell’Oiad. «L’essenza del nostro ruolo sta nella funzione sociale e se l’avvocatura ha una senso sta esattamente nella difesa delle persone che difesa non hanno – ha detto Arnau – Il tema è molto complesso perché ci misuriamo con un’opinione pubblica che non vuole ascoltare e la politica va a ruota».
Per il neopresidente dell’Oiad «le carceri vivono un’emergenza endemica, irrisolta, alla quale tutti noi tendiamo ad assuefarci» e «l’analisi delle condizioni di vita nelle carceri italiane è la cartina di tornasole di un sistema penale che non rispetta il principio di uguaglianza e del senso di rieducazione della pena».
Durante l’incontro l’Ocf ha ribadito l’urgenza di una riforma su tre direttrici principali: investimenti strutturali, cioè non solo nuove carceri, ma riqualificazione dell’esistente, con spazi adeguati per attività formative, lavorative e trattamentali.
Fondamentale anche garantire il diritto all’affettività, come stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 10/ 2024; potenziamento delle misure alternative, cioè comunità terapeutiche, case famiglia, centri di servizio sociale, per favorire percorsi di pena che permettano il reinserimento nel tessuto sociale, in una logica non emergenziale ma di sistema; riforma del processo esecutivo, cioè snellimento del procedimento di sorveglianza e rafforzamento del ruolo della difesa anche nella fase esecutiva, attraverso la formazione specialistica degli avvocati e il dialogo interdisciplinare con magistrati, educatori, psicologi e terzo settore. Inoltre, è stata rilanciata la necessità di valutare la proposta di legge sulla liberazione anticipata come strumento immediato per alleggerire la pressione interna, nell’attesa di riforme strutturali.
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