L’AGORÀ A SENSO UNICO.
Nessuno si è esposto con una qualsivoglia notazione critica.
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Sappiamo che il Cnf, nello sforzo di prevenire ulteriori critiche rispetto a quelle che fino ad oggi gli sono state mosse, ha addirittura predisposto delle slides che illustravano quello che si pretende essere stato il lavoro dei gruppi costituiti per il famigerato “tavolo“, dando atto finalmente e solo in quella occasione di chi ha coordinato i gruppi di lavoro e del fatto che la conduzione di tali gruppi di lavoro che si sarebbero riuniti una infinità di volte, all’insaputa di tutti, sarebbe stata effettuata da un componente del Cnf unitamente ad un componente di Ocf. Ci chiediamo allora che senso abbia avuto la protesta dei componenti di Ocf, e come mai finora nulla si sappia di ufficiale di quella Assemblea da remoto dei giorni scorsi e di cosa li’ si è deliberato!
Si sono quindi sforzati, il principe e i suoi, di fornire anche il numero delle riunioni di ciascun gruppo e di rivendicare nel loro bollettino l’appartenenza a tutta l’avvocatura del testo riformatore, che sarebbe appunto il frutto di tutte queste innumerevoli riunioni.
Ciò senza contare, ovviamente, che per riferire un testo alla volontà dell’avvocatura italiana non è sufficiente affermarlo, quando proprio questa avvocatura italiana è stata tenuta completamente all’oscuro di ciò che si andava partorendo e di fatto non ha mai partecipato al percorso, sul quale mai nessuno ha dato informazioni.
Si sono levate poche voci critiche, in particolare l’unione dell’Emilia-Romagna che per bocca del suo presidente ha fortemente censurato le norme che sono intervenute a modifica della durata e del numero dei mandati possibili per Coa e il Cnf (nonché per Ocf), e il presidente del Coa di Roma, che purtroppo ha limitato per quanto noto le sue doglianze al rivendicare la necessità di una maggiore rispondenza tra il numero degli iscritti di un distretto o di un foro e il numero di rappresentanti che lo stesso distretto o foro può eleggere al Cnf. Anche il rappresentante dei fori del Lazio ha criticato la norma afferente durata e numero dei mandati.
Purtroppo, anche questa ultima critica, ancorché condivisa, nella sostanziale pedissequa approvazione di tutto il resto, manifesta – insieme alla posizione di Roma – una attenzione unicamente a posti e poltrone e verosimilmente rappresenta l’esternazione di una opposizione che finora è stata tenuta sottotraccia. Una piccola crepa nell’apparente monolite Cnf.
I rimanenti interventi hanno chiaramente evidenziato o un evidente contrasto di interessi, poiché colui che interveniva aveva certamente un interesse proprio in gioco quanto al numero dei mandati possibili, o una accettazione frutto di mancata approfondita analisi, ovvero di desiderio di compiacere il principe e i suoi.
Nessuno si è preoccupato di verificare se il testo riformatore abbia o meno rispettato il mandato conferito dalla sessione ulteriore del congresso svoltasi a Roma nel dicembre 2023, e quindi se le parti che ci si propone di modificare siano o meno quelle sulle quali il congresso aveva chiesto di intervenire, ovvero di non intervenire.
Nei prossimi giorni pubblicheremo di nuovo un lungo intervento nel quale a suo tempo avevamo fatto lo sforzo, che chi doveva non ha fatto, di analizzare i risultati del congresso, e quindi le mozioni approvate e non approvate e i loro contenuti, così da consentire a chiunque di verificare di persona se il testo proposto di riforma sia rispettoso o meno della volontà della massima assise dell’avvocatura italiana.
Possiamo fin da ora anticipare che il testo che ora ci si propone di presentare a tutte le forze politiche quale testo asseritamente frutto di approfondito confronto fra tutte le componenti dell’avvocatura, non è affatto rispettoso della volontà congressuale. A tacer d’altro nessuna mozione congressuale approvata prevedeva un intervento sulla durata e sul numero dei mandati di Coa e Cnf, mentre invece varie mozioni proponevano interventi sulla parte della legge ordinamentale che concerne la disciplina del consiglio nazionale forense.
Già queste prime notazioni rendono evidente come il lavoro che oggi viene speso con la politica e presentato all’esterno, non è affatto rispettoso della volontà congressuale. Non è quindi riferibile all’avvocatura italiana, la quale peraltro neppure oggi è stata informata dai propri consigli dell’ordine di quello che si è fatto e di cosa si è deciso. La maggior parte degli avvocati italiani non conosce il testo riformatore perché nessuno si è premurato di trasmetterglielo, né il Coa, né i rappresentanti distrettuali nel Cnf, né i rappresentanti distrettuali nell’Ocf, né i delegati congressuali ancora in carica.
Ma tutto va bene, cari amici, l’importante è non smuovere le acque, non urtare i potenti di turno, non far comprendere che ci sono forti dissidi interni, non prendere posizioni decise perché potrebbero avere un costo con riferimento ad eventuali personali ambizioni.
Non sporgersi quindi, per nessun motivo, sembra questa oggi la parola d’ordine che si è affermata tra tutti coloro che, incidentalmente, avrebbero il compito di rappresentare quell’avvocatura che dal testo di riforma, tanto abilmente propagandato ricaverebbe unicamente ulteriori problemi e nessun vantaggio.
Forse prima o poi qualcuno lo comprenderà, o coloro che lo hanno già ben capito riusciranno a trovare il coraggio e l’onestà di esporsi auspicabilmente non per difendere se stessi e i propri obiettivi, ma nell’interesse dell’avvocatura, e quindi di denunciare una situazione ogni giorno, francamente, più intollerabile.
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