Ho fatto un sogno. La sinistra in piazza per i poveri
Vero è che lo sato di salute di una democrazia si valuta anche dai diritti civili. Quindi giusto sfilare, pure a Budapest, per la comunità Lgbt+. Ma perché non si sfila più per stipendi, affitti e precarietà? La risposta la dà chi vota a destra.Vero è che lo sato di salute di una democrazia si valuta anche dai diritti civili. Quindi giusto sfilare, pure a Budapest, per la comunità Lgbt+. Ma perché non si sfila più per stipendi, affitti e precarietà? La risposta la dà chi vota a destra.
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Non c’è dubbio che i diritti personali siano un’ottima cartina di tornasole per verificare lo stato di salute di una democrazia: lo spazio e la protezione delle minoranze etniche, sessuali, linguistiche; la libertà delle donne e il divorzio; il controllo delle nascite e perfino quello della morte sono indici di qualità politica e civile di un Paese ed è quindi giusto difenderli e celebrarli, come è stato fatto al Pride di Budapest. Ma è lecito domandarsi se una cultura politica che si vuole progressista debba riconoscersi più vistosamente nella festa delle differenze sessuali che nella denuncia, poniamo, di quelle fiscali e celebri più l’orgoglio gay di quanto si ribelli alla vergogna di un multimiliardario ben lontano dal pagare al fisco quel 43 per cento del reddito che in Italia cede allo Stato chi ne ha uno neanche pari allo 0,0001% del suo. Possibile che i leader della sinistra europea convergano come un suol uomo a Budapest a fiancheggiare i fieri omosessuali del continente e non risulti nessun incontro di pari rilevanza e determinazione in cui sfilare accanto (per citare solo alcuni vistosi malesseri sociali contemporanei) ai mesti dipendenti afflitti da stipendi al limite della povertà, a inquilini oberati da affitti che si mangiano due terzi della paga, a giovani minacciati dalla precarietà perenne?
Che cosa è successo, se la sinistra si mobilita per i gay o per la pace nel mondo e non si fa vedere né sentire per le ingiustizie comuni e quotidiane, locali e sociali? Ci si è posti tante volte questa domanda. La destra ha risposto affibbiando all’avversario l’etichetta beffarda di radical chic, rinfacciandogli dimestichezza più con i salotti che con le fabbriche. Ma nessuna lezione può venire da una parte politica che si scandalizza per la difesa dei diritti individuali che essa, per prima, minaccia o sbeffeggia o addirittura nega e approfitta della diffusa insofferenza per alcuni eccessi nella loro rivendicazione per non dare una risposta alla carenza di quelli sociali. E tuttavia bisognerebbe interrogarsi, se non si vede da anni né sembra in vista nessuna mobilitazione dei progressisti italiani ed europei a tutela dei lavoratori sottopagati e precari e si rimprovera alla Meloni più di non essere andata a sfilare alla parata dell’orgoglio gay che di non aver fatto nulla per le famiglie in difficoltà.
È vero, come scrive Concita De Gregorio su Repubblica, che diritti civili e diritti sociali non sono alternativi. Ma nell’agenda delle sinistre occidentali lo stanno diventando e l’attenzione a quelli della persona non integra, ma sostituisce la cura di quelli della società e i primi pesano più dei secondi. Che la sinistra sia tutto sommato soddisfatta della condizione sociale attuale e creda di dover cambiare e migliorare solo quella individuale? Eppure, la premessa per diventare consapevoli e militanti dei diritti personali sta (anche) nel possesso di tutele collettive diffuse e affidabili, che consentono al singolo di avere spazio per pensieri e desideri che, in presenza di gravi carenze socioeconomiche, non ha neppure il tempo di coltivare. Una società impoverita non si mobilita per i diritti civili e può giungere persino a essere insofferente della loro rivendicazione. E tuttavia la sinistra riempie le piazze per l’orgoglio gay e le lascia vuote contro la mortificazione del cittadino medio. Perché? Perché?
Non ho una risposta a queste domande. Ma una l’hanno già data i cittadini, i lavoratori, i pensionati americani votando sciaguratamente Trump. Siccome il partito democratico non ne aveva data nessuna a quelle che li assillavano ovvero si era mostrato più premuroso dei diritti delle minoranze e della pace universale che dei diritti dei lavoratori e della pace in casa, hanno ceduto alla sirena del volgare risentimento trumpiano. E oggi i democratici non riescono a trovare parole per tornare a difenderli e riportarli dalla loro parte e assistono attoniti alla propria disfatta nella società prima ancora che nelle istituzioni.
di Vittorio Coletti su HuffPost
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